Sarà una settimana significativa per le sorti politiche dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia (Fyrom), con la visita a Skopje e in tutto il costone balcanico del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, dell’Alto rappresentante per la politica estera e sicurezza Federica Mogherini e del commissario all’Allargamento Johannes Hahn. Al centro di colloqui e analisi la nuova strategia per l’allargamento presentata lo scorso 6 febbraio a Strasburgo, che si intreccia con la contingenza sulla disputa con Atene sul nome Macedonia, che ha portato nelle piazze di tutta la Grecia due milioni di persone che non vorrebbero concedere il nome Macedonia allo stato balcanico.
CHI INCONTRANO E PERCHÉ
A Skopje i rappresentanti europei incontrano il premier Zoran Zaev prima di proseguire il tour balcanico in Albania, Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Kosovo e Bulgaria. Proprio a Sofia Juncker incontrerà il primo ministro per un focus conclusivo Bojko Borisov, insieme ai leader dei sei Paesi dei Balcani occidentali. I dossier sul tavolo sono molteplici e legati a varie questioni territoriali ancora aperte, come le scintille tra Serbia e Croazia sull’accesso al mare, la questione delle minoranze albanesi in Kosovo, le interconnessioni geopolitiche legate al gasdotto Tap i cui test sono stati già realizzati con successo in Grecia e Albania e che potrebbero toccare anche la Bulgaria, con cui Mosca ha intavolato dalla scorsa estate una discussione per una pipeline da far passare su suolo bulgaro.
SKOPJE
“Skopje è parte della storia e della geografia europea” ha detto Juncker accanto al premier macedone. “Non siamo venuti qui per annunciare la data definitiva di adesione all’Ue ma siamo impressionato dai vostri progressi nelle riforme. Dovete continuare su questo percorso e risolvere la disputa sul nome con la Grecia”.
Un’apertura che fa il paio con le dichiarazioni distensive del premier macedone secondo cui l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia (Fyrom) e la Grecia lavoreranno per trovare una soluzione definita alla disputa sul nome: “Credo che troveremo una soluzione che sarà definita per entrambe le parti, una soluzione che non metterà a rischio né l’identità del popolo macedone né quella di una parte del popolo della Grecia”. Circa le concessioni alla richiesta per il cambiamento del nome costituzionale del paese ha osservato di volersi astenere dal valutare le osservazioni dell’altra parte nei negoziati: “La nostra posizione è chiara. Siamo preparati per una soluzione. La Macedonia ha bisogno di una soluzione e so che anche la Grecia ne ha bisogno”.
SCINTILLE
In precedenza il ministro degli esteri greco Nikos Kotzias aveva sottolineato che Atene vuole raggiungere un accordo con la Fyrom ma ciò “potrebbe richiedere tempo” anche se sicuramente aiuterà a “risolvere i problemi” esistenti fra i due paesi stemperando la posizione maggiormente intransigente del ministro della Difesa greco Panos Kammenos (leader di destra in coalizione con la sinistra di Tsipras) che ha fortemente criticato i negoziati sul nome della Fyrom.
La disputa, lunga un quarto di secolo, concerne il fatto che Atene non intende riconoscere a Skopje il nome di Macedonia. Dopo una lunga maratona diplomatica che si è intensificata negli ultimi 24 mesi, con due grandi manifestazioni in terra di Grecia alle quali hanno preso parte trasversalmente cittadini di tutte le estrazioni politiche (compresi gli estremisti di Alba dorata assieme al celebre compositore Mikis Theodorakis) due sembrano essere le soluzioni a portata di mano: “Repubblica di Vardar Macedonia” e “Repubblica di Nuova Macedonia”. I greci spingono per la prima soluzione ma l’inviato speciale dell’Onu Nimetz ha aggiunto altri tre nomi: “Repubblica della Macedonia superiore”; “Repubblica della Macedonia del nord”; “Repubblica di Macedonia (Skopje)”.
MERCATO UNICO
Altro tema di intenso dibattito balcanico è il Mercato Unico, ovvero l’idea di costituire un bacino commerciale da venti milioni di consumatori e 80mila nuovi posti di lavoro. La proposta è stata lanciata un anno fa nel summit di Sarajevo dal premier serbo Aleksandar Vučić e nel febbraio 2017 se ne era parlato ufficiosamente a margine del vertice dei ministri degli Esteri e dell’Energia dei sei paesi (Albania, Bosnia Erzegovina, Fyrom, Kosovo, Montenegro e Serbia) destinatari del cosiddetto Processo di Berlino, l’iniziativa della Cancelliera Merkel per migliorare il sistema di cooperazione nei Balcani e di cui l’Italia ha detenuto nel 2017 la presidenza.
Contrari al mercato unico sono al momento Kosovo, Montenegro e Albania: pensano che Belgrado punti ad essere un leader indiscusso sui quei mercati regionali ricostituendo, di fatto, una nuova ex Jugoslavia grazie all’espansione dell’influenza russa nei Balcani.
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