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Il bastone e la carota. Guerra commerciale e pace diplomatica secondo Trump

casa bianca, midterms

Dietro la decisione di Donald Trump di proseguire sulla strada della imposizione di tariffe sull’importazione di acciaio e alluminio vi sarebbe un chiaro riferimento alla sicurezza nazionale e una interpretazione particolarmente restrittiva del concetto di “sicurezza economica”, per la prima volta formalizzato all’interno della National Security Strategy dello scorso dicembre.

Per i tanti commentatori che affollano i palazzi del potere a Washington i funzionari governativi ripetono come un mantra la sequenza logica che accomuna le politiche commerciali della Casa Bianca con i temi più strettamente legati alla tutela della stabilità del mercato americano.

È arrivata proprio in queste ore la notizia dell’ordine firmato dal presidente degli Stati Uniti per rendere esecutivi gli aumenti delle tariffe alle importazioni di metalli per l’industria nazionale. Il provvedimento, che ha generato serie critiche da tutto il mondo economico – finanziario, finisce con il creare una frattura pericolosissima tra la Casa Bianca e la leadership del partito repubblicano, fortemente contraria alla politica dei dazi.

Nonostante il clima di tensione, Trump ha deciso di andare avanti per la propria strada ed ha avviato un processo che potrebbe portare ad una vera e propria restrizione dell’accesso al mercato americano nei confronti di una serie di Paesi (in cima alla lista c’è la Cina), con l’obiettivo indiretto di intensificare gli scambi interni e favorire la crescita dei produttori nazionali.

La linea seguita dal Presidente salva per ora alcuni Paesi, Canada e Messico, nei confronti dei quali non saranno applicate tariffe e non si esclude la possibilità di prevedere un regime di deroghe ed eccezioni che possa riguardare altri partner o alleati commerciali. Nella lista degli esclusi potrebbe finire, ad esempio, l’Australia e magari i Paesi europei. Tutto potrà essere definito nell’arco dei prossimi quindici giorni, durante i quali sarà seguito un regime transitorio, voluto dalla Casa Bianca proprio per evitare generalizzazioni e panico nei mercati.

Nelle stesse ore in cui prende forma la politica di “sicurezza economica” targata Trump un’ulteriore novità irrompe sulla scena internazionale, questa volta da Pyongyang: si sarebbe finalmente aperta una breccia nel muro – fino ad oggi invalicabile – che divide la Corea del Nord dal resto del mondo.

Kim Jong Un fa infatti sapere di essere pronto a incontrare il presidente degli Stati Uniti e a pochi minuti dalla dichiarazione – destinata a fare storia – arriva l’ok dalla Casa Bianca. Secondo indiscrezioni trapelate dallo staff più vicino a Donald Trump vi sarebbe disponibilità da parte di entrambi i leader – fino ad ora protagonisti di un vero e proprio duello a distanza – per incontrarsi e inaugurare la via del dialogo.

Da Pyongyang fanno addirittura sapere che vi sarebbero i termini per una moratoria dei test missilistici che tante preoccupazioni hanno causato alla comunità internazionale.

Nel giro di poche ore la politica di sicurezza del tycoon di New York si è palesata – ancora una volta – nel modo più concreto e inaspettato che si potesse immaginare.


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