“Credo si stia diffondendo la convinzione del bisogno di proteggere l’interesse nazionale dai flussi di investimento stranieri. Resta però il problema di armonizzazione degli interessi nazionali”. Questa la conclusione di Ernesto Somma, capo di gabinetto del Mise, all’incontro “Interesse nazionale e investimenti stranieri: un Cfius per l’Italia?”, che si è tenuto presso il Centro Studi Americani, nel quale si è aperto un interessante dibattito sulla necessità di bilanciare il legittimo interesse a investire con l’altrettanto legittimo interesse di proteggere la sicurezza e l’interesse nazionale.
“La globalizzazione ha posto il problema di come l’Italia debba agire per non far finire asset strategici nelle mani di centri di potere esteri”, ha spiegato Maurizio Caprara, editorialista del Corriere della Sera e moderatore della discussione. “Il sistema italiano è simile a quello statunitense” ha esordito il vicepresidente della Cassa depositi e prestiti Mario Nuzzo. Il limite di qualunque sistema, ha poi spiegato, è l’elevato grado di incertezza, poiché “più è indefinita la norma, più resta indefinito il potere, più c’è discrezionalità, meno attrattivo risulta il Paese per eventuali investimenti esteri”.
“In Italia, attraverso la Golden power, il governo ha il potere di intervenire anche con il veto – ha commentato Nuzzo – ma ciò è avvenuto molto raramente e solo in riferimento a investimenti cinesi. Il vero potere della Golden power è il suo effetto dissuasivo”. Secondo il vicepresidente, dunque, le operazioni da fare sono due: omogeneizzare la regolamentazione a livello globale, ma soprattutto omogeneizzarne l’applicazione. “Spesso le regole sono uguali ma la loro applicazione avviene diversamente, negando così l’utilità dell’omogeneità delle regole”, ha concluso.
Ma l’omogeneizzazione sembra non essere l’unica strada percorribile. Con uno sguardo leggermente più critico si è approcciato alla questione Leonardo Bellodi, membro dell’American Society of International Law, che “invidia il sistema Usa rispetto a quello europeo poiché gli Usa possono perseguire l’interesse nazionale senza un’Unione europea che debba dire la sua”. “Siamo di fronte a una contraddizione – ha spiegato Bellodi – poiché ci possono essere interessi nazionali non condivisi da Bruxelles oppure interessi nazionali di un Paese non condivisi dagli altri membri”.
Tra i tanti esempi citati, quello dei cospicui investimenti fatti a suo tempo da Gheddafi in Europa – fra cui Unicredit, Finmeccanica ed Eni – che misero l’Europa “in crisi” dopo la caduta del regime. “Per fortuna hanno risolto le Nazioni Unite congelando tutto – ha spiegato Bellodi – ma se fosse dovuta intervenire l’Unione europea, non avrebbe avuto il consenso dei membri poiché la Gran Bretagna, ad esempio, non voleva bloccare alcun investimento, mentre la Francia, invece, voleva congelare tutto”. “È evidente che il problema c’è ed è un problema di scoordinamento – ha spiegato Bellodi – c’è una contraddizione fra interesse nazionale e interesse comunitario”.
A concordare con Bellodi Ernesto Somma, secondo il quale la Golden Power italiana è condizionata dai trattai europei, entro i quali limiti è costretta a muoversi. “Le norme europee consentono l’applicazione della Golden Power solo in caso di grave e manifesto pericolo in merito a sicurezza e ordine pubblico”, vincolo che, ad esempio, il Cfius statunitense non ha, come ha spiegato la relatrice Emily Ball, agli affari economici dell’ambasciata Usa.
E sebbene l’iniziativa della Commissione europea di realizzare un unico regolamento condiviso dai Paesi membri ha poche probabilità di prendere forma, come ha ironizzato Somma, essa vanta il merito di aver portato alla luce la questione a livello internazionale. “Così abbiamo potuto inserire quei principi nella Legge di stabilità – ha spiegato Somma – e aggiungere il settore hi-tech fra quelli già presenti nella Golden power, e cioè difesa, telecomunicazioni, energia e trasporti e, in particolare, tutti quegli ambiti particolarmente sensibili come le infrastrutture critiche, la conservazione di dati, le infrastrutture finanziarie e l’intelligenza artificiale”.