Dal ritorno dell’uomo sulla Luna agli oceani di Europa, passando per lo studio dei terremoti marziani e la ricerca di esopianeti adatti alla vita. È un programma esplorativo a tutto tondo quello con cui la Nasa e i partner internazionali (tra cui anche l’Agenzia spaziale italiana) si apprestano a rivoluzionare la nostra conoscenza dello spazio, spiegato da Charles Elachi, direttore del celebre Jet Propulsion Laboratory (JPL) della Nasa fino al 2016. Intervistato da Airpress in occasione della lezione tenuta all’Università di Roma La Sapienza su “Cassini and the Golden Age of Space Exploration”, il professor Elachi ha tracciato la tabella marcia del prossimo decennio che già si preannuncia “entusiasmante”.
I DUE STEP PER IL PIANETA ROSSO
Sono tre i programmi della Nasa su cui convergono le maggiori aspettative e ai quali sta lavorando alacremente il JPL di Pasadena. Il primo riguarda Marte e prende il nome di Mars Sample Return, un progetto “che si compone di due step e che inizia con Mars2020, pronta a partire nel 2020″, ha spiegato Elachi. Questa prima missione, ha aggiunto, “prevede il lancio di un rover simile a Curiosity che dovrà esplorare e raccogliere campioni”. Poi (e questo è il secondo step) “un’altra missione, tra il 2025 e il 2026, si occuperà di tornare su Marte, prendere i campioni e lanciarli nell’orbita marziana dove saranno recuperati da un altro velivolo spaziale per essere infine riportati sulla Terra e analizzati nel dettaglio”. Mars2020 sarà dunque lanciata lo stesso anno della seconda fase della missione dell’Agenzia spaziale europea (Esa) ExoMars2020, destinata a portare sul Pianeta rosso un rover che avrà il compito, tra gli altri, di perforare il suolo marziano attraverso un drill italiano. Data la contestualità delle due missioni, “le due agenzie stanno discutendo per una possibile collaborazione”, ha chiarito Elachi.
VERSO GLI OCEANI DI EUROPA
Il secondo grande programma esplorativo riguarda Europa, la quarta luna di Giove per grandezza. L’obiettivo in questo caso è prima di tutto “la caratterizzazione della superficie di Europa, con la prospettiva di capire in futuro cosa c’è sotto la crosta ghiacciata investigandone gli oceani”, ha detto l’esperto. Il programma si struttura in tre passaggi. Prima partirà Europa Clipper, la missione del JPL che “verrà lanciata tra il 2022 e il 2023 e che metterà un velivolo nell’orbita di Giove”. Questo, ha aggiunto Elachi, “si avvicinerà molte volte ad Europa e sarà dotato di diversi strumenti tra uni uno spettrometro ad alta risoluzione e un radar sounder che ci permetterà di comprendere la composizione della superficie”. Il secondo step, “previsto tra il 2014 e il 2025, si chiama Europa Lander e prevede di far atterrare un lander sulla superficie”. Poi (“non sappiamo ancora quando poiché dipende dal budget che vi sarà destinato”) ci sarà il terzo step: “una missione dotata di un drill in grado di perforare il ghiaccio”. Se “il primo passaggio è già stato approvato e il terzo è in fase di prima approvazione, per il terzo si dovrà attendere ancora un po’”, ha rimarcato l’ex direttore del JPL.
ALLA RICERCA DI ESOPIANETI ABITABILI
La terza grande missione esplorativa è condotta congiuntamente dal JPL e dal Goddard space flight center (Gsfc) ed è chiamata Wfirst (Wide field infrared survey telescope). “Tra i molti obiettivi della missione c’è la creazione di un telescopio che inizierà a guardare e a scattare foto di pianeti che orbitano intorno ad altre stelle”, ha spiegato Elachi. “La missione Kepler – ha ricordato l’esperto – ha già individuato molti e molti pianeti; il prossimo passo è ottenere immagini di questi corpi e questo è possibile attraverso quello che chiamiamo coronografo, uno strumento che ostruisce la luce della stella per osservare i pianeti che le sono vicini”. Proprio il coronografo sarà il protagonista del Wfirst che, “nonostante il dibattito corrente sui costi del programma, dovrebbe essere lanciato a metà degli anni 2020”, ha detto Elachi.
A questi tre grandi programmi “se ne aggiungo molti altri”, tra cui la prossima missione verso Marte: InSight (Interior exploration using seismic investigations, geodesy and heat transport), il cui lancio avverrà il prossimo maggio. Si tratta di “far arrivare sulla superficie marziana un lander dotato di un sismometro (Seis, ndr) realizzato dalla Francia e di una sonda termometrica realizzata dalla Germania (HP3, ndr)”. Quest’ultima “perforerà la superficie del suolo marziano di circa 30/40 cm per misurare le temperature, senza raccogliere campioni”, cosa che invece sarà una prerogativa delle missioni previste per il 2020.
TRACCE DI VITA
Il grosso pallino dell’esplorazione dello spazio profondo resta la ricerca di tracce di vita, presente o passata. “Se consideriamo i prossimi dieci anni, molti grandi progetti hanno come obiettivo la ricerca di potenziale vita nel nostro Sistema solare”, ha spiegato Elachi. Grazie a diverse missioni “stiamo scoprendo che è possibile trovare la vita ovunque data la sua incredibile resilienza”. Perciò, ha detto il professore, “non sarei completamente sorpreso se dovessimo riuscire a trovare tracce di vita nei laghi di Titano, anche se chiaramente non si tratterebbe della vita che conosciamo poiché immersa in laghi che non sono di acqua ma di metano e idrocarburi”. Tracce di vita potrebbe inoltre essere trovate “negli oceani di Europa o su Marte, sulla cui superficie in passato scorrevano fiumi e stanziavano laghi”.
L’EFFETTO TRUMP
Ma quanto ha influito Donald Trump sul programma esplorativo della Nasa? “L’agenzia spaziale statunitense è sempre stata ben supportata dalle amministrazioni che si sono succedute”, ha risposto Elachi. “La presidenza Trump ha sostenuto la maggior parte delle missioni dell’agenzia e, nonostante il dibattito su alcuni programmi, il budget totale della Nasa è cresciuto di circa il 2/3%”. D’altronde “l’esplorazione spaziale è un settore storicamente supportato da tutti presidenti a prescindere dalla loro appartenenza democratica o repubblicana; questo perché non è un argomento politico, ma un tema che piace alla gente e che entusiasma il popolo americano”, ha aggiunto l’ex direttore del JPL. Certo, “pur non essendoci stato un impatto significativo sul programma nel suo complesso, sono in corso discussioni relative ad alcune missioni specifiche ma questo accade normalmente”. E per quanto riguarda il riorientamento dell’esplorazione umana da Marte alla Luna? “Sicuramente rappresenta un cambiamento effettivo, ma questo non incide sul budget della Nasa. La decisione di tornare sul nostro satellite naturale e solo dopo puntare al Pianeta rosso – ha concluso Elachi – non cambia il grande sostegno che viene dato al programma esplorativo”.
L’EREDITÀ DI CASSINI E LA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE
E non cambierà neanche la collaborazione internazionale, considerata ormai un elemento connaturato all’esplorazione spaziale. A dimostrarlo c’è l’eredità della missione Cassini-Huygens, terminata pochi mesi fa con lo spettacolare tuffo della sonda tra gli anelli di Saturno dopo aver rivoluzionato la conoscenza di un pianeta prima ben poco conosciuto. “È stata probabilmente una delle missioni più entusiasmanti dell’ultimo decennio, sia dal punto di visto scientifico, sia da quello della collaborazione internazionale”, ha ammesso Elachi. “L’Agenzia spaziale italiana (Asi), quella europea (Esa) e il JPL della Nasa hanno lavorato a stretto contatto concretizzando un esempio di come si possa realizzare qualcosa di davvero incredibile operando insieme”.