Game is over. I giochi sono finiti. O meglio stanno finendo. Tra una settimana sapremo se lo sforzo profuso dai vari contendenti avrà dato i frutti sperati. Lo scettro, tornato al popolo, determinerà, con libere elezioni, il futuro possibile del Paese. I dati del problema sono sotto gli occhi di tutti noi. Ma nell’affastellarsi delle proposte elettorali non è facile orientarsi. Troppe le promesse difficilmente realizzabili. Il sovrapporsi di temi sfogliati come si trattasse dei petali di una margherita dall’incerto retroterra. In cui termini, come “destra” o “sinistra”, hanno perso gran parte del loro significato originario, di fronte alla complessità di un presente che si mostra, per molti versi, inafferrabile. Meglio allora affidarsi al proprio intuito? Al carattere empatico di questo o di quel candidato? Può essere una scelta. Con un solo limite: sconfina nel fideismo, con tutte le possibili delusioni che potranno derivare.
Una strada diversa, più praticabile dal punto di vista razionale, può essere quella di leggere in controluce le proposte dei singoli partiti e schieramenti, per individuare le discriminanti di fondo che, nonostante la confusione e le ambiguità, tratteggiano tuttavia mondi ed universi distinti. Mainstream o megatrend: si potrebbe dire, che indicano una direzione. A prescindere dal contenuto delle singole proposte, la cui attuazione richiederà, in seguito, verifiche e compatibilità finanziarie al momento volutamente non considerate. Del resto chi si lega una gamba, prima di partecipare ad una corsa campestre?
Per la scelta dei temi, non resta che misurarsi con i problemi di fondo del quadro nazionale e comunitario. L’Europa, seppure con caratteristiche eterodosse, ha fatto sentire la sua voce e le sue preoccupazioni. Esistono del resto dei Trattati che limitano la sovranità nazionali. Dai quali si può anche uscire, come avvenuto con Brexit, ma comunque a seguito di una complessa trattativa e non certo cancellandoli con un tratto di penna. Il rispetto delle regole europee impone, quindi, un vincolo molto forte alle possibili promesse elettorali.
C’è, per fortuna, una scappatoia, rappresentata dall’articolo 16 del Trattato, che ha istituito il fiscal compact. Ma quella finestra temporale rischia di chiudersi rapidamente, se mancherà un’azione responsabile da parte del nuovo Governo. Il problema non è chiedere nuove flessibilità, che difficilmente saranno accordate. Ma pretendere quelle verifiche, sui risultati raggiunti, prima di procedere al suo definitivo inserimento nell’Ordinamento europeo. Come previsto dallo stesso Trattato. Aprire, pertanto, una discussione di merito. L’insegnamento di Mario Draghi, nella gestione della politica monetaria, nonostante la dura opposizione di Weidmann, capo della Bundesbank, può essere un utile insegnamento.
Ecco allora un primo elemento. Si tratta di scegliere quella forza politica che ha una credibilità maggiore. Non il mostrare i muscoli, che, peraltro, non si posseggono. Ma una forte capacità di persuasione, accompagnata dalla necessaria fermezza. Se per motivi di puro potere, la ragionevolezza italiana dovesse incontrare un muro invalicabile. Com’è capitato in passato. C’è sempre l’eventualità di ricorrere ad un veto per dischiudere porte inchiavardate dalla protervia.
Altro elemento di valutazione è la complicata situazione italiana. Tutti hanno proposto, come tema centrale, la lotta alle disuguaglianze, nel frattempo enormemente cresciute. Il problema è come farvi fronte. Quale la ricetta più giusta per conseguire risultati non effimeri. Si può ritenere, ad esempio che l’Italia si sia rimessa in marcia, dopo la lunga crisi. Tesi avvalorata dai dati dell’Istat. Nel qual caso è giunto il momento di redistribuire il dividendo sociale finora maturato. Ed allora vanno bene gli aumenti promessi ai più, anche a costo di chiedere qualche sacrificio da parte dei più fortunati.
Al contrario si può guardare all’Eurozona ed al divario che cresce in termini di Pil, nonostante i miglioramenti intervenuti. In questo secondo caso le preferenze vanno ad una politica di sviluppo, in grado di accelerare il ritmo di crescita del Paese. Ponendosi come obiettivo un tasso pari almeno a quello degli altri partner comunitari. Soprattutto Germania, Francia e Spagna. In questo caso, la risposta alle esigenze sociali del Paese è soprattutto riposta nella crescita del tasso di occupazione, come volano per una ripresa stabile della domanda interna. A sua volta, in grado di allargare una base produttiva, che negli anni si è progressivamente ristretta. In questo caso le relative priorità sono quelle di una ripresa degli investimenti pubblici e della riduzione del carico fiscale. Anche a prescindere dalla flat tax.
Nei programmi dei singoli partiti, queste proposte sono variamente affastellate. Nessuno si è dimostrato disposto a concedere campo ai propri avversari. Tuttavia l’ordine delle priorità non è identico. Si tratta allora di decrittare i messaggi trasmessi. Individuandone il core business, distillandolo dalle scorie della pura propaganda e dal chiacchiericcio elettorale. Si vedrà, allora, che queste differenze sono difficilmente mimetizzabili, e possono dare risposte alle proprie preferenze individuali.