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Rifiuti, la strategia e gli investimenti necessari a Roma. E non solo

rifiuti

Il settore della gestione dei rifiuti sta vivendo nel nostro Paese una fase di transizione, che vede, da un lato, lo sviluppo di grandi utility e, dall’altro, il permanere di criticità ambientali e di governance. Realtà industriali e casi di eccellenza si accompagnano a situazioni inefficienti e territori ancora arretrati rispetto ai target ambientali.

In questo contesto, la cronaca riporta nuovamente l’emergenza rifiuti di Roma. Certo non una novità, visto che periodicamente il tema si ripropone con maggiore o minore drammaticità. Perché?

Di volta in volta si offrono spiegazioni contingenti: l’aumento delle produzione di rifiuti per le feste, il fermo imprevisto di un impianto, la chiusura di una discarica…

In realtà i problemi sono strutturali e arrivano da lontano. È mancata, e tuttora manca, una strategia di waste management organica e di lungo periodo. Il problema, come evidenziato anche dall’ultimo Waste Strategy Report di Althesys, contraddistingue peraltro buona parte del centro sud Italia.

A Roma di producono circa 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti urbani all’anno (dato 2016); di questi circa 700.000 sono raccolti in modo differenziato per poter essere avviati a riciclo. Rimangono quasi un milione di tonnellate di rifiuti indifferenziati che sono avviati a trattamento meccanico biologico (Tmb) per poter essere successivamente inviati in discarica o a termovalorizzatori.

L’azienda romana Ama ha capacità autorizzata per trattare circa il 48% della produzione di rifiuti indifferenziati di Roma, ma i volumi effettivamente trattati nel 2016 sono solo il 33%. La città dipende quindi fortemente da impianti di terzi, in particolare da quello di Malagrotta (43,4% del totale). Guasti, fermi ed altri blocchi possono causare una paralisi a cascata anche della raccolta.

Ma il sistema è inadeguato non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche tecnologico. Il Tmb resta un trattamento intermedio (e un aggravio di costi) che non chiude il ciclo dei rifiuti, che devono comunque essere poi smaltiti in discarica o inceneriti. Per risolvere in maniera strutturale il problema senza ricorrere alle discariche, oltre ad aumentare quantità e qualità della raccolta differenziata, è necessario costruire un termovalorizzatore per il rifiuto tal quale.

Ma Ama non è neppure in grado di gestire parte della raccolta differenziata. Delle 700.000 tonnellate circa 250.000 sono organico, mentre l’unico impianto di compostaggio di Ama (Maccarese a Fiumicino) è autorizzato a trattarne 30.000 ton/anno e nel 2016 ne ha gestito solo 14.000. Il resto deve essere trasferito ad altri siti di terzi fuori regione.

In sintesi, la dotazione impiantistica di Ama è insufficiente a gestire la produzione attuale di rifiuti di Roma e l’aumento sic et simpliciter della raccolta differenziata non risolve il problema in assenza di investimenti in nuova capacità. Servono impianti sia per l’organico (compostaggio e digestione anaerobica con produzione di biogas-biometano), sia per l’indifferenziato (termovalorizzatore).

In conclusione, finora a Roma è mancata una gestione industriale. Nel 2016, ad esempio, Ama ha investito 1,7% sul valore della produzione (la metà del 2015) contro il 4,7% medio delle maggiori 100 aziende del waste management rilevato dal Was.

È quindi necessario disegnare e attuare una strategia per i rifiuti di lungo periodo, anche nel quadro della definizione di una strategia nazionale al 2030 proposta nell’ultimo Was. Bisogna effettuare una concreta analisi dell’adeguatezza del sistema impiantistico, prevedendo consistenti investimenti infrastrutturali e implementando sistemi di raccolta differenziata avanzati ed efficienti.

 



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