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Così a Washington si discute su come proteggerci dalle interferenze russe

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L’Atlantic Council di Washington DC ha lanciato il report “Democratic Defense Against Disinformation”, dedicato alla individuazione e all’applicazione di strumenti di contrasto alle campagne di disinformazione perpetrate sui social media da organizzazioni internazionali ed attori interessati a destabilizzare i processi democratici in Occidente. Il lavoro è stato realizzato dall’Ambasciatore Daniel Fried, Distinguished Fellow alla Future Europe Initiative dell’Atlantic Council, e da Alina Polyacova, David M. Rubenstein Fellow al Brookings Institution.

Il report è stato presentato nel corso di un interessante dibattito tra esperti ed attori impegnati nel mondo dei social media che hanno contribuito al confronto su un tema di forte attualità, sempre più sentito in corrispondenza di grandi eventi democratici, come le campagne elettorali e le elezioni. Insieme agli autori, hanno preso parte alla discussione Corina Rebegea, direttore della US-Romania Initiative e Fellow-in-Residence del Center for European Policy Analysis, e David O’Sullivan, Ambasciatore dell’UE presso gli Stati Uniti.

Con la moderazione di Jim Fry di Polygraph.info si è puntata l’attenzione prima di tutto su quello che è stato definito “The Russian Factor”, vale a dire l’incidenza destabilizzante esercitata da Mosca a scopi prettamente geopolitici e la relativa efficacia delle contromisure da adottare rispetto al fenomeno. Sul punto, senza troppi giri di parole, l’Amb. Fried ha dichiarato: “I russi e gli altri attori attivi nei processi di disinformazione miglioreranno costantemente le loro tattiche. Le nostre contromisure quindi non possono essere statiche e vanno puntualmente implementate”.

Il gradiente di resistenza e di resilienza agli attacchi è stato al centro della discussione sia con riferimento agli strumenti di contrasto delle interferenze negli Stati Uniti sia con riferimento allo stato dell’arte nei Paesi europei, sempre più spesso destinatari di offensive da parte delle “troll factories” e di quanti siano interessati a condizionare l’opinione pubblica.

Grande importanza è stata riconosciuta anche ai processi di informazione e formazione indirizzati ai friutori di internet e dei social network, al fine di aumentare i livelli di consapevolezza circa i rischi presenti in rete. Sul punto nel report si legge: “Il governo degli Stati Uniti dovrebbe monitorare attivamente le narrative propagandistiche straniere e informare il pubblico sul loro contenuto”. Come suggerito da Alina Polyacova e confermato dall’Amb. David O’Sullivan, che si è fatto interlocutore per l’esperienza europea, l’idea di coinvolgere sia gli attori pubblici che quelli privati (a partire dai fornitori dei servizi internet) dovrebbe essere applicata in tutte le democrazie affinchè vi possa essere un sistema di controllo e di filtro rispetto ai tentativi – mirati o generalizzati – di inquinare i social network e i siti d’informazione online.

A differenza del report di grande successo “The Kremlin’s Trojan Horses”, presentato pochi mesi fa dal think tank, il nuovo lavoro si sofferma in maniera peculiare sullo studio delle strategie da adottare per arginare le interferenze esterne e – possibilmente – individuare e bloccare gli attori interessati a creare caos nell’opinione pubblica.

Nel corso di tutta la discussione è emersa costantemente la percezione della pericolosità e della pervasività proprie della minaccia russa. I riferimenti non troppo velati al Cremlino hanno messo in evidenza un disegno tacito dietro il quale la propaganda e la disinformazione divengono strumenti innovativi per indebolire le democrazie occidentali. Interrogata sul punto, Alina Polyacova ha affermato: “Non dobbiamo pensare che l’utilizzo degli strumenti cyber renda le interferenze russe un fenomeno senza precedenti. In realtà Mosca cerca da sempre di condizionare le democrazie occidentali. L’Unione Sovietica, ad esempio, spendava molte più risorse di quanto faccia la Russia oggi per creare divisioni e contrapposizioni negli Stati Uniti e fra i loro alleati. Ciò che cambia è il terreno di combattimento e per questo motivo è nostro dovere aggiornare le nostre contromisure per mantenere sempre alto il livello di risposta”.

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