La questione dei migranti è certamente il tema forte di questa campagna elettorale. Lo è non perché vi sia dietro una creazione mediatica, ma perché oggi l’enorme spostamento dei popoli costituisce il vero capitolo centrale della nostra storia.
Certo, a scatenare il furibondo dibattito di queste ore sono stati i torbidi di Macerata; ma, a ben vedere, fenomeni di violenza psicotica, di ordinaria demenza e degenerata emarginazione sono le micce che fanno detonare l’esplosione, non rappresentando di certo la polveriera che comunque sta lì, pronta ad essere appiccata dal primo invasato della porta accanto.
Vediamo prima il problema, e misuriamo poi con calma le diverse soluzioni possibili, su cui, conviene ricordare, è importantissimo che le forze politiche in campo espongano schiettamente le loro tesi.
Vi sono da anni verso il nostro Paese come confine esterno, specialmente marittimo, dell‘Unione Europea enormi, impressionanti flussi migratori. Stiamo parlando, per farci un’idea, di un numero approssimativo di 630 mila stranieri nel territorio. Questo fenomeno rappresenta un fatto, la cui soluzione sta a monte. Ma un fatto è un fatto, una volta che si presenta. E questo fatto si è prodotto con una rapidità record, senza nessun tipo di adattamento ambientale e temporale.
Altrettanto chiaro è che l’Italia è uno Stato, che ha delle leggi, e ha dei cittadini che hanno oneri e onori di appartenergli, su cui ricade, come recita la Costituzione, la sovranità democratica e repubblicana. Dunque, da un lato i cittadini; dall’altro i migranti in numero sempre crescente e incontrollato. Quid agendum?
La prima osservazione corretta è quella fatta da Papa Francesco, la quale è di ordine morale, sottolineo morale, vale a dire guarda al dato umanitario. Essere umani non è essere cittadini. Il rispetto della dignità umana contraddistingue eticamente l’umanità come tale. Ogni civiltà deve rispettare l’altra. Punto.
La seconda osservazione corretta è quella fatta da Silvio Berlusconi, riguardante la politica e lo Stato italiano, vale a dire la nostra nazione. La questione immigrazione è gravissima e urgentissima. Non potendo accogliere tutti e ben sapendo che solo il 5 % di questa enorme massa di presenze, all’incirca 30 mila unità, ha diritto di asilo per motivi verificati, morte e guerra, noi dobbiamo trovare una soluzione giusta, ragionevole, politica ed essenziale.
La peggiore cosa che può fare uno Stato è perdere il controllo della legalità nel territorio, trasformandosi da comunità civile in giungla d’asfalto.
Thomas Hobbes diceva che gli individui sono per natura fatti per uccidersi. Ma egli guardava appunto con tristezza alla società inglese del XVI secolo tormentata dalla guerra civile e religiosa.
Noi non possiamo ragionare così, ma non dobbiamo creare le condizioni per una società in cui l’altro non è riconosciuto come persona. Gli Stati sono nati per questo. Le condizioni di riconoscibilità degli esseri umani però sono specifiche, particolari, e non possono essere universali. Di universale c’è l’umanità e non gli uomini, i quali tra loro sono limitati a vivere nel contesto culturale che è proprio di ogni singola società.
L’assurdità, dunque, di queste politiche dell’accoglienza è proprio di non vedere il dato storico, di pensare che ospitare sia una risposta umanitaria, quando invece è evidente che è una scelta errata e perniciosa.
Altrettanto errato è pensare che l’Italia sia diventata improvvisamente nazionalista e razzista. Ma via, non diciamo cretinate!
La xenofobia, lo dicono tutti, è prodotta dalla paura. Ma la paura non la si vince pedagogicamente con chiacchere da centro sociale, ma facendo politiche rigorose, garantendo l’autorità dello Stato, facendo scelte che rendano possibile alle persone vivere civilmente nelle proprie città. Laddove i flussi migratori non sono controllati, laddove stranieri vengono fatti vivere con ozio e cellulare senza nessun tipo di lavoro, non si produce integrazione, ma ghettizzazione, criminalità e violenza.
Penso sia giusto dire, anche con un consapevole pizzico di impopolarità, che o ci decidiamo a fare i respingimenti, a regolare le entrate, a ristabilire l’autorità dello Stato, oppure stiamo scommettendo su un tipo di democraticismo umanitarista che è la migliore premessa per razzismo, violenza, violazione di diritti umani e aumento della criminalità, nonché per il crepuscolo della democrazia stessa.
Integrare vuol dire inserire persone nel tessuto culturale, spirituale e sociale della propria comunità. È un processo lento e laborioso. Accogliere senza integrare è emarginare e creare la psicosi dell’assedio. Una follia.
D’altronde, si sa, il buonismo è nemico del bene, almeno quanto l’umanitarismo lo è dell’uomo. E un’umanità senza culture, un’Europa senza Stati, una società senza identità non significa altro che una cultura, un’Europa e degli Stati caotici, rancorosi, violenti, senza quella logica del riconoscimento che vive d’identità e non di multiculturalità menzognere.