A un anno esatto dall’avvio dell’indagine sul mercato del riciclo, sono stati presentati in questi giorni, dalla “Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti”, i risultati, contenuti in un corposo documento che fotografa le attività in essere di questo comparto così cruciale, in un momento in cui in Europa stanno per essere emanate regole che avranno un impatto non secondario sullo sviluppo dell’economia dei Paesi Ue. Il documento prodotto dalla Commissione costituirà un’importante base conoscitiva per i futuri legislatori che saranno chiamati a legiferare sulla materia, anche in vista del recepimento, nell’ordinamento nazionale, delle direttive europee contenute nel cosiddetto “Pacchetto sull’Economia circolare”, in corso di approvazione a Bruxelles, dopo l’accordo raggiunto lo scorso dicembre tra Consiglio, Parlamento e Commissione.
Oggetto dell’inchiesta, il mercato del riciclo dei rifiuti e l’attività dei consorzi che si occupano della loro gestione. “Per comprendere le dinamiche di tale mercato – si legge nel documento – le attività della Commissione si sono dunque concentrate sui soggetti più importanti che in esso agiscono, ovvero i sistemi collettivi di gestione dei rifiuti. L’attenzione è stata rivolta principalmente ai modelli di gestione delle principali filiere di rifiuti ispirate al principio della responsabilità estesa del produttore”. I consorzi presi in esame sono quelli degli imballaggi (il Conai e i sei consorzi di filiera: acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro), dei Raee (Rifiuti da apparecchiature elettriche e elettroniche), degli pneumatici, degli olii minerali e degli olii vegetali.
La corretta gestione dei rifiuti è l’obiettivo dell’indagine. La responsabilità dei soggetti coinvolti nella produzione e nella gestione dei rifiuti (“la responsabilità estesa del produttore” o , come è scritto nelle direttive, “Extended Producer Responsability-Epr”) è la condizione che impone l’onere economico e materiale dei produttori di farsi carico della fase di “fine vita” dei prodotti immessi sul mercato, vale a dire fino alla fase in cui esso diventa rifiuto.
Senza entrare troppo in tecnicismi per soli addetti ai lavori, la volontà del legislatore europeo e nazionale è quella di ridurre la produzione di rifiuti, “attraverso un meccanismo disincentivante fondato sull’estensione della responsabilità che porta il produttore a pensare fin dall’origine e a sopportare in seguito i costi futuri determinati dal prodotto che immette in commercio”. Per questo l’Ocse ha definito la responsabilità estesa del produttore come “una strategia per la protezione dell’ambiente”. Il principio è sempre lo stesso: “chi inquina paga” e quindi ridurre al minimo l’impatto dei prodotti sull’ambiente. Quindi la responsabilità “ambientale” del produttore è estesa anche alla fase di post-consumo, all’intero ciclo di vita del prodotto, in particolare al ritiro, riciclo e smaltimento.
L’attuazione dell’Epr assicura il maggior successo del recupero di materia dai rifiuti e risulta essere centrale anche nell’evoluzione della circular economy, che costituisce l’obiettivo di lunga durata delle politiche europee sul risparmio delle risorse naturali. Gli strumenti di attuazione dell’economia circolare per quanto riguarda il mercato del riciclo dei rifiuti si concretizzano nella proposta di modifica della “Direttiva quadro sui rifiuti” e della “Direttiva sugli imballaggi”.
Per quanto riguarda l’Italia, stiamo parlando di oltre 10mila aziende impegnate a riciclare i rifiuti raccolti in maniera differenziata, con un fatturato che supera i 23 miliardi di euro, l’1% del Pil nazionale.