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Perché voterò Potere al popolo. Parla Cesare Salvi

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“Ho aderito a Potere al popolo perché c’è un problema di partecipazione dei giovani alla politica. Loro invece hanno deciso di scendere in campo, per questo li vedo con molta simpatia e li voterò. Mi piacerebbe vederli nel prossimo Parlamento”. Cesare Salvi è uno dei personaggi pubblici che ha firmato a sostegno della lista Potere al popolo – il movimento nato nel centro sociale napoletano Je so’ pazzo – senza però candidarsi. L’ex ministro del Lavoro nei governi D’Alema e Amato (1999-2001) ed ex senatore, protagonista di quella che un tempo era la corrente socialdemocratica dei Ds, non fa più politica: dopo la mancata elezione nel 2008 nella lista Arcobaleno, è tornato a insegnare: Diritto civile della globalizzazione a Roma Tre e Teoria generale del diritto alla Link University. “L’unione tra ex Pci e la sinistra Dc non mi ha mai convinto e per questo non entrai nel Pd, ero sicuro che i nostri valori si sarebbero dispersi e infatti così è stato”, spiega l’ex parlamentare.

Salvi, siamo a pochi giorni dal voto, che ne pensa della campagna elettorale che sta per finire?   

Il problema in queste elezioni non è chi riuscirà a ottenere la maggioranza per governare, ma è la mancanza di proposte politiche credibili da una parte e dall’altra, come si è evidenziato in queste settimane. Registro poi una tendenza verso destra dell’elettorato europeo e anche italiano. Infine la presenza di una legge elettorale anomala, di cui non si capisce il motivo, se non una sorta di eterogenesi dei fini.

Chi vincerà?

L’ipotesi di larghe intese tra Pd e Fi non credo abbia i numeri e danneggerebbe entrambi i partiti. O vince il centrodestra oppure si dovrà andare a una sorta di intese molto ampie che coinvolgeranno un vasto numero di forze e dovranno includere anche i 5 Stelle. L’ipotesi che tenderei a escludere è, in caso di stallo, un ritorno al voto in tempi brevi. I partiti, alla fine, troveranno un accordo.

Cosa pensa di Renzi e dei suoi ex compagni di strada?

Renzi all’inizio l’ho seguito con fiducia. Poi ha preso una strada troppo liberista, inseguendo la destra, basti vedere come ha smantellato i diritti dei lavoratori. Con l’errore madornale di aver fatto una pessima riforma della Costituzione che per fortuna gli italiani hanno bocciato. Ma se il Pd avrà un tracollo non sarà un fatto positivo. Però a quel punto la sinistra andrà ricostruita.

Bersani, D’Alema & C hanno fatto bene ad andarsene?

Uscire da un partito è facile, il difficile viene dopo, quando bisogna costruire un progetto politico. Potendolo fare, è sempre meglio condurre la battaglia da dentro. Anche perché finora da questa scissione non è nato un partito o un progetto politico chiaro. All’interno di LeU ci sono due anime diverse che potrebbero tornare a dividersi. L’investitura di Grasso mi ha sorpreso nei modi, senza un minimo di dibattito interno, dettata dalla volontà di avere a tutti i costi “un papa straniero”, come un tempo fu scelto Prodi, con eccessiva personalizzazione della politica.

Pensa che i 5 Stelle siano pronti a varcare la soglia di Palazzo Chigi?

Credo che, dopo una prima fase di protesta e contestazione, i 5 Stelle siano pronti per prendersi le loro responsabilità ed entrare in un’ottica governativa. Nessuno può mettere verso di loro una conventio ad excludendum, specialmente a sinistra, dove i punti in comune non mancano. Se Di Maio prenderà molti voti, non si potrà far finta di niente.

Questa campagna elettorale ha visto tra i protagonisti Casa Pound e Forza Nuova. La preoccupa un ritorno dell’estrema destra?  

Il problema della destra di oggi non è più quello della svolta autoritaria, ma dell’affermazione di posizioni sovraniste che ci allontanerebbero dall’Europa. L’Ue ha molte cose che non vanno e va rivista, ma non partendo dalle posizioni sovraniste e anti europeiste della Lega.

A 24 anni dalla discesa in campo e a 81 anni, Berlusconi è ancora protagonista della scena e darà le carte in queste elezioni. Com’è possibile?

La responsabilità principale è della sinistra che non è mai riuscita a prenderne le distanze. Lui ha sicuramente un’abilità politica straordinaria, soprattutto nel farsi apprezzare a livello europeo: nel 2011 era considerato una mina vagante e ora passa per saggio statista. Ma va anche ricordato che chi l’ha resuscitato politicamente è stato proprio Renzi con il patto del Nazareno.

A volte D’Alema sembra imputare a Renzi quello che aveva iniziato a fare lui, ovvero dialogare con il centrodestra…

D’Alema è sempre stato dell’idea di costituzionalizzare Berlusconi e Forza Italia, li ha voluti sempre includere nel dibattito sulle riforme. In effetti poi l’ha fatto Renzi, spingendo così D’Alema di nuovo verso sinistra. Il problema oggi della sinistra è la mancanza di classe dirigente: non si vedono energie in campo, personalità, politiche innovative. E le schermaglie tra Renzi, D’Alema e Prodi stanno lì a dimostrarlo.

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