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Caso Eni-Turchia. Possibili scenari e responsabilità secondo gli esperti

petrolio

La prima domanda, all’indomani del caso Eni-Turchia con la nave italiana di Saipem bloccata dalla marina militare turca in acque internazionali, è cosa accadrà sul versante energetico. E soprattutto quali riverberi scaturiranno negli equilibri internazionali dopo il grave episodio, che giunge a pochi giorni dalla visita del presidente turco Erdogan in Italia, ricevuto ai massimi livelli.

DI CHI LE COLPE?

“Le responsabilità dell’Occidente sono di aver lasciato fare a Erdogan la politica che sta facendo” ragiona il prof. Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, secondo cui Ankara è pienamente consapevole del fatto che la Nato non può bacchettarlo perché Erdogan ha i codici Nato, oltre a disporre di una tecnologia basata su missili e radar. “Contro di lui abbiamo pochissime armi in mano e più passa il tempo meno ne abbiamo. Ma il governo italiano non può accettare questa condotta dopo il bilaterale di Roma ricevendo questo dittatore in pompa magna e poi facendosi prendere a schiaffi 48 ore dopo”.

LA PARTITA DEL GAS

“In primis vanno chiarite alcune questioni molto rilevanti che gettano una luce sinistra sulla visita di Erdogan a Roma” osserva l’ex ministro della Difesa Mario Mauro. “Il governo italiano e soprattutto la Farnesina hanno ampiamente sottovalutato i risvolti di quella visita, forse non abituati all’interlocuzione con un uomo che non solo fa quello che dice (quindi mantiene le promesse ma anche le minacce) ma normalmente quando le dice le ha già fatte”.

Erdogan presentandosi in Italia ha usato un linguaggio “felpato della diplomazia così come poteva essere concepita al tempo degli ottomani”, quindi ha espresso preoccupazione per i movimenti energetici di Eni per politiche energetiche che nascono con il giacimento Zohr ma che arrivano, tramite le sue propaggini, fino alle coste cipriote. Oggi, avendo la Turchia variato l’asse della propria politica “indirizzandola verso il neo-ottomanesimo e non essendo più interessata ad una collocazione in Ue, ecco che il frutto di quell’episodio è logica conseguenza di quella scelta”.

NATO E ANKARA

E certifica: “È messa a repentaglio non solo la prospettiva europea turca, ma anche il senso della sua presenza all’interno della Nato, che a questo punto diventa minacciosa non solo per la Grecia ma anche per l’Italia”.

Invece secondo il vicedirettore del Tg1 Gennaro Sangiuliano, autore per Mondadori di “Putin. Vita di uno zar” e “Trump. Vita di un presidente contro tutti”, la presenza turca nella Nato oggi ha ancora senso, “perché senza Ankara il quadro sarebbe credo peggiore, in quanto oggi almeno si mantiene un rapporto con le alte sfere militari del paese: un flebile filo di speranza che qualcosa in quel paese possa cambiare”. In quel caso “la consegneremmo ad un altro scenario come potenza militare regionale tipo l’Iran”. Per cui sarebbe “un errore farla uscita dalla Nato ma un errore sarebbe anche farla entrare nell’Ue”.

OTTOMANESIMO

La politica ottomana del seicento, che tanta paura incuteva all’Europa intera, secondo Mauro è utile per capire cosa sta accadendo. “Oggi si stanno ripresentando sullo scenario condizioni analoghe: la Turchia combatte anche una sua battaglia per la leadership a cavallo tra la macro area mediterranea e quella mediorientale. E in quello scenario è leader della Fratellanza Musulmana, in naturale contrapposizione sia con l’universo sciita dell’Iran, sia con il mondo sunnita di ispirazione salafita dell’Arabia Saudita. Tale leadership nei rapporti con paesi come Egitto, Tunisia e Libia ragiona non come Turchia kemalista campione di modernità, ma come Turchia che quelle regioni governava direttamente grazie alla mano ottomana”.

Per cui, aggiunge l’ex vicepresidente del Parlamento Europeo, è chiaro che se le condizioni sono queste, “il problema dell’Europa incapace di reagire altro non è che l’espressione di quale difficoltà viva oggi il progetto Ue e quanto spazio lascino Germania e Francia al gigante turco, senza contare l’atteggiamento tradizionalmente di indifferenza tenuto da Londra”.

ASPETTATIVE E POLICIES

Secondo Sangiuliano “l’Eni è una grande realtà economica globale, il frutto dell’eccellenza italiana, figlia di quella straordinaria intuizione di Enrico Mattei: la politica italiana di oggi è inadeguata rispetto a quella grandezza: insomma l’Italia non merita l’Eni”. E osserva che si è detto da più parti che sarebbero dovute prevalere le ragioni delle real politik rispetto a quelle ideologiche sui diritti umani o sui curdi. “Ma il presidente proprio sulla real politik ci ha presi a schiaffi”.

Sangiuliano considera la Turchia un caso di regressione storica: “Grazie ad Ataturk si era aperta ad una modernizzazione che è stata inficiata con Erdogan. Del resto in Occidente commettiamo un grosso errore: confondiamo Istanbul con la Turchia, mentre invece è solo un’eccezione”. E certifica che la politica estera italiana non presenta quel peso specifico adatto alle aspirazioni industriali del nostro Paese.

QUANTO PERDIAMO?

“Riguardo a Zohr – aggiunge il prof. Parsi – al momento è un versante protetto, e al netto delle nostre relazioni con l’Egitto. Lì sono i turchi e gli israeliani ad avere un problema rispetto a noi. Ovvero dove va a finire il gas che intendono estrarre. Per cui in questo momento mantenere buone relazioni con l’Egitto per noi è purtroppo un vincolo necessario. E dico purtroppo perché il caso Regeni è ancora aperto”. Dovremo inviare le nostre navi a scortare pezzi dell’Eni da domani? “Se necessario sì, – aggiunge – perché le rivendicazioni turche sono al di là delle acque territoriali”.

COSA È MANCATO?

Il senatore Mauro si dice meravigliato che non ci siano stati due passaggi essenziali: la convocazione del Consiglio Supremo di Difesa da parte del Presidente della Repubblica, perché in quella occasione “sono richiamati ad una valutazione congiunta il ministro dello sviluppo, quello degli esteri e della difesa (i tre soggetti che oggi devono espriersi sull’enormità della provocazione di Erdogan)”. E l’accompagnamento istantaneo della nave dell’Eni da parte di unità della Marina Militare italiana in acque cipriote, “quindi europee e che fanno riferimento all’unica entità riconosciuta dalla comunità interazionale, ovvero lo stato di Cipro membro dell’Ue, al fine di espriere la legittima tutela dei nostri interessi energetici”.

twitter@FDepalo

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