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L’Afghanistan tra il rinnovato impegno della Nato e i distinguo di Usa, Germania e Italia

La Nato non abbandona l’Afghanistan, continua a sostenere il governo di Ashraf Ghani e a sperare in una trattativa con i talebani contando anche su Pakistan, Russia e Iran. I talebani, però, hanno altre intenzioni e annunciano una nuova campagna di primavera dichiarando che gli obiettivi principali saranno gli Stati Uniti, in particolare l’intelligence, e i loro alleati e solo in seconda battuta le forze armate afghane. La nota ufficiale che ha concluso la ministeriale Nato tenutasi a Bruxelles il 27 aprile con il battesimo del neosegretario di Stato americano, Mike Pompeo, contiene un sostegno assoluto all’attuale governo di Kabul (ricordando la conferenza del 28 febbraio nella quale Ghani propose una trattativa finalizzata alla pace) e sottolinea che la possibilità di mettere fine a una lunga guerra è tutta nelle mani dei talebani.

L’Alleanza conta sull’appoggio del Pakistan per compiere opera di convincimento nei confronti dei talebani, oltre che per collaborare a interrompere i flussi di finanziamento dei terroristi, e sollecita anche Iran e Russia a fornire il proprio contributo alla pace. Due gli appuntamenti fondamentali nel prossimo futuro: le elezioni per il nuovo Parlamento fissate al prossimo 20 ottobre e quelle presidenziali del 2019.

La Nato ha ribadito la posizione favorevole alla trattativa due giorni dopo l’annuncio dell’offensiva di primavera chiamata “al Khandaq” e ispirata alla Battaglia di Medina del 627. Sul loro portale “Voci del jihad” i talebani spiegano che la pianificazione e la strategia delle operazioni “sono organizzate dagli esperti della Commissione militare dell’Emirato islamico e si basano su guerriglia, azioni offensive, tattiche di infiltrazione e nuove complesse tattiche per distruggere, uccidere e catturare gli invasori stranieri e i loro sostenitori”. “Una speciale attenzione – aggiungono – dovrà essere data alla protezione della vita e dei beni della popolazione civile, per cui dovranno essere adottate tutte le misure cautelative al momento di attaccare gli obiettivi prescelti”.

La necessità di evitare le vittime civili, tanto da renderlo esplicito nel documento, si spiega con numeri eclatanti: secondo un report dello scorso febbraio della missione Onu di assistenza in Afghanistan, nel 2017 sono stati uccisi 3.438 civili, oltre a 7.015 feriti, e le vittime civili sono aumentate all’inizio di quest’anno. Così i talebani rischiano di alienarsi le simpatie tra la popolazione anche se sono forti, controllano quasi il 70 per cento del territorio e le forze alleate, nonostante gli sforzi, incontrano serie difficoltà. Una breve analisi del Soufan Center di New York ricorda che, nonostante gli aumenti delle truppe, i successi militari sono insufficienti. Il contingente statunitense, così come deciso nei mesi scorsi dal presidente Donald Trump, è comunque aumentato fino a sfiorare le 15mila unità: il numero esatto non si conosce perché l’attuale amministrazione americana mantiene una maggiore riservatezza rispetto al passato.

Certo è che l’impegno americano è in crescita e quest’anno il costo della missione afghana per gli Usa sarà di 45 miliardi di dollari. All’interno della Nato pur condividendo la strategia di fondo, restano dei distinguo. La Germania, per esempio, all’inizio dello scorso marzo ha ufficializzato l’aumento delle truppe da 960 a 1.300 unità mentre l’Italia, con l’obiettivo di focalizzare gli sforzi sul Mediterraneo e dintorni, ha deciso la riduzione del contingente che oggi sfiora i 900 militari. In realtà, dopo l’approvazione da parte del Parlamento nello scorso gennaio del decreto missioni che comprende questa riduzione e il dimezzamento delle truppe in Iraq, non sono stati ancora presi provvedimenti operativi in attesa del nuovo governo. L’incertezza continuerà almeno fino alle elezioni di ottobre: da un lato la Nato proseguirà l’addestramento delle forze afghane e, in certe aree, attuerà operazioni mirate antiterrorismo; dall’altro gli attentati aumenteranno, forse per dare ai talebani maggiore potere contrattuale alla vigilia del voto.



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