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Russi che muoiono a Londra. Ora la polizia inglese tratta la morte di Glushkov come omicidio

La Metropolitan Police inglese ha aperto un’indagine per assassinio sulla morte di Nikolai Glushkov, oligarca russo esule da Mosca, ritrovato qualche giorno fa senza vita nella sua casa di New Malden, sobborgo del south-west londinese.

Ci sono segni di “compressione” sul collo, dicono le prime analisi sul corpo eseguite dai medici legali incaricati da Scotland Yard, circostanza che fa pensare a uno strangolamento per il 68enne un tempo tra i notabili della Russia che conta.

Frequentazioni e storia personale, d’altronde, avevano subito acceso l’attenzione degli inquirenti inglesi, che per il passato della vittima avevano mosso già per i primi rilievi l’anti-terrorismo, più abituato a muoversi in certe circostanze complesse.

Inevitabile descrivere il contesto, allora, partendo da quello attuale. Il 4 marzo a Salisbury, nel sud della Gran Bretagna, era stato trovato agonizzante in una panchina di un parco pubblico Sergei Skripal, ex colonnello del servizio segreto militare (il Gru), seduto a fianco a sua figlia (sembravano due tossicodipendenti, hanno raccontato i vicini), anche lei intossicata da un agente nervino che la scientifica inglese ha facilmente individuato essere il Novichok, un composto letale la cui formula è conosciuta soltanto dai laboratori militari del governo russo e impossibile da replicare per l’elevata instabilità chimica della molecola.

La spia è in coma, e la figlia anche è ancora grave in ospedale (secondo il Telegraph il veleno poteva essere nel suo beauty, partita dalla Russia per andare a trovare il padre nel Regno Unito) insieme al poliziotto che ha prestato i primi soccorsi, intossicato pure lui. La vicenda è rapidamente uscita dalle dimensioni di cronaca, diventando un altro, scottante, argomento di confronto tra Russia e Occidente.

Già basterebbe lo scenario di attualità per comprendere come mai Londra, che ha definito l’uccisione di Skripal come un attacco straniero sul proprio territorio, tratti la vicenda della morte dell’ex papavero russo con massima delicatezza e attenzione.

Ma c’è di più, il contesto passato. Glushkov un tempo era molto vicino all’oligarca russo Boris Berezovskij, trovato impiccato nel 2013 nel bagno della sua casa di Ascot, sempre in Inghilterra. Un’altra morte piuttosto sospetta, per cui si è sempre pensato al coinvolgimento russo, visto che Berezovskij era considerato uno dei più grossi nemici di Vladimir Putin.

Glushkov, che aveva detto pubblicamente di non credere nel suicidio del suo amico, è stato ex direttore di Aeroflot e Logovaz, viveva riparato a Londra dal 2006 (rifugiato politico dal 2010) dopo essere stato arrestato e poi scarcerato in Russia con l’accusa di frode e riciclaggio: una condanna considerata di natura politica.

Nel 2011 testimoniò in un tribunale di Londra a favore di Berezovskij nella causa contro Roman Abramovich, altro oligarca patron del Chelsea, in buoni rapporti con il presidente russo.

Il giorno della sua morte, Gluschkov avrebbe dovuto partecipare a un’udienza da una causa aperta dalla compagnia aerea russa Aeroflot a Londra, e secondo diversi suoi amici che hanno parlato anonimamente (e si capisce il perché) con i media inglesi, stava preparando da mesi la sua deposizione.

Sempre contestualizzando nel passato: Berezovskij era il centro di una cerchia di dissidenti a cui apparteneva Glushkov come pure l’ex colonnello dell’Fsb Aleksandr Litvinenko, ucciso nel 2006 anche lui da un misterioso avvelenamento da polonio-210, una sostanza altamente tossica e rarissima (prerogativa di un lavoro fatto da 007: anche in quel caso l‘inchiesta si concluse con una “presumibile” colpevolezza di Mosca sulla base di prove circostanziali, ma senza la pistola fumante). Litvinenko aveva parlato apertamente di un piano segreto con cui “il gangster” Putin (così lo aveva definito, ricorda nella sua newsletter dedicata alla politica britannica il giornalista italiano Gabriele Carrer) voleva proprio far uccidere Berezovskij.

 

 

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