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I programmi elettorali? Tante lune nel pozzo

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Il primo tempo di questa campagna elettorale si chiude nello sconforto. Mille promesse buttate lì, come se niente fosse. Si propone di abolire ogni tipo di tassa e di imposta: di qualsiasi ordine e grado. Ci si impegna a dare soldi a tutti: dai pensionati, alle famiglie. Per non parlare dei giovani o dei disoccupati. Tante lune nel pozzo, che hanno spinto i commentatori più agguerriti a lanciare i loro anatemi. L’ultimo, in ordine di tempo, quello del Presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti: “le proposte dei partiti in campagna elettorale siano comprensibili e realistiche”. Un bailamme indigesto, contro il quale sono scesi in campo le penne più appuntite del giornalismo italiano, nell’inutile fatica di far di conto, per vedere di quanto crescerà deficit e debito, qualora si prestasse fede alle promesse avanzate. Alla fine: un risultato a somma zero. E’ infatti evidente che i singoli propositi si sono elisi a vicenda. Ed il messaggio definitivo è stato solo quello della loro inaffidabilità complessiva.

Eppure, a guardare più nel profondo, una logica, nell’affastellarsi delle diverse tesi, alla fine, si intravede. Erano finalizzate a puntellare alleanze precarie dal punto di vista politico. Sia all’interno del centro – destra, che sul fronte della sinistra. Ed ecco allora le critiche, pur giustificate alla Legge Fornero, ma non fino al punto di buttare il bambino con l’acqua sporca. I dubbi amletici sull’euro e sull’Europa, nel passaggio graduale dalla tesi del “prendere o lasciare” a quella del confronto più serrato per far sì che un Continente, stanco ed affaticato, si rimetta in moto. Silvio Berlusconi che, a Bruxelles, incontra Juncker ed i vertici della Commissione europea.

Sul fronte opposto, quella della sinistra, le incertezze sono altrettanto palpabili. Si pensa all’introduzione di un salario minimo, tra le tante cose; dimenticando la presenza di quel grande “esercito di riserva” – una disoccupazione a doppia cifra – che lastricherà di buone intenzioni la via dell’inferno. Ma, anche in questo caso, seppure a scala più ridotta, si paga il prezzo delle possibili alleanze. Nel Lazio Zingaretti accetta il diktat di Liberi e uguali: nessun termovalorizzatore per i rifiuti, che continueranno a viaggiare per le strade della Penisola ed all’estero. E per quanto riguarda il progetto dell’autostrada Roma – Latina, fermo dal 2000 – sì: proprio 18 anni fa – sarà definitivamente archiviato. L’idea è quella di una metropolitana leggera da completare, se tutto andrà bene, alla fine del secolo. Mentre il grande traffico di automezzi pesanti, che trasportano verso Roma, derrate alimentari ed i prodotti dell’unico polo produttivo rimasto (il comprensorio Pomezia – Frosinone), continuerà a rendere ogni viaggio una grande Odissea.

Nella saggezza popolare queste contraddizioni sono state metabolizzate. Non si voterà per questo o quel partito in grado di dare una speranza. Ma per simpatia o antipatia nei confronti di questo o di quel leader. Oppure per tigna, come nel caso dei 5stelle, “contro” chi finora ha governato, senza curarsi del fatto che chi potrebbe arrivare sarebbe – il caso di Roma e di Torino – forse peggio di un antico più sicuro. Se così stanno le cose, si spiega perché il centro destra sia premiato nei sondaggi. Nel disincanto generale, si punta sullo schieramento che offre maggiori garanzie. Nessuna avventura, né esperimenti di incerta natura. Bisogna aver pietà e comprensione per i “dannati della terra”. Ma purtroppo le risorse per garantire loro una vita dignitosa non ci sono. Ed allora bisogna essere duri, se non si vuole assistere ai fenomeni delle scorribande nelle periferie martoriate delle città italiane. Al sommarsi di nuova e vecchia criminalità: in parte resa tale dal bisogno.

E poi basta con la criminalizzazione nei confronti di chi ha lavorato una vita intera per raggiungere un livello minimo di benessere, oggi insidiato da propositi redistributivi all’insegna della pura assistenza. Si voterà, quindi, per autodifesa. Per stroncare sul nascere le idee di una giustizia pelosa, che vorrebbe sostituire la logica dello sviluppo necessario con quello del “chi ha dato ha dato”. Azzeriamo tutto, come se ci trovassimo di fronte a tanti colpevoli, rei per aver fatto il proprio dovere. Questi sono i ragionamenti che si ascoltano, non nei talk show, ma tra la gente comune. Una preoccupazione reale, che traspare e che disarma. Anche se non sarà sempre così.

Nel secondo tempo della politica, quello del dopo elezioni, tutti gli argomenti accantonati o rimossi torneranno prepotenti. E sarà allora il momento della verità. Emergerà, prima fra tutti, il tema di una politica attiva per lo sviluppo. Il grande assente in questi momenti concitati. Si tratterà di decidere e fare per rimettere in moto lo stanco motore dell’economia italiana, il cui guizzo, per altro limitato, sembra già arrestarsi, secondo le previsioni di tutti i principali Centri di analisi italiani ed internazionali, con lo scadere dell’anno. Dovremmo, allora, ragionare non in termini di miracoli immediati, ma di legislatura: l’intervallo di tempo indispensabile per avere qualche risultato. Ed ecco che alcune ipotesi – come una flat tax temperata – che oggi appaiono sconvolgenti potrebbero trovare la loro soluzione in una riforma complessiva dell’attuale sistema fiscale. Che produce diseguaglianze e taglia ogni voglia di “fare”.

Vedremo, quindi. Nell’attesa è bene archiviare rapidamente l’insieme delle promesse zuccherine. Non è questo quello che conta. L’importante è avere chiaro un orizzonte. E scegliere coloro che ai sogni palingenetici preferiscono una dura realtà da masticare.

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