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Perché non concordo con M5S sul microcredito alle imprese

Il Movimento 5 Stelle afferma di aver finanziato circa 7mila imprese attraverso il microcredito. È proprio così?

Cominciamo con il ricordare che la normativa per il microcredito è stata scritta quando il M5S non esisteva ovvero tra il 2010 e il 2012 con l’art. 111 Tub e il dl 201/2011. Il così costituito fondo per le Pmi garantisce molteplici forme di finanziamento, tra cui il microcredito, e ciò avviene con tutte le risorse disponibili, ammontanti a quasi un miliardo di euro. Sotto il profilo della procedura ordinaria per l’erogazione delle risorse, essa prevede che le banche che vogliono finanziare un’impresa richiedano l’intervento del Fondo per le Pmi che garantirà il finanziamento fino all’80% dell’importo auspicato.

Nell’ambito di tale generale fondo per le Pmi esiste, come si diceva, anche una sezione dedicata al microcredito, dove vengono allocati circa 30 milioni di euro, che il Mefreintegra ogni anno, per consentire alle imprese di prenotare direttamente la propria garanzia al Fondo. In tal caso, la procedura non viene avviata dall’istituto di credito ma dall’impresa stessa, che dovrà portare il voucher di prenotazione alla banca, la quale dovrà confermare la garanzia al Fondo entro 5 gg dall’emissione e successivamente deliberare il credito entro 60 gg dalla conferma. È in quest’ultimo specifico contenitore che confluiscono i fondi del M5S, i quali si sommano a quelli previsti dal Mef. Tale particolare sezione, che viene definita a “garanzia diretta” poiché l’impresa ne può fare richiesta direttamente, non viene nella pratica quasi mai utilizzata a causa dell’eccessiva complessitá procedimentale per la gestione di questa forma di garanzia, cosicché i 30 milioni di dotazione ordinaria del Mef sono sempre stati più che sufficienti a rispondere alle esigenze del mercato.

Dunque, in sintesi, si deve tener ben presente che i benefici derivanti alle migliaia di imprese di cui parla il Movimento 5 Stelle dipendono dal fondo per le Pmi, finanziato dallo Stato e che viene attivato principalmente attraverso gli istituti bancari. Le operazioni di microcredito attingono, piuttosto, solo a una sezione di tale fondo, le cui dimensioni sono assai limitate a causa – come detto – della complessità procedurale che caratterizza le domande proposte direttamente dalle imprese. Solo in quest’utlima specifica sezione finiscono i soldi dei bonifici non revocati dei parlamentari 5 Stelle, benché l’apporto fisiologicamente assicurato alla stessa dal ministero dell’Economia e delle Finanze sia di per sé sufficiente.

Pertanto, quando il M5S sostiene che grazie ai loro contributi non revocati si finanziano migliaia e migliaia di microimprese, si “confonde” rispetto a questo ordine di grandezza con i finanziamenti erogati invece dal fondo per le Pmi tramite le banche e alimentato da risorse pubbliche. Purtroppo, anche a chi predica trasparenza da mane a sera capita di confondersi.

 

 

 

 

 

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