Alcuni dipendenti del principale istituto di ricerca nucleare russo sono stati arrestati per aver utilizzato il supercomputer della struttura per speculare in criptovaluta.
Le agenzie di stampa russe scrivono che il Russian Federal Nuclear Center ha confermato gli arresti, avvenuti venerdì, ma le informazioni ufficiali non indicano se i truffatori siano riusciti a far soldi con l’uso del computer. Il centro, che avrebbe presentato accuse penali contro i dipendenti fraudolenti, si trova nei pressi di Sarov, circa 400 chilometri a est di Mosca: è una struttura tecnologica di ricerca e sviluppo (il supercomputer utilizzato per le simulazioni sulle armi nucleari ha la potenza di un petaflop, che lo rese il dodicesimo più potente del mondo: un petaflop è l’equivalente di mille miliardi di calcoli al secondo). Il centro è supervisionato dalla Rosatom, ed è attivo dal 1946.
Sarov è praticamente una città chiusa, la presenza del centro richiede rigidissime regole di accesso e di uscita, anche per i russi residenti (che hanno divieto di viaggio se non per casi particolari); durante la Guerra Fredda, Sarov era una città top-secret conosciuta con il nome in codice di epoca sovietica “Arzamas-16” e non era nemmeno segnata sulle mappe. Ci sono sospetti che il polonio radioattivo 210 utilizzato per uccidere l’ex agente dell’FSB Alexander Litvinenko a Londra nel 2006 provenisse da Sarov, che ha un intorno pseudodesertico controllato da terra e dal cielo per tenere lontani i curiosi: ma i dipendenti sono oltre 20mila.
Si è trattato di “un tentativo di utilizzare le strutture di calcolo del lavoro per fini personali, incluso il cosiddetto mining”, ha detto alla agenzia di stampa Interfax una portavoce del centro, Tatiana Zalesskaya. Con il termine “mining” si intende “la creazione sulla rete di monete virtuali”, che “è possibile facendo effettuare a potenti computer complessi calcoli matematici”, come spiega sinteticamente Askanews.
Va da sé che, più potente è il sistema, più velocemente viene creata la moneta. (Le criptovalute come i Bitcoin non si basano su server di computer centralizzati. Le persone che forniscono la potenza di elaborazione del computer al sistema criptovaluta, per consentire alle transazioni di avere luogo, possono ottenere ricompense in Bitcoin). Il mining di criptovalute richiede una grande potenza computazionale ed enormi quantità di energia.
Il sistema centrale usato sarebbe stato della sezione dell’Istituto russo di ricerca di fisica sperimentale (RFNC-VNIIEF), l’impianto del Centro nucleare russo dove gli scienziati hanno progettato la prima bomba atomica dell’Unione Sovietica. Il sistema non avrebbe dovuto essere connesso a Internet — per prevenire intrusioni — e una volta che gli scienziati hanno tentato di farlo, il dipartimento di sicurezza del centro nucleare è stato allertato. Sono stati consegnati al Federal Security Service (FSB), il servizio di notizie russo Mash dice.
Le speculazioni sulla criptovaluta e la sua estrazione hanno suscitato così tanto interesse in Russia che un imprenditore, Alexey Kolesnik, ha recentemente acquistato due centrali elettriche nelle repubbliche russe di Perm Krai e Udmurtia per essere utilizzate esclusivamente per generare elettricità per i mining data center di Bitcoin. E recentemente ci sono stati numerosi altri tentativi di sfruttare anche i sistemi informatici aziendali e industriali per l’estrazione illegale di criptovalute.
Tali tentativi “nelle nostre imprese saranno duramente criticati, questa attività tecnicamente non ha futuro ed è punibile come crimine”, ha detto la portavoce del centro. Non sfugge la sottolineatura che i media russi hanno dato alla vicenda, da inquadrare anche nell’ottica della stretta a crimine e corruzione lanciata dal Cremlino (sotto pressione elettorale e dunque particolarmente accorto a sottolineare ciò che può aver presa tra i russi, dato che la prosecuzione dell’amministrazione Putin non è tanto questione di se, ma di quanti saranno i consensi elettorali).