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Cosa c’è dietro il disimpegno Usa nella base turca di Incirlik

L’immagine del cargo americano C-5M Super Galaxy che carica sistemi d’arma da 40 tonnellate (il terzo in una settimana dello stesso volume) dice molto più di comunicati e dichiarazioni. Dice che sta mutando l’approccio al quadrante del Mediterraneo orientale, dove Washington punta a ridurre la presenza militare in Turchia per preferire altri siti (come Cipro e Creta?), dove non c’è il rischio di impasse per il doppio ruolo di Ankara, membro della Nato e principale aggressore di Paesi Nato (Grecia e Cipro).

La decisione, secondo fonti militari, sarebbe stata presa all’indomani del golpe farlocco del 2016, con il Pentagono che ha iniziato a guardarsi attorno come ammesso più volte anche dal Wall Street Journal.

QUI INCIRLIK

La base turca di Incirlik è stata utilizzata dagli americani come punto di partenza per attacchi contro obiettivi Isis, ma il governo turco l’ha sempre “immaginata” come merce di scambio nei confronti di Washington. Dallo scorso gennaio gli Stati Uniti hanno iniziato a programmare il trasferimento di tutto il loro arsenale di attacco altrove, come le basi in Paesi Ue del Mediterraneo. E il caso Exxon, con le minacce turche alla nave Usa rintuzzate dalla presenza della sesta flotta, ha solo accelerato uno step già avviato.

Secondo fonti militari israeliane il trasferimento dei mezzi militari statunitensi da Incirlik nella base ellenica di Andravida è un fatto certo, come dimostra l’attivismo dell’ambascatore americano ad Atene Geoffrey Pyatt, anche se non c’è alcuna conferma ufficiale da parte greca. Nell’utimo semestre si sono intesificate le visite in Grecia non solo di alti papaveri della Nato ma anche di fregate americane e generali pluristellati.

Ufficialmente il Pentagono giustifica il trasloco da Incirlik come un cambiamento di priorità, sottolineando che l’interesse degli Stati Uniti si sta spostando dalla Siria all’Afghanistan. Ma è chiaro che a giocare un ruolo significativo in questo scenario mutevole è evidentemente il deterioramento dei rapporti Ankara-Washington conseguente alla politica di Erdogan che insiste nel porsi di traverso su molti fronti: attacca la Grecia (un paese dell’Ue e della Nato) sulle isole dell’Egeo che rivendica, non risolve il caso dei due militari greci arrestati al confine con l’Evros su cui si staglia la pesantissima ombra di un rapimento intenzionale, mantiene uno stato di non diritto a Cipro (Stato membro Ue) con 50mila militari nella parte occupata, si erge a new player nel dossier energetico legato ai nuovi idrocarburi ma senza avere un appiglio giuridico, visto che le rivendicazioni sulla zona economica esclusiva di Cipro non stanno in piedi.

QUI CONGRESSO

Il Congresso degli Stati Uniti sta esaminando un consistente paper circa costi e benefici dell’alleanza turca e ha identificato i due punti di maggiore contesa che inaspriscono le relazioni. Gli autori sono due specialisti assoluti del quadrante mediorientale che sono comparsi dinanzi al congresso abbozzando uno scenario multiforme composto da una serie di elementi come il sostegno degli Stati Uniti alle fazioni curde in Siria, le intenzioni di Ankara nel dossier energetico e il futuro delle relazioni tra le parti anche alla luce dell’influenza russa su quella macro regione.

Un altro fronte caldo riguarda l’acquisto di sistemi di difesa missilistica S-400 dalla Russia nonostante i gravi dubbi degli Stati Uniti che potrebbero compromettere il sistema di sicurezza integrato all’interno della Nato. Secondo il rapporto “l’acquisizione programmata del sistema S-400 potrebbe anche scatenare sanzioni ai sensi della legge statunitense in vigore.”

In una lettera del settembre 2017 al presidente Trump, i senatori John McCain e Ben Cardin citarono l’accordo come una possibile violazione della sezione 231 della Controriforma americana.

Per cui le accresciute tensioni hanno portato a temere che, se le relazioni continuassero a deteriorarsi, la cooperazione militare tra i Paesi potrebbe essere sospesa. Ed ecco il perché della mossa a Incirlik. Il primo riverbero logistico, quindi, sarebbe quello relativo all’uso del territorio e dello spazio aereo turco per proteggere i propri interessi per cui la ricerca ha anche esaminato il costo potenziale di un ritiro degli Stati Uniti da İnciırlik, la principale base aerea del Paese in Turchia, e un hub fondamentale per le sue attività in Afghanistan.

Tra l’altro circola con insistenza la tesi che in questo modo gli Usa otterrebbero un doppio vantaggio: “si libererebbero” dalla spada di Damocle di Erdogan che fino ad oggi ha sempre sbandierato la base come una concessione di Ankara a Washington; e rafforzerebbero la loro presenza in Grecia dove proprio in questi mesi sta per essere avviata una nuova stagione di interventi legati alla ricerca di idrocarburi in cui saranno impegnati anche partner a stelle e strisce.

twitter@FDepalo

(U.S. Air Force photo by Tech Sgt Brad Fallin)



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