Da giovedì i libanesi avrebbero potuto, come in altri Paesi del mondo, mettersi in fila al botteghino e assistere all’ultimo film di Steven Spielberg, The Post. Se non fosse insorto un problema all’ultimo minuto. Secondo un funzionario dell’autorità della Sicurezza Generale del Libano sentito dall’AFP, la pellicola non uscirà nelle sale del Paese dei Cedri per via del parere contrario dei servizi di intelligence. L’ultima parola spetta ora al ministero dell’Interno e delle Municipalità, che dovrà decidere se mantenere il provvedimento restrittivo.
Il motivo? Semplice. Spielberg non solo ha il pessimo difetto di essere ebreo, ma ha commesso due errori imperdonabili in questa porzione di mondo. Il primo, ricordato dalla testata specializzata The Hollywood Reporter, è che alcune scene del suo “Schindler’s List”, il blockbuster sulla Shoah, furono girate a Gerusalemme, città occupata dal nemico giurato del Libano, Israele. E siccome Libano e Israele sono tecnicamente ancora in guerra, è in vigore un bando di tutti i prodotti israeliani, mentre ai libanesi è proibito viaggiare in Israele o avere contatti di alcun genere con i suoi cittadini. Il Libano, comunque, non è il solo Paese in cui Schindler’s List è da allora indisponibile: al boicottaggio aderirono molti altri paesi arabi e islamici.
La seconda colpa del cineasta la mette in evidenza invece il Times of Israel: nel 2006, durante la guerra estiva tra Israele ed Hezbollah, Spielberg fece una donazione di un milione di dollari a favore dello Stato ebraico. Incorrendo nell’ira della Lega Araba, che da allora inserì il nome del regista nella lista nera. Che il Libano fa propria.
Il portavoce della compagnia di Spielberg, la Amblin Entertainment, non ha per ora rilasciato dichiarazioni, in attesa della deliberazione finale da parte del ministero dell’Interno di Beirut. Certo è che la sorpresa deve essere stata tanta. Negli ultimi anni infatti ben cinque film diretti o prodotti da Spielberg, tra cui The BFG e Il Ponte delle Spie, avevano passato indenni le maglie della censura libanese. Ma la scure era sempre in agguato, come sa bene la star israeliana Gal Gadot alias Wonder Woman, altro film vietato in Libano.
Sembra insomma che la decisione di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele abbia riportato in auge antichi e consolidati tabù. Con buona pace di chi, a Beirut, avrebbe voluto godersi la magistrale interpretazione di Meryl Streep e Tom Hanks, o semplicemente voluto sapere qualcosa di più sulla storia dei Pentagon Papers. A costoro, toccherà ricorrere al mercato nero, solitamente fiorente da queste parti.