In tempo di business sempre più focalizzato sul mezzo ”mobile”, anche molti servizi di comunicazione si spostano lì. Per questo si aprono nuove opportunità ma anche forti competizioni fra operatori tradizionali e soggetti che cercano di fare innovazione. È il caso, per esempio, dei servizi sms per le grandi aziende, tra cui i servizi di messaggistica ‘bulk’ utilizzati sempre più per comunicare con i propri clienti con obiettivi di marketing e servizio. Si parla anche dei cosiddetti sms alert su carte di pagamento e conti correnti gestiti da aziende specializzate per conto delle più importanti banche italiane (Intesa Sanpaolo, Fineco, Compass e altre).
Tra queste aziende specializzate, c’è Ubiquity, piccola società di comunicazione elettronica. Il business ideato dal Ceo Dario Calogero è un esempio concreto di questa nuova pratica. La società offre pacchetti di sms a una clientela aziendale (soprattutto banche). Questi pacchetti sono utilizzati dalle stesse aziende per comunicare ai clienti dati e informazioni, quali ad esempio la conferma di una transazione. Per svolgere questo servizio è però necessario passare per gli operatori di telefonia, che assegnano e gestiscono i numeri telefonici di tutti gli abbonati.
Nodo della questione è il servizio di terminazione (la consegna del messaggio al singolo utente), che per forza di cose avvenire tramite un operatore (Telecom, Vodafone e altre). Il problema è nato quando l’operatore ha alzato troppo il prezzo del servizio di consegna di ciascun sms, con la conseguenza che i grossisti come Ubiquity rischiano di andare in perdita (mentre l’operatore di telefonia può offrire direttamente ai clienti aziendali gli stessi pacchetti di sms ad un prezzo più conveniente). Sorge dunque spontanea la domanda: fino a che punto le compagnie telefoniche sono e devono essere piattaforme aperte e fino a che punto possono trarre vantaggio dalla loro posizione?
In attesa della politica, l’argomento è affrontato per via giudiziaria. Qui, a sorpresa, a vincere è stato un new comer (Ubiquity) mentre a soccombere è stato l’incombent (operatori). Nel 2016 Ubiquity ha puntato il dito contro Vodafone e Telecom giudicando abusive le loro condotte nel mercato dei messaggini informativi aziendali. Adesso le due compagnie di telecomunicazioni, secondo l’Autorità antitrust italiana, non potranno più continuare a “rendere il margine potenziale per i concorrenti nel mercato al dettaglio insufficiente a coprire i costi specifici per fornire i servizi ai clienti finali”. Pratica bloccata e maxi sanzione da quasi 10 milioni di euro: 5,8 milioni a Vodafone Italia e 3,7 milioni a Telecom.
Soddisfazione per Ubiquity, assistita dal prof. avv. Alberto Gambino, lo stesso giurista che di recente è volato a Bruxelles a spiegare ai parlamentari europei gli scenari antitrust della mobile revolution. Ma il vero risultato è il piccolo passo fatto in ambito italiano (ed Europeo) nel tentativo di affrontare i problemi di un settore in piena evoluzione. Al di là della singola disputa, comunque, è interessante vedere come il concetto di antitrust cambi e si adegui al mercato. A differenza della politica.