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Le ragioni dell’impegno italiano in Niger raccontate da Andrea Manciulli

Nel 2017 è stato registrato un grande successo della coalizione globale anti-Daesh, nella quale l’Italia si è distinta in qualità di secondo contingente. Consapevole che le battaglie vinte sul terreno non segnano la sconfitta definitiva né di Daesh né del terrorismo, il nostro governo continua nelle attività di contrasto di questo fenomeno e di quelli che ad esso si intrecciano, agendo attraverso un lavoro sinergico tra ministero dell’Interno e ministero della Difesa, sia sul piano nazionale sia dell’impegno nelle missioni internazionali, annunciando una prossima missione nella Repubblica del Niger.

L’interesse italiano per l’Africa deriva da ragioni prima di tutto di prossimità geografica e si è col tempo accresciuto nella consapevolezza che le principali sfide attuali e future tendano a cristallizzarsi lungo la parte settentrionale e centrale del continente. In un quadro regionale estremamente complesso, gli accordi bilaterali e i consessi internazionali nei quali il governo Gentiloni ha consolidato le relazioni con i Paesi nordafricani e del Sahel evidenziano la presa di coscienza italiana che il nesso tra sviluppo e sicurezza sia imprescindibile nelle attività di contrasto dei traffici illeciti e dei flussi migratori irregolari che transitano dal Sahel, e dal Niger in particolare, per raggiungere la Libia e quindi le nostre coste.

Il fenomeno migratorio da e attraverso il Niger presenta caratteri secolari e necessita di essere inquadrato in un’ottica intrecciata di posizione geografica, condizioni climatiche, avvenimenti storici, tradizioni culturali, questioni economiche e di sicurezza. Teoricamente i protocolli regionali regolano il libero movimento dei cittadini, come nel caso dei Paesi ECOWAS, ma le difficoltà economiche e di procurarsi documenti validi possono rendere i bisognosi di transito vittime di chi sfrutta illegalmente le falle nei sistemi di controllo. Storicamente, quindi, il territorio nigerino ha costituito anche il cuore strategico del corridoio transahariano dei migranti irregolari, che dopo la caduta del regime di Gheddafi nel 2011, ha accresciuto la sua importanza economica e politica, con profitti che superano quelli del narcotraffico e del contrabbando di armi.

L’aggravarsi della realtà libica e la mancanza di efficaci controlli territoriali da parte delle entità statali hanno agevolato negli ultimi anni la diffusione e l’insediamento nel Sahel, nello specifico nel Nord del Mali e in Niger, di gruppi terroristi e reti dei contrabbandieri transfrontalieri di stupefacenti, petrolio, risorse naturali, armi ed esseri umani. Tramite il Fezzan, il confine più poroso si è confermato quello nigerino lungo i passi di Fort Madama e il Passe de Salvador, dove in una rete di conflitti locali, tensioni etniche e tribali si inseriscono contrabbandieri, potenze regionali, mercenari e gruppi jihadisti transnazionali. Non va esclusa, perciò, la possibilità che la crescente influenza dei miliziani islamisti nell’area fornisca terreno fertile per fare del Niger anche il Paese di raccordo principalmente dei superstiti affiliati a Daesh nel continente, alimentando i disordini nella zona, lo sfruttamento illegale del fenomeno migratorio e delle sue risorse, utili a finanziare i piani di destabilizzazione.

Appare chiaro, pertanto, che stabilizzare la regione cronicamente instabile al cuore dell’Africa è estremamente impellente per evitare di disperdere ancora nel mercato nero e nell’insicurezza le grandi potenzialità del continente, ed evitare di alimentare indirettamente minacce e insicurezze anche all’Europa e all’Italia.

La decisione di condurre funzioni di sicurezza nel Paese arriva dopo anni di confronto con questa realtà, segue l’apertura a Niamey della prima ambasciata italiana nel Sahel, la messa in pratica di numerosi tentativi di intervenire strutturalmente a favore della sua stabilità e una richiesta ufficiale da parte del governo nigerino.

L’importante missione, attualmente in fase di ricognizione e che, una volta approvata dal Parlamento, condurrà a supporto della Repubblica del Niger e nell’area geografica che interessa anche Mauritania, Nigeria e Benin, fino a 470 militari entro la fine dell’anno, si configurerà come intervento di natura umanitaria e, attraverso azioni di addestramento, incremento della capacità operativa delle Forze Armate e di Polizia nigerine di controllo del territorio, contrasto a terrorismo e traffico di migranti, si concretizzerà nella tutela diretta di un interesse italiano di sicurezza. Le attività saranno condotte nell’ambito di uno sforzo congiunto di Stati Unti, Francia, Germania e Paesi del G5 Sahel, segnale che gli sviluppi dell’attuale condizione in cui versa il Paese risultano particolarmente sentiti a livello internazionale.

Ancora una volta un’attenzione maggiore a realtà che appaiono confinate e a noi lontane dimostra che le sfide alla sicurezza acquistano un carattere sempre più transnazionale e per affrontarle è necessario puntare su unità di intenti e strategie condivise. L’Italia per la stabilità propria e regionale è chiamata a fare la sua parte e sarebbe miope non comprenderlo.

 


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