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Orietta Berti come Oprah. Che un sorriso seppellisca le polemiche

Io sto con Orietta, lo dico senza indugio. E non mi importa un fico secco dell’idea “museale” della Rai che dal Pd ci arriva in queste ore. Se la Berti vuole dichiarare ai microfoni di Radio Rai (Un giorno da pecora) che vota per M5S non vedo scandalo, è un fatto di libertà che poi da qualche altra parte sarà compensato con dichiarazione di segno opposto. Certo, capisco il senso del ragionamento di Michele Anzaldi quanto chiede a Tv e Radio di Stato di tenere un atteggiamento neutro in campagna elettorale, ma è anche vero che tutto va interpretato con buon senso ed elasticità mentale, altrimenti si finisce come nella raccomandazione dell’autorità per le comunicazioni che vorrebbe avere dai giornalisti una sorta di “dichiarazione di appartenenza” prima di prendere la parola: pretesa ridicola, insensata ed inapplicabile.

Insomma il Pd, forse troppo in ansia per i sondaggi declinanti, finisce per fare di Orietta Berti quello che Oprah Winfrey è oggi verso Donald Trump, cioè una sorta di simbolo di libertà contrapposto al potere arrogante e minaccioso. C’è una vecchia regola della comunicazione: se vuoi evitare che una vicenda ti venga addosso ignorala, se vuoi farci a botte strilla e accendi i fari. Così ha fatto il Pd con la mitica Orietta, facendola diventare il volto femminile più importante del M5S e regalando così a Di Maio un alleato formidabile, ben più popolare, simpatico ed efficace della scialba e permalosa sindaca di Roma.

Insomma un capolavoro all’inverso, un autogol da manuale. Mai strillare allo scandalo verso le critiche o le affermazioni non gradite, sempre reagire mettendo in campo altre proposte, con volti giusti e parole appropriate. Chi governa porta il peso della responsabilità, che compensa la soddisfazione derivante dalla gestione del potere. La Rai deve mantenere un equilibrio generale (come in fondo ha fatto egregiamente in questi anni) senza che la politica si metta in mente di esagerare nei condizionamenti. Vale a sinistra esattamente come a destra e vale anche per i giovani dirigenti del movimento fondato da Beppe Grillo.

Ricordando sempre che dal ‘94 in poi è sempre finita nello stesso modo, con identica sequenza. Qualcuno vince le elezioni, poi determina i vertici Rai e quindi diventa “editore di riferimento”, poi arrivano le elezioni successive e le vincono gli altri, alla faccia dell’esercizio, più o meno attuato, della funzione di controllo su viale Mazzini. Gli elettori sono certo condizionabili, ma non del tutto cretini. W Orietta dunque, che un sorriso ci seppellisca tutti.



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