Vero, non è un periodo facile per Vincent Bolloré (nella foto). Falso, il raider bretone, classe 1952, col gusto dei blitz in Italia (Mediobanca, Tim, Generali) non è vinto, non del tutto almeno. La notizia piombata in mattinata nelle redazioni di mezzo mondo, Bolloré fermato a Nanterre per presunte tangenti pagate a funzionari per ottenere concessioni in Africa, chiude il cerchio di una serie di rovesci patiti dal patron di Vivendi, azionista di riferimento di Tim. Iniziati con l’ingresso nell’ex monopolista del Fondo Elliott, proseguiti con l’accerchiamento di Vivendi ad opera di Elliott e degli altri fondi azionisti e conclusi con lo scontro finale con gli americani, rimandato al 4 maggio, dalla quale uscirà un unico vincitore. In mezzo, la pax mancata con Mediaset sul contenzioso di Premium e il rapido deteriorarsi dei rapporti con il governo italiano sulla questione della rete, che Roma non vuole lasciare in mano francese.
Certo, il finanziere francese, fino al 2013 vicepresidente del Leone di Trieste, può contare ancora su solidi appoggi. Uno su tutti l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, legato a Bolloré da una profonda amicizia, almeno così pare. Nonostante i salotti buoni però c’è da chiedersi se per l’imprenditore nato a Boulogne-Billancourt, nella regione dell’Île-de-France, abbia intrapreso il viale del tramonto industriale dopo anni di scorribande. Formiche.net lo ha chiesto direttamente alla giornalista del Fatto, Fiorina Capozzi, ben addentro alle cose di finanza francesi e autrice di un libro sullo stesso finanziere, Vincent Bolloré. Il nuovo re dei media europei (GoWare edizioni), pubblicato nel 2015 proprio mentre i francesi di Vivendi iniziavano la scalata a Tim.
“Certamente per Bolloré questa è una fase molto delicata. Il raider bretone si trova fra due fuochi: da un lato ci sono i problemi giudiziari in Francia e dall’altro una difficile fase di stallo nella campagna italiana. L’aspetto più preoccupante è senza dubbio la situazione Oltralpe perché è il segnale che Bolloré non ha più quelle coperture politiche che hanno favorito la sua ascesa nei media durante il periodo di Sarkozy, finito anche lui nel mirino della magistratura per presunte tangenti alla sua campagna presidenziale”, spiega Capozzi.
Per la quale è “davvero difficile immaginare che, in questa complessa situazione, Bolloré possa portare a termine il progetto di una media company europea ideato ormai più di 15 anni fa. Non è un caso del resto che, pochi giorni prima della notizia del fermo, il finanziere bretone abbia deciso di passare il testimone di Vivendi al figlio Yannick, che è in buoni rapporti con il Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron. Chi lo conosce, sa bene che Bolloré non è uno che molla nel pieno di una battaglia. A Parigi, corre voce infatti che, in questa occasione, abbia giocato d’anticipo facendo buon viso a cattivo gioco”.
Quanto alle vicende africane, le contestazioni per cui Bolloré e i suoi dirigenti sono stati fermati non sono in assoluto una novità. “Da tempo circolano in Francia e in Africa indiscrezioni che riferiscono di presunti metodi corruttivi utilizzati da manager del gruppo Bolloré nel continente nero. E del resto le stesse indagini che hanno portato oggi al fermo sono state avviatel 2010, cioè ben otto anni fa”.
Dunque il finanziere bretone è finito alle corde e per giunta senza un secondo? “Quando Nicolas Sarkozy ha lasciato l’Eliseo, Bolloré ha perso il suo più prezioso alleato. Ha tentato di ricollocarsi politicamente, ma l’operazione non è riuscita. Forse anche per via della sovraesposizione legata a doppio filo con la costruzione del suo impero media che ha fatto emergere un atteggiamento di censura nei confronti dei giornalisti suoi dipendenti. In questo scenario, anche i buoni amici si nascondono per evitare l’onda d’urto di critiche e polemiche. Ne ha risentito poi anche l’immagine internazionale rendendo più difficili le relazioni istituzionali in Italia. Non a caso, anche a Roma, Bolloré ha tentato di comunicare, senza successo, con il governo. Ma l’immagine di raider finanziario ha giocato contro di lui soprattutto perchè Telecom è un affare speciale in cui s’intrecciano questioni economiche, finanziarie, bancarie ed infine politiche”.
Secondo la giornalista, c’è dunque un profondo problema di opinione pubblica a monte di tutto. “A Roma c’è chi lo vede come uno speculatore, c’è chi lo definisce semplicemente come il nemico di Berlusconi. Solo in pochi lo immaginano anche come un imprenditore. Con questo biglietto di presentazione è difficile fare breccia nel cuore di un governo. Soprattutto quando non c’è un appoggio politico forte da parte di Parigi e in ballo ci sono temi rilevanti per la sicurezza nazionale come le telecomunicazioni”.
Insomma, di alleati, veri, di peso, per ora nemmeno l’ombra. E Bollorè ormai si ritrova pressoché isolato visto che l’ex presidente non gode certo di stima presso i francesi. “Sarkozy ha già i suoi problemi con l’indagine sulle presunte tangenti libiche per la sua campagna elettorale. In questo momento, agli occhi dell’opinione pubblica francese, l’ex presidente è quello che con una mano ha preso soldi dei libici e con l’altra ha gettato le bombe sul suo ex alleato Gheddafi. Non certo una bella immagine che piace ancora di meno alla politica italiana tenuto conto che il nostro Paese ha pagato un elevato prezzo per la guerra in Libia sia in termini di aumento dell’immigrazione nel Mediterraneo che di perdita di lucrosi contratti dell’Eni. Ancora una volta, a Roma, il biglietto da visita non può certo essere Sarkozy”.