I dati ci sono e, vista l’aria, non serviva attendere. Ma, per una volta, cerchiamo di andiamo oltre percentuali e maggioranze. Come? dirà qualcuno. Non vi interessa sapere chi formerà il governo, con quale coalizione, dialogando con chi, spartendo cosa?
Sì, ma anche no. Ed ecco perché.
Questa volta la posta in gioco è diversa. E’nata la Terza Repubblica, con tutto ciò che una nuova genesi comporta.
Questa volta la posta in gioco è diversa e riguarda il futuro dei partiti, degli elettori, delle ideologie e delle strategie che andranno messe in campo per evitare che l’Italia venga schiacciata dal nuovo ordine (mondiale e Mediterraneo) che sta prendendo forma.
Questa volta la posta in gioco è diversa ma ancora una volta si parte da un errore blu: nessuno in questa campagna elettorale ha dedicato una sola riga alla politica estera, il vero faro del decennio che si sta aprendo. E’uno sbaglio, perché lì si sta giocando molto, moltissimo delle nuove dinamiche (politiche, occupazionali, industriali) che il prossimo governo e la attuale nuova classe dirigente dovranno affrontare.
Questa volta la posta in gioco è diversa, perché è il meccanismo di selezione della classe dirigente che ha giocato un ruolo significativo nel risultato di oggi. Così come accadde nel 1992, quando il vecchio establishment italico venne spazzato via, oggi si assiste ad una rivoluzione decisa dal voto, quindi dagli elettori. Inutile e fuorviante interrogarsi sul come i nuovi saranno meglio o peggio dei vecchi: indietro non si torna, perché ad oggi il quadro è questo.
Piuttosto, si colga l’occasione dei risultati di alcuni partiti per specchiarsi e trovare gli errori: chi ha sbagliato? Perché? Mosso da quali convinzioni? Con quale squadra? Ecco il punto: ma nessuno si illuda che una Norimberga sani le ferite e disinfetti purulente escoriazioni. Occorre dell’altro e ben altro.
Nella Prima Repubblica, al netto di reati, debito pubblico e prebende, la classe dirigente era figlia di tre scuole: Piazza del Gesù, Botteghe Oscure, Via del Corso/Raphael. I portaborse prima di portare la borsa studiavano, e parecchio. Gli assistenti prima di assistere erano diretti a buone letture. I portavoce prima di portare la voce (e le veline) si formavano nelle redazioni a “consumare le scarpe”.
Oggi cosa è accaduto? Che mutazione genetica ha vissuto il sottobosco della Seconda Repubblica, e quindi la classe dirigente? Vallo a spiegare alla casalinga di Voghera, o al cassintegrato della Intecs o all’artigiano di Prato messo nell’angolo dalle calze cinesi low cost che oggi si apre uno scenario di ingovernabilità. Semplicemente se ne frega.
E allora, anche le intellighenzie, anziché rincorrere i vincenti e crocifiggere i perdenti, vadano oltre percentuali e maggioranze: e leggano in filigrana cosa porta in grembo la nascita della Terza Repubblica.
Perché la posta posta in gioco questa volta è diversa e conta davvero più di uno scranno o di uno strapuntino in da sottosegretario: riguarda il futuro di tutti.