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Il lavoro dopo il voto. I consigli di Sacconi al futuro governo

centrodestra, lavoro,

Mentre già si accavallano gli infiniti commenti al terremoto elettorale, può essere utile una prima riflessione sulla influenza esercitata dalle insicurezze e dalle relative risposte in materia di lavoro.  O meglio di lavori perché tanto le prestazioni dipendenti quanto quelle indipendenti sono state percepite, al nord come al sud, in termini di precarietà, sottoremunerazione, sovratassazione. Le pur intense politiche del lavoro praticate nella legislatura conclusa non sono evidentemente state soddisfacenti.

I generosi incentivi sono stati graditi più dagli imprenditori che dai lavoratori ed il nuovo art. 18 è stato collocato ancora nel contesto della retorica del contratto a tempo indeterminato. L’idea sostanziale per cui il lavoro di qualità si realizza attraverso l’investimento nelle conoscenze e competenze non è stata accettata perché non è stata praticata.

Le stesse misure per i lavoratori autonomi non hanno compensato la persistente oppressione fiscale e burocratica. In questo modo le forze politiche di governo potrebbero avere intercettato tutte le critiche indotte dalla illusione ottica della flessibilità regolatoria senza avere avuto il vantaggio di una nuova cultura del lavoro coerente con le grandi trasformazioni in corso.

I cambiamenti sono insomma rimasti in mezzo al guado né potevano soccorrere gli intermediari sindacali dei lavoratori e degli imprenditori, per lo più troppo schiacciati sul governo. Il lavoro ha rappresentato pertanto una sorta di trappola per chi si è cimentato nell’azione di governo a cavallo tra vecchi miti della sinistra e mezze regole che piacciono a destra. Se ne può forse dedurre che solo una politica a tutto tondo rinnovata, capace di produrre azioni concrete e di raccontare le nuove sfide del lavoro, potrebbe superare la domanda illusoria del posto stabile per legge. Così come riforme strutturali dei prelievi sui lavori potrebbero incoraggiare l’autoimpiego e le assunzioni. Chi vorrà proporsi quale forza di governo potrà quindi trarre insegnamento dal fallimento elettorale di questi anni e scegliere la strada di politiche coerenti ed esplicite, disponibili a misurarsi con gli indicatori reali e percepiti.

 



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