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Ecco perché gli Stati Uniti non resteranno in silenzio sulle proteste in Iran. Parola di Mike Pence

Mike Pence, vicepresidente degli Stati Uniti, ha scelto il Washington Post per esprimere la posizione dell’amministrazione Trump sulle proteste in Iran e rimarcare l’impegno della leadership americana nel sostenere “le rivendicazioni di libertà e democrazia che si sono sollevate da Teheran e dalle altre città iraniane”.

In un intervento pubblicato sul giornale che ha impresso sulle proprie pagine il motto “Democracy dies in darkness” (la democrazia muore nell’oscurità), Pence non ha usato mezze misure per definire il punto di vista della Casa Bianca sulle tensioni che hanno recentemente infiammato l’Iran: “Questa volta non resteremo in silenzio”.

Il vicepresidente degli Stai Uniti si è avvalso della metafora del silenzio per sferrare un attacco esplicito all’amministrazione Obama, rea di aver ignorato le richieste di sostegno che ormai otto anni fa giungevano a Washington dalla “Green Revolution” (movimento dell’onda verde). Pence, che all’epoca era membro del Congresso e dell’House Foreign Affairs Committee, accusa la passata amministrazione di essersi lavata le mani difronte alla sistematica soppressione del dissenso esercitata dai vertici teocratici della repubblica islamica.

“Oggi il popolo iraniano si solleva nuovamente per chiedere libertà e democrazia e, sotto il presidente Trump, gli Stati Uniti manterranno il loro impegno. Questa volta non staremo in silenzio”. Nel voler rimarcare la lungimiranza del presidente, che già da qualche tempo aveva intuito la debolezza e il difetto di democrazia che affliggono l’Iran, Pence elogia la scelta della corrente amministrazione di affossare l’accordo sul nucleare e di richiamare l’attenzione globale sul Paese che era un tempo noto come Persia.

Il riferimento al nucleare diventa anche occasione per muovere una critica agli alleati europei, rei di essersi dissociati dagli Stati Uniti sulla decisione di abbandonare l’accordo raggiunto nel corso dei negoziati di Ginevra.

Il messaggio è forte e chiaro e giunge ai partner europei con parole difficilmente equivocabili: “Gli Stati Uniti hanno parlato in modo netto. Sfortunatamente, molti dei nostri partner europei, così come le Nazioni Unite, finora non sono riusciti a pronunciarsi con forza sulla crescente crisi in Iran. È tempo che si facciano sentire. La repressione della rivoluzione verde nel 2009 dimostra il prezzo disastroso del silenzio. Il presidente ed io chiediamo ai leader delle nazioni che difendono la libertà in tutto il mondo di condannare la dittatura non eletta dell’Iran e difendere il diritto inalienabile del popolo iraniano a scegliere il proprio futuro e lottare per il proprio destino”.


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