Da sempre siamo convinti che i diritti sanciti dalla Costituzione del lavoro e della salute non possano essere dei valori in contrapposizione, ma realtà compatibili, fruibili dalla comunità in modo condiviso e contestuale. In questo senso è importante che la Festa dei lavoratori, in programma il prossimo Primo maggio a Prato, sia stata dedicata dalle confederazioni sindacali proprio ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Gli stessi sindacati metalmeccanici hanno svolto numerose assemblee pubbliche su tutto il territorio nazionale sui temi suddetti che caratterizzeranno, tra gli altri, anche il nostro Congresso nazionale, convocato al Museo dell’Auto a Torino, dal 17 al 19 aprile prossimi.
L’IMPEGNO A FAVORE DELLA PREVENZIONE E DELLA SICUREZZA SUL LAVORO
A tal proposito, è importante rammentare la chiusura della campagna straordinaria di assemblee sulla sicurezza svolta lo scorso 19 marzo nell’aula Magna dell’università Bicocca a Milano: una grande assise promossa da Uilm Fiom e Fim con oltre mille delegati Rsu e Rls presenti.
In quella sede chi scrive è intervenuto sostenendo a viva voce l’urgenza di un forte impegno delle istituzioni, delle parti datoriali e di tutti gli attori preposti ai controlli in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro. Bisogna dare risposte concrete ed efficaci per la piena attuazione delle normative, il rafforzamento dei servizi ispettivi, il coinvolgimento dei lavoratori e dei loro rappresentanti per rafforzare il sistema di prevenzione e sicurezza in questione. Si tratta di una problematica che tocca più punti, a partire dall’applicazione del contratto nazionale, che prevede avanzamenti in tema di salute e sicurezza e un rafforzamento del ruolo degli Rls. Ma anche la contrattazione di secondo livello rappresenta l’ambito privilegiato per rivendicare modelli organizzativi in cui la sicurezza delle persone prevalga sull’intensificazione dei ritmi produttivi e sul peggioramento della condizione di lavoro. Così come meritano un necessario approfondimento i temi delle nuove tecnologie che caratterizzano il nuovo paradigma produttivo di Industria 4.0. Si tratta di sistemi che devono essere orientati al miglioramento delle condizioni di lavoro e delle condizioni dei lavoratori degli appalti, su cui spesso si scaricano i costi aziendali, con conseguenze negative sul piano della sicurezza, oltre che su quello delle tutele contrattuali. E poi bisogna potenziare gli organi ispettivi e la loro capacità d’intervento, non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi.
LA VICENDA DELL’ILVA
E il tema della compatibilità del diritto al lavoro con quello alla sicurezza fa da sfondo alla vicenda Ilva che ci impegna ormai da mesi in incontri in via di definizione anche per il prossimo mese d’aprile.Dato il contesto specifico, le circostanze che pesano esternamente ed il particolare momento politico, è risaputo che il viatico per assicurare una prospettiva al più importante gruppo siderurgico presente in Italia si è fatto tortuoso, ma noi rimaniamo fiduciosi di poter assicurare al confronto tra le parti un epilogo positivo. La cronaca degli ultimi giorni ci ha reso edotti di un fatto nuovo.È stato, infatti, giudicato incostituzionale il “decreto Ilva” del 2015 che consentiva la prosecuzione dell’attività di impresa degli stabilimenti, in quanto di interesse strategico nazionale, nonostante il sequestro disposto dall’autorità giudiziaria per reati inerenti la sicurezza dei lavoratori. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza depositata il 23 marzo. Una sentenza che si aggiunge ad altri fatti che sono stati causa di rallentamento nella vicenda Ilva. Prima i tempi lunghi per arrivare all’aggiudicazione della gara, adesso l’incertezza e il protrarsi delle scadenze. Eppure, con fatica e disagi, il colosso italiano dell’acciaio continua a tirare avanti tra scarsa liquidità di cassa, parte del personale in cassa integrazione e produzione al di sotto delle potenzialità degli impianti.
Appartenuta prima ai Riva, l’Ilva è ormai da cinque anni affidata alla gestione dei commissari di Stato. Cinque anni di cui gli ultimi tre sono stati di amministrazione straordinaria. Dopo una lunga istruttoria, a giugno scorso c’è stata una prima stretta, con l’aggiudicazione degli asset alla cordata formata da Arcelor Mittal e Marcegaglia che hanno battuto la concorrenza di Acciaitalia formata da Jindal, Arvedi, Del Vecchio e Cassa Depositi e Prestiti. Da allora noi siamo tuttora impegnati in un percorso che deve determinare l’accordo sindacale sull’occupazione, sugli assetti produttivi e registrare il semaforo verde dell’Antitrust europeo relativa all’acquisizione dell’Ilva da parte di AmInvesCo Italy, controllata dal gruppo Mittal. Al momento il subentro operativo dell’acquirente non è ancora avvenuto.L’ultimo rinvio viene da Bruxelles. L’Antitrust prima avrebbe dovuto pronunciarsi a fine marzo, poi c’è stato lo slittamento ad aprile e adesso occorre attendere il 23 maggio. Senza il semaforo verde dell’autorità europea che vigila sulla concorrenza, il closing dell’operazione non può esserci. Bruxelles ha avanzato nuove osservazioni ad Am Investco, chiedendo correttivi affinché l’operazione non sia dannosa per il mercato, le imprese e la concorrenza. Questo perché l’acciaio è un prodotto che alimenta importanti catene del manifatturiero. Osservazioni alle quali Am Investco ha risposto con delle controdeduzioni che ora sono al vaglio della Ue. Quest’ultima, mesi fa, aveva già chiesto che Mittal dismettesse l’impianto ex Magona di Piombino, in Toscana, e che Marcegaglia uscisse da Am Investco proprio per evitare sul mercato un monopolio derivante dall’alleanza in Ilva del più grande produttore mondiale, com’è Mittal, col più grande trasformatore europeo, com’è Marcegaglia. Qualora la Ue chiedesse a Mittal ulteriori sacrifici, nessun taglio potrà avvenire nell’Ilva. Questo punto specifico è previsto dal contratto che lo stesso gruppo Mittal ha firmato a giugno. Si tratta di una verità che lascia ben sperare nel buon esito del confronto dei sindacati col “management” della suddetta multinazionale siderurgica.
Insomma,rimaniamo convinti che occorra assicurare al più presto un futuro occupazionale e produttivo al gruppo Ilva di Taranto attraverso gli investimenti del gruppo acquirente di Am InvestCo Italy, controllata dalla famiglia Mittal. Lo abbiamo scritto più volte, ma val la pena di ripeterlo ancora: determinare un accordo sindacale a favore del futuro dell’Ilva significherebbe attuare una vera e propria scelta di politica industriale a sostegno dell’economia nazionale.