“Una doccia d’acqua gelata per il primo ministro”, è così che la stampa inglese commenta l’entrata a gamba tesa di Stefaan de Rynck – consigliere numero uno di Michel Barnier – circa le possibilità del Regno Unito di assicurarsi l’accordo di libero scambio con l’Ue. Le regole del mercato unico richiedono un mutuo riconoscimento delle norme, ha dichiarato il braccio destro del capo negoziatore dell’Unione Europea.
Stefaan de Rynck, senza timore di smentita, rivolgendosi direttamente alla May ha inteso ribadire che le norme dell’Ue “sono sempre state chiare sul fatto che la Corte di giustizia europea potesse intervenire in qualsiasi momento per dichiarare che il riconoscimento reciproco delle norme rischia di minare l’integrità del mercato unico”. “Principi”, aggiunge, che “non sono né dogmi vuoti o legalistici, ma fondamentali per l’integrità del mercato unico e l’autonomia dell’Ue”. A meno che gli Stati membri non condividano gli interessi del Regno Unito e decidano che l’interpretazione della Commissione del mercato unico sia troppo rigida, ammette. “Sarebbe molto sconsigliabile abbattere quell’unità”, dice ancora De Rynck. Che strizza l’occhio al resto del club dei 28, “se sei in un mercato molto integrato ma non hai le strutture di controllo comuni, puoi trovare il potenziale per tutti i tipi di difficoltà”.
Alla Mansion House, venerdì, la May aveva proposto un accordo commerciale in cui Ue e il Regno Unito riconoscessero, reciprocamente, le regole e gli standard, con un tribunale indipendente capace di controllare le controversie. Michel Barnier aveva reagito con moderata sufficienza. Pare, inoltre, che in tanti anche Bruxelles avessero mostrato un reazione gelida al commento del capo negoziatore del Parlamento europeo che aveva chiesto, indispettito, alla May di andare oltre “le vaghe aspirazioni”.
D’altronde è bastato davvero poco – mentre il signor De Rynck avverte il Regno Unito di non tentare di rompere l’unità dell’Ue, anche perché è improbabile, dice, che “qualcuno faccia pressione sull’Ue per compromettere l’integrità del mercato unico” – che arrivassero le smentite. È l’Ungheria il primo Stato a spezzare le righe. Oltre, infatti, a tessere le lodi di Theresa May e della sua Brexit, il Paese, nella persona del segretario di Stato, Zoltan Kovacs, ha voluto mettere in guardia Bruxelles e i suoi tentativi di punire la Gran Bretagna nei negoziati.
Lo stato dell’Europa orientale ha inteso respingere con forza la rivendicazione di Michel Barnier e dei suoi che vogliono un’Inghilterra alle prese con un accordo su misura e che probabilmente non avrà mai. Kovacs ha dichiarato che Ungheria e Regno Unito sono su un terreno comune e che “pensare di punire gli inglesi, specie se in nome di Bruxelles, è una follia”. Perché “un buon affare è nell’interesse di tutti”.
Gli ungheresi sono convinti che il governo britannico ha tutto il diritto di fare il meglio per la sua gente e l’atteggiamento di Bruxelles è controproducente: “non sono gli stati membri per Bruxelles, ma Bruxelles per gli stati membri”. E, ancora, Barnier e Juncker, “non sono stati incaricati di decidere l’esito dei colloqui sulla Brexit, ma sono semplicemente dei servitori degli stati membri dell’Ue”, dichiara sempre il segretario di Stato ungherese. Un modo di vedere le trattative, insomma, decisamente capovolto rispetto a quello proposto da Barnier e dal suo consigliere.
L’Ungheria chiede pertanto che il Consiglio europeo decida di rappresentare la volontà dei 27 e non che minacci ripercussioni a effetto domino nel caso in cui qualcuno osi dissentire.
Anche perché Kovacs ci tiene a puntualizzare che il referendum sulla Brexit, non è stato altro che “un chiaro segnale della fallita politica di Bruxelles, principalmente legata all’immigrazione, ma anche alla sovranità nazionale”.
Ad ogni modo ora la palla è tra le mani dell’Ue che pubblicherà mercoledì le linee guida che dovranno definire il quadro del futuro accordo commerciale. Documento che dovrebbe essere firmato a fine mese dai leader dell’Ue, ma che mostrerà solo i dettagli “di base” sulla forma di accordo.
Risulta improbabile che il testo rispecchi l’accordo voluto dalla May, ma, allo stesso tempo pare che gli stati membri non finiranno con il fare spallucce.