La proroga dei vertici dei Servizi segreti chiesta dal governo e avallata dal Copasir, il Comitato parlamentare di controllo, ha il pregio della continuità di gestione di un comparto delicato in una fase in cui si attua il massimo sforzo per garantire la sicurezza, ma ha evidenziato forti contrasti politici tra i partiti e dentro gli stessi fotografando la tensione da ultimi giorni di campagna elettorale. Il compromesso raggiunto, come Formiche.net ha già scritto con Veronica Sansonetti, prevede che la proroga di un anno sarà deliberata dal Consiglio dei ministri dopo il voto del 4 marzo per evitare “vuoti” prima che il prossimo governo sia nella pienezza dei poteri: il nuovo presidente del Consiglio potrà nominare i vertici in qualunque momento. Ricordiamo che la legge del 2007 sull’intelligence prevede che il mandato abbia una durata massima di quattro anni rinnovabile una sola volta.
La proroga riguarda il direttore del Dis, prefetto Alessandro Pansa, e i direttori dell’Aise, Alberto Manenti, e dell’Aisi, prefetto Mario Parente. La necessità di garantire continuità in previsione di uno stallo politico post-elettorale riguarda prima di tutto Manenti, che in aprile avrebbe concluso il quadriennio cominciato nel 2014. Pansa e Parente, invece, furono nominati per un biennio nell’aprile 2016, ma il direttore del Dis assunse l’incarico il 19 maggio e quello dell’Aisi il 16 giugno. L’elemento critico in più sta nel fatto che Manenti e Pansa saranno in età da pensione alla scadenza dell’attuale incarico e dunque non potrebbero essere rinnovati né prorogati. Ciò ha contribuito ad acuire i contrasti e il delicato equilibrio raggiunto nasconde solo in parte le spaccature.
I voti contrari nel Copasir sono stati due: Felice Casson (Pd) e Angelo Tofalo (M5S). Quest’ultimo, in evidente contrasto con il compagno di partito e membro del Copasir Vito Crimi nonostante entrambi siano in eccellenti rapporti con Luigi Di Maio, ha parlato di “blitz volgare e antidemocratico” invocando l’intervento del presidente della Repubblica. Al di là del voto favorevole nel Comitato, ancora più “sensibile” politicamente è quanto accaduto nel Pd dove non è chiaro fino a che punto il segretario Matteo Renzi abbia sostenuto la mossa di Paolo Gentiloni e di Marco Minniti, originariamente propensi addirittura a una proroga di due anni e poi convenuti all’accordo definitivo. Allo stesso modo e a prescindere dal voto finale, anche dentro Forza Italia non tutti hanno condiviso l’accordo sulla proroga stretto da Gianni Letta.
Nel caos elettorale e in attesa del Consiglio dei ministri che procederà a quanto deciso, sta passando sotto silenzio un’altra scadenza importante: anche il capo della Polizia, Franco Gabrielli, fu nominato nell’aprile 2016 per due anni e dunque il suo mandato scadrà quando, forse, non ci sarà un governo nella pienezza dei poteri. La verità è che stanno venendo al pettine i nodi facilmente prevedibili, e sui quali inutilmente è stata attirata l’attenzione in passato, a causa del mandato solo biennale deciso nel 2016 dal governo Renzi per Pansa, Parente e Gabrielli. La continuità di gestione, che chi è in prima linea vorrebbe a tutti i costi, in un periodo gravido di pericoli e nel quale la prevenzione antiterrorismo è massima potrebbe indurre le forze politiche a una proroga, se non a un rinnovo del mandato, anche per Gabrielli.