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Embraco, l’Europa, il Brasile e l’asse Calenda-Tajani

L’Europa si muove sul caso Embraco e tenta l’accordo in extremis con l’azienda brasiliana, controllata Whirlpool. Troppi quei quasi 500 lavoratori da mettere sulla strada per far passare tutto sotto silenzio. E così il pressing del ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, sortisce il suo effetto tanto da chiamare in causa il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani (nella foto)

L’EUROPA SCOPRE EMBRACO

D’altronde, il caso Embraco, è figlio dell’Europa e delle sue regole spesso disconnesse e poco omogenee. La società del gruppo americano degli elettrodomestici ha deciso di spostare le sue linee produttive in Slovacchia, in quanto il costo del lavoro è molto più basso. Il problema è che l’Italia per stare al passo non potrebbe tagliare il costo della manodopera perché verrebbe considerato aiuto di Stato. Di qui il coinvolgimento quasi obbligato dell’Europa, che questa mattina ha mosso i primi passi ufficiali.

TAJANI MUOVE SUL BRASILE

Tajani ha prima incontrato a Bruxelles una delegazione dei lavoratori dell’Embraco e poi telefonato all’ambasciata americana presso la Ue per avere un contatto con le autorità Usa a Washington (Whirlpool è americana), e presso le autorità brasiliane per contribuire a trovare una soluzione alternative al trasferimento dell’attività produttiva dal Piemonte in Slovacchia. “Oggi chiamerò il ministro dell’Industria del Brasile e l’ad della società che è di fatto proprietaria di Embraco (Whirlpool, ndr) e andremo a vedere se si può intervenire dagli Usa e far capire che non è questo il modo per investire positivamente in Europa”.

IL NODO DEI FONDI UE

Ma al di là delle prese di posizione istituzionali, c’è un problema tecnico e concreto su cui riflettere per poi eventualmente intervenire. Oltre alla disparità di trattamento nella definizione di aiuto di Stato, c’è una questione di maggiore portata, legata all’uso dei fondi comunitari. Concepiti per finanziare opere e infrastrutture ma in qualche caso, come con ogni probabilità su Embraco, utilizzati per finanziare l’abbattimento del costo del lavoro. Si tagliano le tasse sui salari e si ripianano le minori entrate con i fondi. Tajani lo sa bene, tanto da portare la questione al centro del caso Embraco. “Il fatto più grave è se si utilizzano fondi comunitari per fare concorrenza sleale all’interno dell’Unione europea, questo è ancora più grave”.

L’ASSE CALENDA-TAJANI

Nelle stesse ore in cui l’Ue tenta il colpaccio su Whirlpool, cercando un accordo in grado di far cambiare idea agli americani, il ministro Calenda, promotore della crociata su Embraco, illustra i dettagli della sua creatura, il fondo anti delocalizzazioni, dal quale attingere le risorse con cui rendere conveniente rimanere in Italia e scoraggiare le imprese in odore di addio.  “Il Cipe”, ha spiegato Calenda in un’intervista ad Avvenire, “dovrebbe deliberare oggi con congrui finanziamenti, un fondo anti-delocalizzazioni che sarà gestito da Invitalia per consentire di prendere un’azienda in crisi, ristrutturarla e rivenderla sul mercato”. Di più. Lo stesso Calenda avrebbe sentito nei giorni scorsi al telefono Marc Bitzer, ceo di Whirlpool, il quale gli avrebbe assicurato un rilancio da parte di Embraco, per tentare un accordo all’ultimo.


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