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La linea politica strategica di Xi Jinping

Xi Jinping

Sulla base del lungo e attento discorso dell’ultimo Capodanno scorso del presidente cinese Xi Jinping, è utile oggi identificare il tracciato della sua linea politica e della trama concettuale della sua azione di statista. Da quel che leggiamo oggi sui più diffusi mass-media occidentali, la linea di Xi si riduce o a una semplice e meccanicista “concentrazione del potere” nelle mani del presidente o, peggio, alla scoperta di un “nuovo autoritarismo” cinese, condito dalla solita e banale richiesta di una qualche “apertura” da parte delle strutture del partito e dello Stato cinesi.

Solo i più completi incompetenti (e ce ne sono ancora tantissimi) ritengono, infatti, che i regimi comunisti siano stati o siano ancora totalmente monolitici. Chi lo pensa, anche riguardo alla Cina contemporanea, dovrebbe leggersi, ancor oggi, quel piccolo capolavoro che fu il volume su “I gruppi di pressione in Urss”, edito da Laterza nel 1977, un testo che era stato scritto, in Urss, da quello straordinario ambasciatore italiano che fu Silvio Fagiolo. Nel caso quindi di Xi Jinping, gli ultimi cinque anni hanno visto, nei media cinesi, l’apparire del “pensiero di Xi Jinping” e del “pensiero sulla costruzione del Partito” sempre attribuito a Xi, oltre al formulario riguardante il “pensiero di Xi Jinping sugli affari esteri”.

Si possono notare anche alcune citazioni sparse sul “pensiero militare di Xi”, ormai diffuse periodicamente in molti quotidiani cinesi. Dal 2013 ha fatto, inoltre, la sua apparizione l’espressione “lo spirito della serie di discorsi importanti del compagno Xi Jinping”, interventi raccolti nel testo intitolato “il governo della Cina”, che è stato pubblicato per la prima volta nel settembre 2014. Ma quali sono allora i discorsi significativi, sul piano pratico e teorico, del Presidente Xi? Nel Febbraio 2017, per esempio, il leader cinese ha formulato “linee nuove, nuovi concetti, nuove strategie che riguardano la politica interna ma, soprattutto la politica estera, le questioni militari e le forze armate”.

Se i suoi predecessori parlavano di economia e di sviluppo delle forze produttive in relazione ai bisogni delle masse, Xi pensa soprattutto all’espansione economica del Suo Paese in relazione alla politica estera e alle questioni militari. È questo un passaggio estremamente importante.

Mentre, lo ripetiamo, la tradizione dei Pensieri dei predecessori di Xi, a parte alcune osservazioni di Mao, riguarda essenzialmente lo sviluppo economico e il benessere delle masse, con Xi Jinping il focus della “linea del Partito” si concentra spesso sulla politica estera e sulla strategia globale. Che diviene quindi un modo per realizzare la potenza anche economica interna della Cina attuale. La linea del Presidente, peraltro, riguarda sempre più spesso “l’approfondimento comprensivo delle riforme”, ovvero l’unione tra politica interna ed estera e l’eredità delle riforme, da Deng a Xi, riforme oggi brandite dal Presidente contro gli interessi della burocrazia del Partito e dello Stato.

Se c’è quindi un aspetto che unisce la linea, oggi, di Xi Jinping con quella di Mao Zedong, è proprio la volontà di andare contro alcuni fortissimi interessi della gerarchia del Partito, ieri con l’eredità del modello sovietico e lo scontro tra Pcc e Mao dopo il fallimento del “grande balzo in avanti”; oggi con la lotta tra il gruppo di Xi e la vasta rete della corruzione. Sempre per il presidente Xi, oggi la Cina si apre a una nuova era e a una nuova “opportunità strategica” che, maturata proprio dopo il 19° Congresso del Pcc, diviene la nazione leader dei Paesi già detti “terzi” e, simultaneamente, quella maggiore tra le sviluppate. Sempre per il presidente, la trasformazione futura della Cina si articola in alcuni settori-chiave.

Il primo è la profonda riforma del Pcc. Per realizzarla, sempre secondo la Linea di Xi, occorre in primo luogo rafforzare la disciplina interna del partito, non solo per quanto riguarda la lotta alla corruzione, ma anche nel proporre come modello universale la vita austera e priva di lussi dello stesso Xi Jinping. La ricostruzione del partito è allora essenziale per capire il pensiero del presidente, che si basa proprio sulla riforma interna del Pcc.

Altro elemento da non trascurare è quella che Xi definisce spesso “la nuova contraddizione”. Secondo il presidente, infatti, la contraddizione storica che caratterizza la società cinese si è oggi evoluta e trasformata. È, questa contraddizione nuova, quella tra lo sviluppo lento e ineguale delle risorse e i bisogni sempre maggiori delle masse per una “vita migliore”. Non quindi forze produttive e rapporti di produzione, in un vecchio modello marxista che presuppone sempre una crisi capitalistica di sovrapproduzione, come in Occidente; ma una contraddizione tipicamente cinese tra sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di produzione rispetto alle attuali necessità del popolo. Da ciò Xi deriva la sua lotta, da sempre molto esplicita in saggi, discorsi e azioni, per l’eradicazione della povertà in Cina e la costruzione di molte infrastrutture, nelle campagne soprattutto, per eliminare definitivamente la povertà e per permettere la soluzione “cinese” di una antica contraddizione che serpeggia sempre nella teoria marxista, quella tra città e campagna.

È da questo punto di vista che Xi Jinping valuta la questione ecologica, con una campagna di cleaning ambientale che ricalca i modelli adottati nelle sue campagne contro la corruzione. Sulla questione del controllo del partito da parte del presidente, Xi vuole continuare a controllare l’economia, quella pubblica che sostiene la struttura politica monopartitica, con investimenti strutturali nelle grandi reti di trasporto e nelle industrie pesanti. Non si tratta del ritorno i miti staliniani dell’industria di base, ma il problema di Xi Jinping è che l’economia pubblica è, in linea di massima, più efficiente di quella, caoticamente sviluppatasi in breve tempo, in mano ai privati. Xi entrerà, quindi, in buona parte dei migliori business generati dai privati negli ultimi dieci anni; e sarà su questi settori moderni, proprio da new economy, che il partito riformato da Xi giustificherà la sua nuova egemonia sociale e politica. Li assorbirà e li renderà strumenti di coesione politica e sociale.

Da questo punto di vista, la Cina di Xi sarà sempre più assertiva, aggressiva e talvolta cinica operatrice sui mercati mondiali e nel confronto con le altre Potenze. Xi Jinping vuole oggi soprattutto la supremazia cinese in Asia e, successivamente, nello Hearthland eurasiatico, fino ad arrivare ad un confronto paritario con gli Usa nei vecchi quadranti strategici e asimmetrico, ma sempre con gli Usa, nei nuovi, futuri, scacchieri strategici: Artico, Sud-Est asiatico, Pacifico Meridionale, Antartico. Peraltro, il pensiero di Xi Jinping ha avuto inizialmente qualche difficoltà imprevista ad arrivare, come modello teorico, al centro del dibattito cinese, dentro e fuori il Pcc. La contraddizione, abilmente gestita da Deng Xiaoping in poi nella Cina comunista, tra Stato e Mercato, in cui entrambi sono essenziali per l’egemonia unica del PCC e del suo leader, riguarda, sempre per Xi Jinping, la simultanea tenuta della “linea di massa” (quella che presupponeva con Mao lo slogan “servire il popolo”) e il “rafforzamento della trasformazione dello Stato”.

Ed è qui che Xi ripropone la sua teoria, già chiara nel 2007, dei “Quattro Grandi”. Xi, poi, ricorda di “lottare contro gli errori sovversivi” in economia e in politica. Non sarà mai accettata dal presidente Xi Jinping la debolezza del Partito o la sua trasformazione in un elemento secondario per la formazione dello Stato cinese. Non è facile però immaginare come tutto questo si materializzerà nella concreta prassi politica e economica cinese, ma è comunque chiaro che il pensiero di Xi è la formulazione in cui, oggi, la Cina pensa di superare la sua fisionomia tradizionale, sia essa marxista-leninista che nata da una turbinosa e spesso corrotta economia di mercato.

La nuova sintesi tra queste due funzioni, che Xi non legge più come elementi di debolezza o delle semplici contraddizioni interne, sarà quella in cui si delinea il passaggio da una Cina che si eleva al livello delle altre potenze mondiali ad una Cina che realizza da sola una nuova egemonia globale.

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