“Come sarebbe bello se alla crescita delle innovazioni scientifiche e tecnologiche corrispondesse anche una sempre maggiore equità e inclusione sociale!”. Questo l’auspicio di Papa Francesco, che alla Ted Conference di Vancouver del 2017 aveva istruito la platea sul ruolo che la tecnologia può giocare nella riduzione delle disuguaglianze.
Oggi, nella sala Marconi del Palazzo della Radio Vaticana, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione di Vatican Hackathon, il progetto che, dall’8 all’11 marzo riunirà in Vaticano più di 120 studenti provenienti da 16 Università e 40 Paesi nelle intenzioni degli organizzatori, dovrebbe rappresentare il primo passo nella direzione indicata dal Pontefice.
Il termine hackathon nasce dalla crasi di tue termini, hack (violare, molto usato nel gergo informatico) e marathon (maratona). Gli hackathon sono degli eventi ai quali partecipano esperti di diversi settori dell’informatica, che usano le proprie competenze per proporre idee e progetti innovativi. L’idea di tenere un hackathon in Vaticano nasce dall’incontro di Jakub Florkiewicz, studente di Harvard, con il reverendo Eric Salobir, il fondatore di Optic, il primo think tank affiliato al Vaticano che ha a che fare con la tecnologia e monsignor Lucio Ruiz, responsabile della comunicazione in Vaticano.
A prima vista, la scelta della Santa Sede come location per un evento legato al mondo della tecnologia potrebbe sembrare bizzarra. Tuttavia, spiega monsignor Ruiz, che ha già organizzato vari hackathon negli Usa, “la Chiesa ha sempre camminato insieme alla scienza, e ha sempre tratto giovamento dalla relazione tra scienza e fede”. Andrian Ruiz, conosciuto negli ambienti vaticani come il “Webmaster del Papa”, è considerata la personalità che più rappresenta il tentativo di svolta digitale dell’attuale Pontefice, presente attualmente sia su Twitter che Instagram, rispettivamente con 17 e 5 milioni di follower. “L’hackathon avrà al centro tre temi – spiega Ruiz – “che sono anche le sfide che più stanno a cuore al Santo Padre: il dialogo interreligioso, l’accoglienza dei rifugiati e il problema delle diseguaglianze economiche e sociali”.
Anche padre Eric Salobir tiene a sottolineare il filo rosso che collega il primo hackathon al Vaticano e l’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco: “le parole del Pontefice sull’impatto che il mondo della tecnologia potrebbe avere sulle problematiche economico/sociali della società attuale sono state fonte di ispirazione – ha detto il Padre Dominicano – l’obiettivo di questa iniziativa è proprio quello di trovare soluzioni per mettere la tecnologia al servizio di tutti, perché abbia un impatto positivo sulla vita di ognuno”.
Per farlo, sono stati selezionati studenti universitari di diversi background sociali e culturali, appartenenti a fede diverse. “Non è un caso – ha sottolineato Padre Erick – che proprio il Vaticano si presti a questo incontro di diverse culture e religioni. Il dialogo interculturale ed interreligioso è una delle priorità di Papa Francesco e il Vaticano è in questo senso un crocevia ideale dove si incontrano persone da tutto il mondo per promuovere soluzioni cooperative e costruire una certa idea di società”.
Infine, l’hackathon è un’occasione per discutere di un altro dei temi su cui più si è speso l’attuale Pontefice, quello dei rifugiati. Secondo Monsignor Czerny, anche lui presente alla conferenza e esperto di rifugiati, “la Chiesa ha sempre cercato di avvicinarsi al mondo della tecnologia per contribuire a farne un uso più umano, sostenibile e generoso. Per questo – spiega Czerny – l’evento sarà anche occasione per “trovare delle soluzioni da offrire alle periferie del mondo e contribuire alla creazione di un nuovo quadro per l’accoglienza dei rifugiati”.
I partecipanti, in arrivo a Roma in queste ore, si incontreranno nel pomeriggio e incontreranno i quaranta ‘mentori’ che lo assisteranno in questa 36-ore di lavoro. La cerimonia di apertura ufficiale si terrà invece domani mattina al Palazzo della Cancelleria, e sarà introdotta da un discorso di Monsignor Czerny sul tema dei rifugiati. Papa Francesco, ha spiegato Ruiz ai giornalisti, non potrà purtroppo passare a osservare i ragazzi al lavoro. “Tuttavia – spiega il prelato – tiene molto all’iniziativa e vuole essere informato di tutto quello che faranno i ragazzi”.