Nel gran circo mediatico che inevitabilmente si accompagna ad ogni elezione – e le politiche del prossimo 4 marzo ovviamente non fanno eccezione, anzi – il dibattito sulla composizione delle liste elettorali ha finito con il concentrarsi quasi soltanto sugli aspetti più negativi. Le lotte fra correnti, i colpi bassi, le fratture personali, la corsa ad accaparrarsi il posto migliore, le esclusioni eccellenti. Nessuna parola o quasi su quanto di nuovo (e di buono) le liste presentano. Non tantissimo – almeno non a tutte le latitudini politiche – ma qualcosa pur sempre meritevole di essere menzionato.
In questo senso è passato in secondo piano lo sforzo in termini di innovazione fatto dal MoVimento 5 Stelle di Luigi Di Maio che ieri al Tempio di Adriano ha presentato numerosi volti nuovi destinati forse a sedere nel prossimo Parlamento: in alcuni casi profili di rilevante interesse e competenza professionale finiti subito nel dimenticatoio mediatico – almeno per ora – anche a causa della passo falso sulla candidatura dell’ammiraglio Rinaldo Veri. Un passaggio a vuoto evidente – Veri è stato presentato e poi fatto ritirare nell’arco di poche ore – che però non dovrebbe far calare il silenzio sugli altri candidati pentastellati. Tra i quali si trovano i nomi di economisti – come Lorenzo Fioramonti, Alessia D’Alessandro e Paolo Biancone -, medici, rappresentanti del mondo dell’associazionismo e professionisti provenienti da diversi settori. È il caso, ad esempio, del presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma Mauro Vaglio, dell’oncologa e ricercatrice del Consiglio Nazionale delle Ricerche Maria Domenica Castellone, e del presidente nazionale del Forum della disabilità Vincenzo Zoccano. Una squadra da non sottovalutare, che dimostra in maniera evidente il percorso di crescita intrapreso dal movimento fondato da Beppe Grillo per essere meno settario e più aperto al dialogo e alla positiva contaminazione delle idee. In fondo come un vero e proprio partito.
Dall’altra parte le forze politiche tradizionali sembrano invece aver optato soprattutto per la conservazione, con tantissime conferme e pochi innesti provenienti da fuori. Una circostanza in parte fisiologica in particolare nel paragone con i pentastellati – i cinquestelle sono pur sempre un movimento giovanissimo, nato in pratica da poco più di un lustro – ma che dà comunque il senso di un arroccamento su sé stessi. Come se si trattasse quasi unicamente di un’operazione di ceto politico. Nel Partito Democratico, ma pure nel centrodestra, le novità pur di buon livello, si contano sulle dita di una mano. Qualche giornalista dalla rilevante esperienza – come l’ex condirettore di Repubblica Tommaso Cerno e Francesca Barra in casa dem e gli ex direttori di Qn e di Panorama Andrea Cangini e Giorgio Mulé in Forza Italia -, un po’ di nomi provenienti dal mondo del calcio – su tutti Adriano Galliani e Claudio Lotito (entrambi per il centrodestra) – e una manciata di professionisti, alcuni dei quali già noti in politica, come nel caso dell’avvocato Giulia Bongiorno. Personalità anche importanti, ma di numero comunque troppo limitato.
Non che sia necessariamente un male dare più spazio ai dirigenti politici, ovviamente. Però chi guarda la pagliuzza nell’occhio degli altri dovrebbe prima concentrarsi sulla trave che si trova nel proprio. Detta in soldoni, invece di ironizzare tanto sulle liste made in M5s, gli avversari si concentrino piuttosto sulle loro scelte. Nella speranza che tutte le forze politiche, cinquestelle inclusi, contribuiscano a rendere questa campagna elettorale un’utile occasione di dibattito e di crescita per il Paese.