Skip to main content

Il dialogo tra Russia e Stati Uniti sull’Ucraina alla vigilia di un incontro ufficiale

Rijabkov

Durante la telefonata tra i ministri degli Esteri americano e russo (rispettivamente, Rex Tillerson e Sergei Lavrov) il dossier Siria ha avuto un ruolo centrale insieme a quello sulla crisi ucraina, mai domata dal 2014, dopo la presa militare della Crimea da parte della Russia e l’innesco del conflitto nelle due regioni orientali russofile che hanno dichiarato unilateralmente l’indipendenza da Kiev (con l’appoggio, nemmeno troppo clandestino, di Mosca).

Secondo quanto riporta Sputnik, che è un organo mediatico che il Cremlino usa propagandisticamente per diffondere le proprie linee programmatiche, i due capi delle rispettive diplomazie hanno discusso su come facilitare il futuro incontro tra il rappresentante speciale del Dipartimento di Stato Usa, Kurt Volker, e il consigliere presidenziale russo, Vladislav Surkov (il meeting si terrà il 26 gennaio a Dubai). L’obiettivo dell’incontro – e dei contatti in corso – è costruire i presupposti affinché la Russia avvii l’implementazione degli accordi di Minsk, il sistema di deconflicting adottato dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu su indicazioni del cosiddetto Formato Normandia (il processo negoziale condotto da Francia, Germania, Russia e Ucraina).

La situazione tra Washington e Mosca, anche sul dossier ucraino, è piuttosto tesa (irrigidita, ovviamente, dall’imminente annuncio di un report del dipartimento di Stato che esporre diverse persone vicine al Cremlino a potenziali sanzioni americane). Volker è stato, tra l’altro, uno dei sostenitori dell’invio di armi offensive a Kiev, che i russi considerano quasi un atto di guerra, e che invece l’amministrazione Trump ha approvato sbloccando un impasse che durava da diversi anni. Nello stesso giorno del colloquio telefonico tra Lavrov e Tillerson,  il capo di Stato maggiore ucraino, Viktor Muzhenko, era a Kiev proprio con il rappresentante speciale americano e l’ambasciatore l’ambasciatrice Marie Jovanovic – non a caso la notizia di questo incontro è stata riportata per primo dall’ufficio ucraino della russa Interfax. Muzhenko ha fornito al rappresentante diplomatico statunitense una sintesi delle dinamiche in corso nelle aree orientali del paese – dove le armi americane dovrebbero essere un pezzo in più per la sicurezza dell’esercito ucraino contro le offensive dei ribelli – e hanno parlato soprattutto di prospettive (che si stanno facendo via via più concrete) per lo sviluppo di relazioni bilaterali fra l’Ucraina e gli Stati Uniti nel settore della Difesa.

In questi giorni Volker è stato intervistato da Radio Free Europe/Radio Liberty dove ha parlato del prossimo incontro con Surkov e anticipato la posizione americana: chiederemo, ha detto, che Mosca ritiri le sue forze e le sue “entità proxy” (quelle tipo i Little Green Men, gli omini verdi senza insegne sulle divise che hanno accompagnato la presa della Crimea: probabilmente parte dei gruppi speciali dei servizi segreti russi, delle unità d’élite dell’esercito, o contractor in tenuta clandestina); Volker dice che Mosca dovrebbe impegnare la sua forza per aiutare a creare sicurezza sul terreno e poi aiutare a rispettare gli accordi di Minsk: “Penso che gli accordi di Minsk contengano tutti gli elementi necessari per risolvere questo problema: ciò che manca non è il contenuto, ciò che manca è la volontà politica”, e aggiunge che le azioni russe nei territori orientali hanno prodotto l’opposto di quello che Mosca si aspettava (ossia una sorta di assoggettamento generale) creando “un’Ucraina che è più unificata, più nazionalista, più orientata all’occidente che mai”.

L’inviato speciale americano ha anche difeso la legge approvata la scorsa settimana dal parlamento di Kiev, in cui la Russia viene indicata come aggressore e le due province separatiste definite “territori temporaneamente occupati” da riportare sotto il controllo centrale; Volker ha sostenuto che favorisce la risoluzione delle crisi – “C’è un comando e un controllo delle forze russe lì, non è sbagliato chiamare almeno in modo informale un’invasione di occupazione ” ha commentato a RFE/RL –, Mosca ovviamente è di parere opposto e la reputa una provocazione.


×

Iscriviti alla newsletter