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Vi spiego l’evoluzione della dottrina militare cinese di Xi Jinping

Xi Jinping

Qual è la dottrina militare, la “filosofia della guerra” di Xi Jinping? Per capire bene l’evoluzione degli studi bellici cinesi fino ad oggi, occorre però andare a studiare la tradizione dell’Esercito di Liberazione del Popolo e la visione che, nella storia della dottrina della guerra, ha mantenuto il Partito Comunista Cinese. Per il pensiero strategico cinese attuale, la scienza della strategia militare è lo studio delle leggi della guerra, delle leggi sulla condotta della guerra, dell’analisi delle predizioni sulla guerra e lo studio del più probabile tipo di guerra nel futuro, tutti analizzati sulla base degli scenari passati, presenti e futuri. Ma, qui, occorre iniziare almeno dalla filosofia militare di Deng Xiaoping, che è il primo leader cinese a rompere con la filosofia della “guerra di popolo” maoista, nella quale la tecnologia mancante viene sostituita dalla grande dimensione delle masse in armi. E tutto questo, lo notiamo, era per Mao la linea per la preparazione alla resistenza ad un attacco nucleare con successiva invasione, attacco N portato avanti molto probabilmente dall’Urss o dagli Usa. I Due Mondi, infatti, della dottrina sulla politica estera di Mao, il Terzo era quello dei Paesi Poveri, che sarebbero stati globalmente diretti dalla Cina comunista.Per Deng, invece, si passa dalla percezione primaria di una minaccia globale alla teoria della “guerra limitata” e locale intorno ai confini della Cina. La “linea” di Deng Xiaoping sulla guerra e la difesa ipotizzava soprattutto conflitti di terra ai confini del Nord e dell’Est (il “nemico del Nord”, la Russia sovietica, come la chiamava Deng) ma anche scontri marittimi, attacchi aerei di sorpresa, con le successive necessarie contromosse dell’Esercito di Liberazione Popolare. Manca, in Deng, nel suo pensiero militare, e questa è una eredità di Mao, una dottrina specifica dell’arma nucleare che, come insegnava anche il maresciallo Shaposhnikov dell’Urss, è “un’arma come le altre”.

Le nuove guerre locali teorizzate e studiate da Deng Xiaoping e da Jiang Zemin sarebbero state “battaglie rapide per arrivare a rapide risoluzioni”. Invece di far entrare il nemico nella profondità del territorio cinese, come pensava Mao Zedong, per poi stringerlo in una morsa di masse popolari in armi, la nuova dottrina di Deng e Jiang ipotizzava operazioni in profondità nel territorio nemico. E quindi si sottolineava la preparazione tecnologica molto evoluta, l’abilità delle truppe di élite contro le grandi masse di maoista memoria, le operazioni sotto copertura, la sorpresa tattica e strategica, le azioni combinate in profondità. Oltre il mito della guerra nucleare totale, a cui anche Mao credeva; e che pure era una tigre di carta, si cercava, nella nuova linea militare di Jiang Zemin la massima letalità delle armi, la precisione tattica, l’accerchiamento e il superamento tacito del nemico, la penetrazione oltre le linee. Successivamente, il pensiero militare e strategico del Pcc si concentra sulla Rivoluzione negli Affari Militari, che gli Usa avevano elaborato nei primi anni ’90. È però qui da ricordare che la prima ipotesi di Rma viene elaborata dal maresciallo Ogarkov in ambito sovietico, con la sottolineatura della robotizzazione del campo di battaglia e del sempre più importante ruolo dello spazio e dei satelliti come armi in sé e per l’intelligence, sia tattica che strategica. Jiang Zemin rivede questi concetti occidentali e sovietici e vi aggiunge una serie di osservazioni sulla dimensione politica e sociale del conflitto, ma sempre in un quadro di “guerra regionale in condizioni di alta informatizzazione”.

Si noti, inoltre, che la famosa teoria di Mao “sulla giusta risoluzione delle contraddizioni in seno al popolo”, un titolo ormai proverbiale, era nei fatti un appello al compromesso con i sovietici, che sostenevano la “via parlamentare” come peraltro i partiti che dipendevano dall’URSS; mentre i cinesi volevano una maggiore “lotta antimperialista” e anticolonialista. E ci furono altri risultati militari, in questo frangente politico-ideologico tra Cina e Urss: Krusciov si rifiutò di rispondere attivamente alle operazioni dei marines Usa in Libano, oltre a rifiutarsi di appoggiare la Cina quando Pechino iniziò a bombardare l’isola di Quemoy ancora occupata dal kuomintang di Chiang kai Shek, facendo poi capire a tutti che mai l’Unione Sovietica avrebbe concesso un prototipo di bomba nucleare alla Cina. Ecco la vera trama militare di una ormai famosissima discussione, apparentemente scolastica e fumosa, tra le due potenze marxiste del globo. Quindi, l’URSS, il “nemico del Nord”, nel 1991 non esisteva più, il timore della grande invasione era scemato. Ma, per i decisori cinesi, del tutto correttamente, il mondo non più bipolare aumentava la probabilità dei conflitti regionali, non la diminuiva di certo. Altro che i sogni, o deliri, pacifisti che presero le menti non solo del pubblico ignaro, ma anche dei decisori occidentali.

Le sanzioni imposte alla Cina dagli Usa dopo i fatti di Tienanmen, la continua polemica anglo-americana sui diritti umani in Cina, il sostegno di Washington a Taiwan durante la crisi del 1996, quando gli americani mandarono due portaerei nello stretto di Formosa, poi la questione del Tibet, la prossima dello Xingkiang, che sta montando oggi tra i media influencer americani e europei, infine le tensioni commerciali tra Usa e Cina, tutto faceva pensare, in quegli anni ma anche dopo, che il “nemico lontano” della Cina, gli Usa, sarebbero rimasti, appunto, l’unico vero nemico.

Ed è lo show tecnologico Usa nelle due Guerre del Golfo, nel 1991 e nel 2003, che convince definitivamente i decisori cinesi della nuova direzione, tutta informatica e tecnologica, che deve prendere la Forza Armata Nazionale del Pcc. Ma il momento della verità arriva, per i cinesi, quando gli Usa creano il casus belli in Kosovo, il che dimostra, per i decisori del Partito e del Pla, come gli Usa siano capaci di creare situazioni difficili manipolando sia la diplomazia che l’equilibrio militare di una intera area.

Ma qual è, oggi, la visione politico-militare di Xi Jinping? Nei documenti ufficiali la “linea” di Xi riguarda, più che l’analisi delle nuove minacce o le questioni dottrinali più astratte, l’elenco delle cose che il Pla deve assolutamente compiere in breve tempo:

  1. Migliorare la capacità di tener fronte simultaneamente ad una vasta gamma di emergenze interne e di minacce militari, tattiche o meno, che dovessero mettere in pericolo la sovranità della Cina per terra, mare e cielo;
  2. Sostenere la dura e specifica salvaguardia dell’unificazione della Madrepatria, elemento essenziale, aggiungiamo noi, per la realizzazione della grande Belt and Road Initiative,
  3. Salvaguardare la sicurezza della Cina “in nuovi contesti”; e qui ci si riferisce evidentemente alla tutela del sistema finanziario e industriale, oltre che politico,
  4. Sostenere la protezione degli interessi cinesi oltremare, il vero nuovo asset strategico della Cina come potenza economica globale,
  5. Migliorare l’efficienza della deterrenza strategica N e cyber e la possibilità, da parte del Pla, di portare a segno un contrattacco nucleare rapido e fortemente dissuasivo,
  6. Far aumentare la partecipazione del Pla alle operazioni internazionali di pace, un pieno riconoscimento della Cina anche sul piano militare,
  7. Rafforzare la tutela della patria cinese contro il separatismo e il terrorismo,
  8. Migliorare la capacità del Pla di svolgere appieno i suoi compiti durante le crisi ambientali e sanitarie, memoria della crisi durante l’influenza aviaria del 2003 e negli anni successivi.

Quindi, per vincere una guerra regionale informatizzata, primo obiettivo politico e strategico del Pla, occorre la massima tutela, da parte anche dello stesso Pcc, della sorpresa strategica; oltre alla tutela degli interessi cinesi oltremare, altro obiettivo primario della dirigenza cinese. Poi, la difesa degli interessi “in altri campi” si riferisce qui alla espansione della Cina sul piano marittimo, spaziale e cyber. Una espansione che va ben oltre i limiti territoriali della Cina e delle aree quali Hong Kong e Macao. E, in effetti, Pechino cerca oggi nuove basi militari all’estero, ovvero: Chongjin, in Corea del Nord, Port Moresby in Papua Nuova Guinea, Sihanoukville in Cambogia, Koh Lanta in Thailandia, Sittwe in Myanmar, Dacca in Bangla Desh, Gwadar (Pakistan) Hambantotaport (Sri Lanka) Le Maldive, le Seychelles, Gibuti, Lagos (Nigeria) Mombasa (Kenya) Dar es Salaam (Tanzania) Luanda (Angola) Walvis Bay (Namibia). Certo, questo programma di espansione militare e di riposizionamento strategico sotto Xi Jinping presuppone una serie di azioni anticorruzione che pure hanno pesantemente toccato anche il PLA, soprattutto negli alti gradi.

Quindi, per Xi occorre una Forza Armata cinese molto avanzata sul piano tecnico e operativo, ma soprattutto fortemente e unicamente sottoposta al Partito, anch’esso in fase di verifiche anticorruzione, verifiche che proseguono ormai da anni. Esperti  e Rossi, torna ancora qui il dilemma della Cina di Mao Zedong, ma nel nuovo orizzonte globale imposto dalla presidenza di Xi Jinping.


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