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Da anziani a senior, quale opportunità per l’economia italiana

Parliamo di senior, non di anziani. Non è solo una questione di definizione. Con lo scenario demogra co atteso, l’Italia deve scegliere se trovarsi di fronte a un rischio o a un’opportunità. Il rischio è rappresentato dal dover sostenere una popolazione sempre più longeva. L’opportunità, invece, si chiama silver economy. Alludo a una riorganizzazione del sistema produttivo che sia in grado di sfruttare l’invecchiamento della popolazione K in termini di risorsa.

Quindi, la necessità di revisionare le politiche del lavoro in modo che l’allontanamento dell’età pensionabile non diventi una tagliola per chi ha la fortuna di godere di una maggiore aspettativa di vita. Infine, la responsabilità di prevenire il mutamento delle dinamiche socioeconomiche, cogliendo con immediatezza la portata rivoluzionaria connessa allo sviluppo del digitale. Grazie alla medicina e alla tecnologia abbiamo allungato la vita; la sfida ora è associare a tale conquista un mercato orientato allo sviluppo di soluzioni che migliorino la qualità e la salute della popolazione anziana, garantendo a essa la possibilità di continuare a contribuire alla crescita generale.

Tutti ormai sono consapevoli che il nostro Paese è il più vecchio al mondo dopo il Giappone. Anche l’età media degli italiani avanza a grandi ritmi: 44,9 anni nel 2017 e 45,2 previsti nel 2018 nei dati Istat diffusi a febbraio. Questo andamento sta trasformando profondamente la formazione sociale del nostro Paese, a partire da quel primo nucleo di organizzazione che chiamiamo famiglia. Se si fanno pochi  figli, se l’immigrazione non è sufficiente a ripristinare un equilibrio, allora giocoforza il mercato del lavoro e il Welfare sono destinati a cambiare. Per non vivere l’angoscia del Canto di Natale di Dickens, sarebbe meglio intervenire per tempo.

L’Europa ha iniziato a parlare di silver economy già nel 2005 a Bonn e il tema è presente nella strategia 2020.Il che dovrebbe averci oramai convinto dell’ampio potenziale dalla categoria degli over 50, di tutti i lavoratori che si trovano a metà carriera con un’età anagraficamente avanzata. Ancora una volta si pone il tema del long life learning, ovvero l’esigenza del continuo aggiornamento professionale per stare al passo con le evoluzioni del mercato del lavoro. Con Vises, che è la onlus di riferimento di Federmanager, abbiamo attivato un progetto ad hoc in favore dei silver worker in difficoltà che mira, attraverso la valorizzazione delle loro attitudini, competenze e hobby, a convertire l’esperienza in nuove occasioni di inserimento professionale. Non dico che sia una cosa semplice, ma non è affatto una cosa antieconomica. Anzi, i senior possono contribuire al rilancio dell’economia se solo spingessimo sulle leve giuste. Come il digitale, ad esempio, capace di aprire a modelli economici innovativi che rendono la partecipazione dei senior alla vita pubblica, sia economica sia sociale, più facile o – se vogliamo – più smart.

Si devono accrescere le competenze dei lavoratori con esperienza a partire dai manager, che hanno un bagaglio di competenze eccezionali da trasferire. Un tale approccio mantiene saldo il patto tra le generazioni: ai più giovani non sarà trafugato il proprio futuro, né in termini professionali né di prestazioni sociali, se riusciremo a realizzare un ecosistema nel quale il contributo dei senior giovi alla competitività delle imprese e, allo stesso tempo, ai nuovi fabbisogni sociali.

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