Tra dieci giorni sapremo chi è il nuovo presidente dell’Egitto. Tanta attesa, visto e considerato che concorrono soltanto l’uscente generale al Sisi e un suo oscuro estimatore, che ne aveva la fotografia sulla sua pagina Facebook, è difficile da capire. Ancor di più lo sarà quando saranno ufficializzati i dati sull’affluenza alle urne, che alcuni osservatori attenti dei fatti egiziani, a ridosso della chiusura di questa tre giorni elettorale – i seggi sono stati chiusi alle 21 di ieri 28 marzo – ritenevano che avrebbe visto alle urne poco più del 7% degli aventi diritto: al 27 sera si sarebbe stati fermi al 2%. Ancor meno problematico il conteggio del voto, già chiuso, degli egiziani all’estero: qui l’affluenza non avrebbe superato l’1,5%.
L’impennata nelle ultime ore di voto, dal 2% a un presumibile 7%, è spiegabile anche con la forte multa, 500 ghinee, per chi non avesse l’inchiostro indelebile sul pollice quando le urne chiuderanno definitivamente. Il curioso sistema ideato da al Sisi non apprezza che in molti si candidino, ma evidentemente è molto interessato alla partecipazione, almeno elettorale, dei sudditi di quello che molti chiamano il nuovo Faraone. Tanto interessato ad una buona affluenza da offrire un pranzo discreto, cioè 50 ghinee, a chi invece fa il suo dovere di elettore e si reca alle urne.
Le imprese, e le stesse aziende ospedaliere, hanno diviso il personale in gruppi di tre, quanti erano i giorni in cui si poteva votare, indicando a ciascuno il proprio turno libero per recarsi alle urne. Si è parlato anche di due giorni di permesso retribuito per incentivare la partecipazione ad eventi elettorali del presidente ricandidato. E ha fatto scalpore un filmato, apparso su Facebook, in cui si sentiva minacciare gli insegnanti di una scuola di avere il salario ridotto se non si fossero presentati con ben visibile l’inchiostro indelebile sul pollice della mano destra, prova inconfutabile della partecipazione.
Non sono mancati ovviamente gli autobus messi a disposizione dalle aziende per portare i lavoratori al seggio. Una grande azienda di trasporti, di proprietà di Mohammad Farid Khalid, avrebbe addirittura esteso il servigio alla popolazione del quartiere cairota dove è ubicata la sua sede principale. Ma ci sono anche i figli a cui pensare, e così il Dream Park, grande attrattiva del divertimento, ha messo a disposizione sconti del 50% per cento durante i giorni del voto, alla condizione che il capo famiglia mostrasse il pollice segnato. E un governatorato di campagna ha assicurato ai residenti che la cittadina con la più alta percentuale di votanti avrebbe avuto un dono di 350mila ghinee. Lì vicino è andata meglio: un facoltoso imprenditore ha assicurato alle due città con il tasso di votanti più alto investimenti infrastrutturali per 1milione di ghinee.
Tutto questo per parlare più del coraggio del popolo egiziano, che ha votato in modo così contenuto, che del regime. I dati impressionanti sulle sparizioni in Egitto, la cui diffusione ha portato alla clamorosa rottura tra l’Egitto e la Bbc, accusata dal potere giudiziario egiziano di servire le forze del male mettendo in onda servizi infondati, i dati quindi sui metodi a cui ricorrono gli apparati repressivi come quelli sulla crisi economica, con più del 30% dei giovani egiziani senza lavoro, come rendono più evidente la durezza della repressione rendono anche più evidente il coraggio di tanti egiziani, che non andando alle urne sanno di divenire nemici di questo regime. Infatti in un Paese non abituato alle elezioni presidenziali, fino a pochi anni fa si votata solo pro o contro la conferma del presidente in carica, l’unica sfida era quella di portare il popolo alle urne.
I progetti faraonici di al Sisi, come il programma spaziale egiziano, e la faraonicità della crisi umana invece oggi si può dire che si scontrino in un’evidenza così lampante da lasciare abbagliato e interdetto più del 90% degli egiziani, anche se l’ottenimento del prestito del Fondo Monetario Internazionale poteva o potrebbe far sperare diversamente; ma quel che risulta alla popolazione egiziana è che i generi alimentari aumentano, del 30% secondo gli ultimi dati. Un quadro davvero allarmante, soprattutto per il futuro di un Paese che conta ormai più di 100 milioni di abitanti. L’idea che solo 7, magari 8 egiziani su 100 vadano a dire di sì ad al Sisi in queste condizioni impone in particolare all’Europa di acquisire consapevolezza di quale sia il rischio a cui si va incontro. Se scoppiasse l’Egitto scoppierebbe tutto il bacino del Mediterraneo e la cura al Sisi potrebbe non essere quella giusta. Sentirsi sicuri che il rischio non ci sia è rischioso. Un dato elettorale come questo non può essere ignorato.