Skip to main content

In queste elezioni i partiti giocano (poco) in Difesa

niger

La politica estera e quella della difesa sono spesso le grandi assenti nei dibattiti elettorali, che ai temi di high politics sono soliti invece anteporre quelli economici e di politica interna. Nonostante le recenti tribolazioni del quadrante mediorientale, le dimensioni crescenti del fenomeno migratorio e gli attacchi terroristici che hanno scosso l’Europa avrebbero dovuto suggerire l’opportunità di riportare la sicurezza e la difesa al centro del dibattito politico italiano, anche in questa campagna elettorale gran parte dei partiti, e degli elettori, sembra guardare altrove.

Tuttavia, è esercizio utile guardare ai programmi delle varie compagini che si candidano a guidare il Paese per capire come esse intendono garantire la sicurezza dell’Italia e la sua politica di difesa nel contesto internazionale. Una prima, frettolosa scorsa ai diversi programmi è sufficiente per capire che su tali temi i partiti italiani si dividono in maniera sostanziale, tra chi, come il centrodestra, traballa tra europeismi di ritorno e chiusura dei confini nazionali, e chi, come il centrosinistra, crede che sicurezza e difesa siano questioni da discutere in sede europea. Menzione a parte meritano Movimento 5 Stelle e LeU, che su difesa e sicurezza restano i due partiti più anti-sistema, fortemente critici rispetto alla linea perseguita dall’Italia nell’ultima legislatura e non a caso gli unici due partiti di tutto il Parlamento ad aver votato contro il cosiddetto “decreto missioni” che ha rinnovato la presenza dei nostri militari in scenari critici oltreconfine.

CENTRODESTRA, SPUNTA IL 2% SENZA DIRLO

“L’Europa è imprescindibile e speriamo che torni quella dei padri fondatori. Occorre che si rafforzi e che si dia una politica estera e della difesa comune, questo ci farebbe risparmiare miliardi di euro e farebbe diventare l’Europa una potenza mondiale in grado di contare sul tavolo dei grandi nel futuro del mondo”. Sembra una frase di Emmanuel Macron, ma invece è Silvio Berlusconi, che dopo aver a lungo strizzato l’occhio agli anti-europeisti di casa nostra, si è riscoperto euro-entusiasta nella sede del Ppe a Bruxelles. Convinto della centralità della Nato e del ruolo che ha sempre svolto per l’Europa dalla Guerra fredda in poi, Berlusconi sembra essere in profonda sintonia con quell’asse franco-tedesco deciso a dare nuovo vigore all’esperienza europea, soprattutto in tema di politica estera e di sicurezza comune. Coerente con quest’approccio multilaterale e internazionalista, il capitolo difesa del programma elettorale della coalizione di centrodestra, presentato lo scorso 18 gennaio, costituisce un assist importante non solo agli alleati europei, ma anche
a quelli posizionati sull’altra sponda dell’Atlantico, soprattutto quando si invoca “un adeguamento ai parametri medi occidentali degli stanziamenti per la difesa”. In pratica, l’obiettivo tanto agognato del 2% ma senza citare esplicitamente il numero tanto caro a Stati Uniti e Nato. Ad oggi, la spesa militare italiana, sebbene sia aumentata di circa il 20% negli ultimi dieci anni e ammonti al 1,4% del Pil, è ancora sotto a quella percentuale concordata al Summit del Galles 2014 dai membri dell’Alleanza atlantica e tanto auspicata dall’attuale Amministrazione americana. Se però il Cavaliere parla come un Macron al di qua delle Alpi, i suoi alleati sembrano più vicini alle posizioni della sua nemesi, Marine Le Pen.

Le parole del leader del Carroccio Matteo Salvini, a commento della recente entente tra Berlusconi e i leader del Ppe, sono molto più critiche nei confronti dell’Europa e sovraniste. “L’Italia non ha bisogno di garanti – ha spiegato Salvini – siamo una Repubblica libera e sovrana calpestata dagli interessi di Bruxelles e Berlino, quindi sono gli italiani a dover essere garantiti da questo”. Questa di divergenza di vedute si riflette anche nel contenuto del programma elettorale, dove l’obiettivo di “più sicurezza per tutti” passa non solo per una maggiore cooperazione in sede europea e internazionale, ma anche per la “ripresa del controllo dei confini” e del “rimpatrio di tutti i clandestini”.

PD E +EUROPA, TRA 2% E DENUCLEARIZZAZIONE

Il centrosinistra si conferma, anche su sicurezza e difesa, la coalizione più europeista nel panorama politico italiano. Per il Partito democratico, la spesa per la sicurezza si traduce anche in maggiori investimenti in “cultura, educazione e cittadinanza attiva”. Per questo, il Pd si impegna a far procedere di pari passo gli investimenti in cultura e sicurezza, “arrivando nell’arco di una legislatura al 2% del Pil” per entrambi. Due buone intenzioni faranno una politica? Questo però è l’impegno.

Gli alleati di +Europa insistono invece perché la cooperazione permanente in materia militare (Pesco), inaugurata alla fine dello scorso anno in sede di Consiglio Ue, sia rafforzata per giungere alla creazione di un vero e proprio esercito europeo, in modo da dotare l’Unione di forze armate proprie, addestrate ed equipaggiate per garantire massima prontezza operativa e capacità di proiezione. Bonino si schiera inoltre apertamente a favore della campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari. Nel programma si invoca la denuclearizzazione del continente europeo, che deve partire dal ritiro delle armi nucleari tattiche attualmente schierate in Belgio, Germania, Italia e Paesi Bassi. Nel lungo termine, il disarmo nucleare completo, dovrebbe coinvolgere anche il deterrente nucleare francese, l’unico nell’Unione dopo la Brexit.

MOVIMENTO 5 STELLE, RIDUZIONE E OTTIMIZZAZIONE DEI COSTI

Il programma in venti punti presentato da Luigi Di Maio non menziona la politica estera e di difesa. Per leggere le proposte del Movimento sul tema tocca andare indietro alle singole proposte emerse nell’ambito dei diversi focus promossi dai grillini. Stando quindi ai programmi settoriali si potrebbe desumere che il Movimento 5 stelle resti a tutti gli effetti su posizioni “anti-sistema”. Mentre si ricordano le diverse posizioni emerse quando il Parlamento si è espresso sull’Alleanza Atlantica (il gruppo grillino del Senato aveva una posizione ostile a differenza del gruppo alla Camera dove la posizione favorevole di Di Maio era risultata vincitrice), sulla difesa l’opposizione dei pentastellati è stata focalizzata soprattutto sui costi, considerati eccessivi. Se la partecipazione italiana allo sforzo della Comunità internazionale per la stabilizzazione dell’Afghanistan è stata in passato liquidata dal leader Di Maio come “insostenibile”, quella, approvata di recente, a sostegno delle truppe francesi in Niger è criticata perché, secondo il deputato Luca Frusone, si va a “presidiare il deserto”.

Il Movimento intende conseguentemente ridurre e ottimizzare i costi del ministero della Difesa, favorendo quanto previsto dalla legge 244/12 in merito alla ripartizione delle risorse economiche disponibili: 50% per il personale, 25% per gli armamenti e 25% per la gestione ordinaria del dicastero. Allo stesso modo, il programma prevede una revisione del rapporto tra comandanti (generali e colonnelli) e comandati (alti ufficiali, sottoufficiali e truppe) e la valorizzazione del patrimonio della Difesa, attraverso iniziative di democrazia partecipata. Inoltre, per far fronte alla trasformazione delle minacce legate alla sicurezza del nostro Paese, i grillini promettono di spostare in settori come cyber-security e reti di intelligence, parte degli investimenti pubblici destinati ai programmi di armamento più tradizionale. Per quanto concerne il fenomeno migratorio, il Movimento intende puntare sulle cause profonde che portano i migranti a lasciare i Paesi d’origine. In questo senso, le misure spaziano dall’embargo nella vendita delle armi ai Paesi interessati da guerre civili, a una “vera cooperazione internazionale e di sviluppo nei Paesi di origine”. Come +Europa, anche i Pentastellati ritengono necessaria la revisione del Regolamento di Dublino, per promuovere una divisione più equa tra i paesi Ue del carico dei flussi migratori, attraverso l’introduzione di un meccanismo automatico e obbligatorio di distribuzione dei richiedenti asilo.

LIBERI E UGUALI, PACE E DISARMO

Insieme al Movimento 5 Stelle, Leu è la lista che si è più distinta per una critica ferma alle politiche del governo Gentiloni. “Pace e disarmo”, è questo il titolo scelto dalla compagine elettorale che raccoglie Movimento democratico progressista, Sinistra italiana e Possibile per la sezione del programma dedicata a sicurezza e difesa. Con queste premesse, non è difficile intuire come la lista guidata da Piero Grasso sia contraria a qualunque approccio securitario alla politica internazionale. Di fronte a quella che nel programma viene definita “la terza guerra mondiale diffusa”, alimentata dalla massa di profughi che fuggono dai Paesi di origine e dall’espansione del terrorismo internazionale, “occorre riaffermare pienamente – come si legge nel programma – il principio costituzionale del ripudio della guerra, rafforzare le politiche di cooperazione e solidarietà internazionale e rifiutare l’interventismo militare al servizio di una logica di guerra”. Per Leu la riduzione delle spese militari “non è rinviabile”, come non è più procrastinabile la piena osservanza, da parte dell’industria italiana degli armamenti, delle “norme internazionali ed europee sulle limitazioni all’export bellico”, con particolare riferimento all’esportazione di armi verso l’Arabia Saudita, attualmente impegnata nella guerra in Yemen. Infine, il programma di Liberi e Uguali è tra quelli, insieme con la formazione di Emma Bonino, che menzionano il tema del nucleare, dichiarando che l’Italia deve “impegnarsi a sottoscrivere e promuovere il Trattato per la proibizione delle armi nucleari”.



×

Iscriviti alla newsletter