Berlusconi è uscito semi-sconfitto dalle elezioni, e si prepara a fare da traino al governo Salvini-Di Maio. Questa la lettura della giornata di ieri di Enrico Borghi, neoeletto nelle file del Pd, che è servita per chiarire il percorso istituzionale che porterà all’elezione dei presidenti di Camera e Senato. Il centrodestra, unito, ha confermato la volontà di tenere per sé la presidenza del Senato e di accordare invece ai 5 stelle, uscito come primo partito dalle elezioni del 4 marzo, la presidenza della Camera. Secondo Borghi, che era presente all’evento Menabò di Formiche in cui si è tracciato il futuro economico e politico dell’Italia, l’accordo prelude a un’alleanza di governo tra 5 stelle e centrodestra, che tuttavia si preannuncia fragile e soggetta a inevitabili inversioni di marcia. Il Partito Democratico, dal canto suo, non può far altro che attrezzarsi per esercitare un’opposizione responsabile, senza preclusioni sul merito, e nell’interesse generale del Paese.
Come commenta l’intesa raggiunta dal vertice di oggi a Palazzo Grazioli, secondo lei prelude ad un accordo sul governo tra centrodestra e 5 stelle?
Tutto secondo copione. Mi pare che la strada sia piuttosto tracciata. Nel senso che ci sono due vincitori, Salvini e Di Maio, c’è uno sconfitto che è il Partito Democratico, a cui spetta l’opposizione, e c’è un mezzo sconfitto che è Berlusconi, che non può far altro che accontentarsi di fare da traino al vero leader del centrodestra che in questo momento è Salvini.
Per il Pd si apre quindi la stagione dell’opposizione responsabile?
L’opposizione è per definizione responsabile, non credo possa essere aggettivata in un altro modo. Il Pd è una forza di governo temporaneamente all’opposizione. Devo dire che dal mio punto di vista l’opposizione ci può servire perché abbiamo bisogno di ridefinire la nostra antropologia progressista di fronte agli scenari che il voto ha fatto emergere e abbiamo bisogno di lavoro, pazienza, umiltà e pensiero. Sono queste le caratteristiche con le quali dall’opposizione il PD può prepararsi per quando la spinta congiunta dei populismi mostrerà inevitabilmente la propria incapacità di governo.
È possibile immaginare comunque una partecipazione del Pd all’attività del governo su qualche tema specifico?
Dipenderà dalle proposte naturalmente, noi sul piano parlamentare ci riserviamo di poter ragionare sui temi che fanno parte delle nostre caratteristiche e delle nostre proposte. Su singoli punti specifici è certamente possibile. Per esempio sul riassetto degli enti locali e del ruolo delle autonomie locali, dove c’è una certa sensibilità della Lega su questo aspetto e noi come Pd abbiamo le nostre opinioni. In generale, sui temi strettamente legati all’assetto delle istituzioni, che sono di tutti, lavoreremo nel merito. Non ci sono preclusioni quando si tratta di scrivere le regole che valgono per tutti. Quando invece ci proporranno di sfondare il deficit, aumentare il debito o di chiedere di ritirare la Nato dalla Lituania diremo di no.
È d’accordo con il suo collega di partito, il senatore Margiotta, che a Formiche.net ha sottolineato l’assoluta inconciliabilità tra i programmi di centrodestra e 5 stelle?
In questo momento sono assolutamente inconciliabili. Basterà attendere la presentazione delle proposte sul Def e avremo inevitabilmente una scrematura che confermerà le differenze. Dopodiché, penso che assisteremo a numerosi inversioni a U nel corso dei prossimi mesi rispetto ai toni e contenuti della campagna elettorale da parte dei populisti, li aspettiamo a Filippi.