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Cosa dovremmo negoziare con Macron e Merkel

Macron e Merkel, incontratisi nei giorni scorsi a Parigi, hanno concordato di riprendere il percorso d’integrazione europea, cercando intanto di completare quella economico-monetaria.

Come intendono farlo lo sapremo a fine giugno, stando alle indicazioni che hanno fornito. Sarebbe importante, lo abbiamo già detto ma riteniamo utile ribadirlo con forza adesso che si sta profilando una difficile trattativa per la definizione di un governo in Italia, non essere esclusi dal dialogo sul testo che Macron e Merkel concorderanno. Sarebbe importante partecipare alla definizione dei tratti fondamentali di quell’ipotesi di riforma, per non trovarci poi nella difficile situazione di doverlo accettare o rigettare, con scarsi margini di emendamento una volta che il compromesso franco-tedesco verrà partorito.

Abbiamo interessi strategici per entrare nelle trattative. Il nostro debito pubblico, le scarse performance in termini di produzione, investimenti, consumi (alla faccia di tutte le retoriche istituzionali) segnalano un paese in difficoltà strutturale. Che non riesce a ripartire; o che comunque lo fa a ritmi decisamente inferiori rispetto agli altri. Ed abbiamo già visto da vari documenti che l’asse franco-tedesco si incammina verso un compromesso schizofrenico fra rigore e solidarietà, fra discrezionalità e regole, ancora con tentazioni intergovernative (e quindi totalmente inefficace in termini di promozione della crescita) nella gestione della governance economica e politica europea.

Naturalmente, partecipare alla definizione di un compromesso ha un costo. L’alternativa è uscire (difficile, complicata e comunque costosa) o pagare il costo (elevato) di accordi che saremo comunque chiamati poi ad accettare.

Provo qui di seguito a tratteggiare un’ipotesi di posizione negoziale per l’Italia nei prossimi mesi sui temi economici:

  1. riproporre nei negoziati sull’Unione bancaria, oltre al Single Supervisory Mechanism ed al Single Resolution Mechanism, lo European Deposit Insurance Scheme, un sistema comune di assicurazione dei depositi, soprattutto per dare il segnale che la UE si fa carico di indennizzare i risparmiatori in caso di fallimenti bancari (nell’ottica di riportare i cittadini al centro del ruolo dell’Unione Europea). È una partita improbabile, perché già depennata dai negoziati, ma può servire come clausola da porre sul tavolo per negoziare altro.
  2. trasformazione dello European Stability Mechanism in European Monetary Fund come backstop dell’Unione bancaria e come booster per il piano d’investimenti europei sulle modalità del Piano Juncker. Tutte funzioni già previste dal documento della Commissione e ‘facilmente’ ottenibili. Allo stesso tempo, rifiuto assoluto dell’opzione intergovernativa, che lo renderebbe di fatto inutilizzabile. Sarebbe opportuno prevedere un Ministro del Tesoro Europeo, che sia anche Vice-Presidente della Commissione e Presidente dell’Eurogruppo, come indicato dalla Commissione stessa nel documento del dicembre scorso, ma le sue probabilità di successo dipenderanno anche da come procederanno i negoziati sull’integrazione differenziata.
  3. negoziare un aumento del bilancio UE nelle discussioni sul Multiannual Financial Framework in relazione all’aumento delle competenze (almeno su migrazione e politica di sicurezza e difesa). Un’operazione politicamente complicata, che necessita come minimo di un accordo franco-tedesco, ma che deve essere accompagnata da un ampio consenso di altri paesi. Vediamo cosa indicherà il Piano della Commissione previsto per il prossimo maggio.
  4. accettare di inserire il Fiscal Compact nella legislazione europea (in costituzione ce l’abbiamo già, quindi qualsiasi discussione su questo punto è pura fantasia) a condizione che siano realizzati: il rilancio della crescita a livello europeo con risorse proprie (si veda il timido Rapporto Monti, che fornisce però qualche indicazione utile sulla direzione da prendere) e con una certa capacità d’indebitamento sul mercato (come era già tra i poteri della CECA, poi scomparsi), ossia tramite il potenziamento della cosiddetta fiscal and borrowing capacity; e che si metta mano ad una cessione di sovranità in aree strategiche (come indicato da Macron nel discroso alla Sorbona del settembre scorso) ridefinendo competenze e bilancio per un gruppo di paesi che facciano da avanguardia. In questa logica, non esiste un obiettivo quantitativo per il bilancio sovranazionale: dipende dalle competenze trasferite in termini esclusivi e/o concorrenti.
  5. l’Italia è prima beneficiaria del Piano Juncker (Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici) gestito centralmente a livello europeo. Un elemento interessante, perché tutti i contributi nazionali al Piano Juncker sono automaticamente scorporati dal conto del deficit, il che ne fa uno strumento utile (da potenziare) per aumentare gli investimenti, piuttosto che lo sforamento del deficit (con conseguenti attacchi speculativi ed aumento del costo del servizio del debito; oltre che indebolimento delle nostre posizioni negoziali).
  6. l’ipotesi della Commissione di spostare fondi dalla Politica Agricola e dalla Politica di Coesione al controllo delle frontiere e dei migranti è strategico per l’Italia, visto quello che abbiamo speso negli ultimi anni su quella voce. L’Italia inoltre, sistematicamente, non riesce a spendere i fondi di Coesione; e li spende troppo lentamente, riducendone le capacità anticicliche. Occorre intervenire per migliorare la gestione dei fondi regionali e nazionali con una ristrutturazione dei Centri di Programmazione.
  7. sarebbe opportuno trasferire parte dello stato sociale sul bilancio europeo (riprendendo e migliorando anche proposte già emerse negli scorsi anni, come l’indennità di disoccupazione europea), per dare la percezione concreta del valore aggiunto dell’Europa e che i costi sono ripartiti in un’ottica di solidarietà complessiva. Sarebbe inoltre utile riprendere il Piano Prodi per le infrastrutture sociali tramite l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti e studiare le sinergie con i vari strumenti europei.

Naturalmente si possono fare e chiedere molte più cose. Ma, se iniziassimo da queste, sarebbe già qualcosa. E credo che faremmo un favore al destino dell’intera eurozona.

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