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Dal Vatican Hackathon al Sinodo. Perché la Chiesa deve guardare alle capacità dei giovani. Parla padre Salobir

salobir

“Troppo spesso la società tende a vedere la tecnologia come parte del problema, e non come parte della soluzione”. A dirlo, nel corso di un’intervista che ha concesso a Formiche.net, non è il Ceo di un’azienda high tech della Silicon Valley e neanche un guru della digitalizzazione a tutti i costi, bensì Padre Salobir, fondatore del think tank Optic (Order for Preachers for Technology, Information and Communication), che opera in stretta collaborazione con il Vaticano, e persona molto vicina a Papa Francesco.

Il nostro dialogo con Padre Salobir si è svolto a conclusione dei lavori del primo Vatican Hackathon della storia, che ha visto più di 120 studenti provenienti da 40 università in ogni parte del mondo radunarsi in Vaticano per trovare soluzioni, rigorosamente high tech, per affrontare alcune delle sfide socio/economiche del nostro tempo.

“I ragazzi hanno mostrato che quello che conta è come noi siamo capaci di plasmare la tecnologia, – ci spiega Padre Salobir visibilmente emozionato – le persone modellano la tecnologia e questa poi modella a sua volta la società. Quindi, i valori che ispirano la creazione della nuove tecnologie saranno quelli su cui si fonderà la società del futuro. È nostro dovere dare ai ragazzi i mezzi, poi loro sanno cosa fare”.

Difficile dare torto al Padre dominicano, almeno se si guarda cosa sono riusciti a produrre, nello spazio di 36 ore, le squadre del Vatican Hackaton versione 2018. I progetti giudicati più meritevoli da una giuria di 9 esperti, tra cui figuravo figure di spicco di Google e Microsoft, sono stati premiati con un assegno di 2000 dollari sabato 10 Marzo nella sede della Curia Generalizia dei Gesuiti.

Tra questi c’è Duo collegare, una app frutto del lavoro e della passione di un team di studenti dell’Università di Calgary, in Canada, ispirati dall’appello di Papa Francesco a creare dialogo interreligiosi attraverso esperienze condivise. Duo Collegare è una piattaforma che mira a collegare persone con background diversi, inspirate dalla stessa comune volontà di lavorare per il bene comune. Per la sezione “Inclusione sociale”, è risultata vincitrice Co-unity, che punta a integrare i senza tetto nel mercato del lavoro, creando una piattaforma digitale dove ognuno possa postare le proprie offerte per piccoli lavoretti per cui i senza tetto potranno candidarsi. Tra i vincitori c’è stata anche “Creditability”, che ha affrontato in modo originale e intelligente il tema dei rifugiati, e della loro integrazione nella società. Partendo dal dato allarmante che 2/3 dei rifugiati in Europa è senza casa perché spesso mancano dei mezzi convincere i proprietari della loro affidabilità, i ragazzi hanno progettato un algoritmo che consente di creare un vero e proprio punteggio per valutare l’affidabilità dei rifugiati, in base ai dati relativi alle loro spese e ai loro guadagni.

“I giovani non si accontentano di avere un impiego prestigioso e ben remunerato, vogliono prima di tutto sapere perché si svegliano la mattina e vanno a lavorare!” Padre Salobir è molto fiducioso nel desiderio della nuova generazione di impegnarsi per il prossimo, “Questi ragazzi – commenta – prima ancora che dal desiderio legittimo di affermazione personale, sono mossi dal desiderio di dare un contributo determinante per la società.”

Perché riescano a farlo però, ammonisce il Padre dominicano, “è necessario dare fiducia ai giovani e dotarli dei mezzi necessari”. Per questo Optic, con l’aiuto degli sponsor del Vatican Hackathon, intende dare seguito all’esperienza dell’Hackathon, accompagnando e supportando dei progetti selezionati, per fare sì che possano accedere al mercato.

Un sogno Padre Salobir ce l’ha: “Vorrei riuscire a far presentare a alcuni studenti i loro progetti al Sinodo che si celebrerà a ottobre e avrà come tema proprio la gioventù – ci confida – perché possano mostrare a più di duemila vescovi cosa sono capaci di fare i giovani”.


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