Il Papa avrebbe detto che il “creato è pura energia” emanata da Dio. All’inizio dei tempi, l’universo, insomma, avrebbe cominciato da niente altro che energia. Pura potenza, incorporea, infinita. È fisicamente vero. L’energia è questo. E l’universo, per la scienza, ha cominciato così. Ma non è una novità teologica. La Chiesa ha accettato da tempo la teoria del Big Bang. E il Big Bang è tutto lì: pura energia che, come per incanto, si trasforma in massa (E=mc2) si espande e diventa universo: particelle, gas, atomi. Cose. E, infine, noi.
Mi pare più “rivoluzionaria” l’altra innovazione che il Papa avrebbe fatto (a sentire Scalfari): l’abolizione dell’Inferno e delle “anime dannate in eterno”. Che Francesco avrebbe sostituito, ineffabilmente, con la “scomparsa” delle anime peccatrici. La “scomparsa” delle anime, credo, farà sobbalzare qualche teologo. Boh! Il condizionale, comunque, è d’obbligo visto le smentite vaticane alle iperboliche vanità di Scalfari che, ormai, si immagina Papa laico. Ma sulla Creazione è curioso: Francesco fa affermazioni straordinariamente colte e vicine alle acquisizioni della fisica quantistica. Vediamo.
La Chiesa accetta da tempo il Big Bang. In un senso preciso: quello della Genesi. In cui, ricordiamo, la Creazione non inizia con la produzione divina di cose e creature (i famosi cinque giorni del lavoro di Dio). Prima di creare il tempo (i giorni) e le cose, Dio avrebbe pronunciato il “fiat lux”: il vero atto creativo iniziale. Il Big Bang è, per la fisica, qualcosa di letteralmente analogo: è la “luce” l’origine di tutto. In fisica luce è radiazione: energia fatta di fotoni. Che sono i corpuscoli, i quanti, le particelle di cui è fatta la radiazione. Noi chiamiamo luce la parte visibile dello spettro di radiazione. Ma possiamo chiamare luce tutto lo spettro delle radiazioni: quello visibile e quello invisibile (radio, infrarosso, microonde ec fino si raggi X e gamma). Per la fisica del Big Bang, effettivamente, tutto inizia con una radiazione, un “fiat lux”, un lampo iniziale. Se è vero, poi, che il Papa avrebbe detto che tutto cominciò da una “particella” che poi si fa mondo, siamo alla sofisticazione che denota letture astrofisiche modernissime del Papa. Questa è vera cosmologia quantistica.
Per la fisica dei quanti il Big Bang origina, effettivamente, da una… particella. Che in fisica è, niente altro, che un punto senza dimensioni di pura energia raggrumata. Il Big Bang è il manifestarsi improvviso di quel punto, infinitamente caldo all’inizio, che poi raffreddandosi si espande. E crea così lo spazio, il tempo, le stelle… Ma l’inizio è quello: energia, temperatura immensa, confinata in un punto senza dimensioni, in una particella. Da dove viene fuori la particella? E qui viene il bello della fisica del Big Bang. La risposta è: dal nulla. La particella, letteralmente, appare! Semplicemente. Magia? No. In fisica quantistica non esiste il nulla, il vuoto, il niente. Anche quello che ci appare niente o vuoto contiene, in realtà, qualcosa. E cosa? Niente altro che energia: nascosta, potenziale, oscura, virtuale. Noi non lo vediamo ma il vuoto contiene energia. Dove noi diciamo “c’è il nulla”, in realtà, c’è qualcosa: invisibile e impercettibile ai nostri sensi.
È “l’energia del vuoto”: un concetto fisico. Non siamo ancora riusciti a calcolarlo bene. E chissà se mai ci riusciremo. Ma c’è. Lo sappiamo e ne vediamo, davanti ai nostri occhi gli effetti: l’universo si espande, ancora oggi. Che cosa lo fa espandere? Una potenza repulsiva. Ogni momento, pensate, lo spazio che c’è tra le galassie si estende, si gonfia, si espande di qualche centimetro. Cresce la distanza tra le galassie e a noi sembra che esse si allontanino. Ma non è vero: è lo spazio tra esse che si espande e cresce. Mosso da un’energia repulsiva. Che noi chiamiamo “energia oscura”. Perché, letteralmente, non sappiamo di cosa sia fatta. E questa energia sconosciuta, pensate, è oltre il 70% di tutto quello che avvertiamo esistere nell’Universo. Ancora oggi questo “fiat lux” fa espandere l’universo: “crea” incessantemente, sempre nuovo spazio. È, letteralmente, energia del vuoto: crea, di continuo, spazio vuoto! La fisica quantistica ha accertato, dunque, che il vuoto contiene energia. In che forma? Di coppie di particelle. Dapprima potenziali, virtuali (vengono chiamate) ma che, all’occorrenza, senza cause specifiche o visibili e percettibili, possono farsi reali. Basta una fluttuazione e della coppia di particelle “virtuali” una può diventare reale. Lo dice la fisica quantistica. Che lo prova.
Hawking applicò il meccanismo della coppia di particelle alla descrizione di un buco nero. E ne scoprì il funzionamento effettivo. Il Big Bang, secondo la fisica quantistica, potrebbe essere stato questo: la fluttuazione di una coppia di particelle, in un nulla iniziale, in cui una diventa reale. E si materializza come un punto di energia caldissimo. Che, d’improvviso si espande (teoria dell’inflazione cosmica). E dal niente “crea” il tutto. Ma riusciremo, un giorno, a provarlo questo meccanismo “iniziale”? Intendiamoci: lo vediamo in atto, continuamente, nell’universo attuale. La fisica quantistica, ripetiamolo, lo prova. Ma riusciremo mai a provarlo per il Big Bang? Riusciremo mai a penetrare il mistero della “particella” iniziale? E di cosa c’era prima di essa? Per la gioia del Papa, la risposta è no! Non è che non lo sappiamo ancora. È che, proprio, non possiamo saperlo. E non lo sapremo mai.
Per la fisica non è, scientificamente, possibile andare a “prima” del Big Bang. Per una legge oggettiva e non aggirabile. Si chiama “principio di indeterminazione”. E lo scoperse uno dei più grandi fisici quantistici: Werner Heisenberg. È il principio base, un fondamento della fisica quantistica, della fisica “fondamentale” (come si chiama): quella del subatomico, dell’infinitamente piccolo, di quella regione dell’universo le cui dimensioni stanno vicine… al nulla, al vuoto. Cosa afferma il principio? Che non è dato calcolare, insieme, la posizione e la velocità (il moto) di una particella. È impossibile. Dobbiamo rinunciarvi. Prima che la vediamo e la localizziamo, una particella c’è e non c’è (come il gatto di Schroedinger). Una particella, prima di essere localizzata, è solo una probabilità, ci dice la fisica. E questo vale anche per quella iniziale, quella del del Big Bang. Sulla quale, infatti si possono fare tutte le ipotesi: comparsa dal nulla (come dico io ateo), da un’energia potenziale che è sempre esistita (energia del vuoto) oppure nata da un atto creatore, l’invenzione di un Dio. Chissà? L’enigma resterà sempre. Perché il “principio di indeterminazione” protegge, come una censura cosmica, il momento dell’origine.
Qui, sull’istante zero, valgono solo ipotesi o credenze. E quelle di un ateo non hanno più fondamento di quelle di un credente. Checché ne dica il professore Odifreddi. Né l’ateismo e né la fede avranno mai una conferma o smentita scientifica. Rassegnamoci. Heisenberg ci ha dimostrato che è così. Possiamo solo ipotizzare il momento iniziale. Mai riusciremo a provarlo. Infatti la fisica, del Big Bang, ha spiegato tutto tranne il momento iniziale. La fisica del Big Bang ha ricostruito 13,7 miliardi di storia dell’evoluzione del mondo fino ad una piccola frazione di tempo iniziale. Una vera impenetrabile, oscura, misteriosa frazione di tempo. Si chiama “tempo di Planck”. In fisica è l’unità naturale del tempo, il tempo più piccolo che si possa misurare, il più breve intervallo misurabile: è il tempo (10−43 secondi dopo il Big Bang) che impiega il fotone, la particella di energia originaria a percorrere, alla velocità della luce, una distanza pari alla lunghezza di Planck (10-33 centimetri).
Quel tempo e quella distanza iniziali (un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di un secondo e di un centimetro) dopo il Big Bang ci sono, del tutto oscuri. Quel che è avvenuto in quel tempo e a quella distanza dall’istante zero del Big Bang è il mistero che la fisica e la scienza non potranno mai spiegare. Quello che è veramente avvenuto in quel lasso di tempo rimarrà, in eterno, un segreto. E il terreno di disputa tra scienza e fede. Dove entrambe sono condannate, però, solo a fantasticare. Ad accontentarsi di ipotesi. E mai di prove.