La vigilanza bancaria deve cambiare pelle. Forse ci sta riuscendo o forse no. In ogni caso è meglio tenere bene a mente la mole di sfide che l’attende. Dalla progressiva digitalizzazione del sistema bancario, al problema dei crediti deteriorati, ai riassetti in corso per vincere la concorrenza globale fino ai coni d’ombra del credito, come lo shadow banking.
Di tutto questo si è parlato stamattina alla Facoltà di Economia della Sapienza di Roma, in occasione del dibattito in lingua inglese, New Frontiers in Banking: from Corporate Governance to Risk Management. Open issues and challenges for the Industry, Regulators and Supervisorsal al quale hanno partecipato il neo presidente della Consob Mario Nava (nella foto) il dg di Bankitalia e presidente Ivass, Salvatore Rossi e Anneli Tuominen, vicepresidente Esma e membro del Consiglio di vigilanza del meccanismo di vigilanza unico. Insieme a loro, il premio Nobel per l’economia 2014, Jean Tirole.
Nava, designato a fine 2017 all guida della commissione di vigilanza sulla Borsa, in successione a Giuseppe Vegas, ha elencato tutte le misure necessarie per aumentare sensibilmente il grip sulle crisi bancarie, soprattutto per gli istituti quotati. Partendo da una considerazione, contenuta nelle slide che hanno accompagnato il suo intervento. In Italia la quota di crediti deteriorati rispetto al totale degli impieghi è ancora elevata, intorno al 12,1%. Per fortuna, ha ricordato Nava, l’Italia ha intrapreso un percorso virtuoso verso una drastica riduzione dello stock di npl. Tuttavia, dalle slide portate dal numero della Consob, emergono alcune proposte in chiave npl. Tra queste la necessità di sviluppare il mercato secondario per i crediti difficili e migliorare il sistema di protezione per quei creditori considerati affidabili.
Jean Tirole ha invece concentrato il suo pensiero sulla Bce e sul contrasto allo shadow banking. “Di principio è giusto che sia la Bce, indipendente dai Paesi e dalla politica, a scrivere le regole su capitale e npl e a mettere pressione sulle banche, ma c’è anche un discorso della velocità alla quale si vuole fare questa transizione, visto che se si cerca di correggere i problemi del settore troppo in fretta si taglia la crescita”.
“Quando le banche hanno problemi non ci sono soluzioni facili”, ha spiegato poi Tirole all’Adnkronos, “alla luce di quanto abbiamo visto in Giappone o negli Usa, che le banche sottocapitalizzate assumono rischi sempre maggiori e questo è un pericolo per tutti”. Per l’economista francese dunque “abbiamo due elementi: da una parte le regole, che devono essere rigide, e quindi la Bce fondamentalmente ha ragione nel suo approccio duro sui prestiti non performanti e dall’altra la transizione, che a volte rischia di essere brutale e che invece deve essere basata su un approccio empirico”. D’altronde “le banche non possono rimettersi in sesto da un giorno all’altro. C’è di mezzo il denaro dei contribuenti europei, la crisi delle banche non è un problema solo di un singolo Paese”.