Non importa chi vince, quello che conta è che sia il migliore e con la potenza di fuoco maggiore. Un messaggio, quello del commissario Agcom Antonio Nicita, non certo scontato e né tanto meno banale se la domanda riguarda lo scontro in campo aperto tra Elliott e Vivendi per il controllo di Tim.
Intervistato da Formiche.net a margine del convegno Aiip a Roma, Nicita dice la sua sulla partita industriale di queste settimane, prossima alla svolta del 4 maggio quando l’assemblea dei soci si pronuncerà sulle rispettive liste per il nuovo cda (qui lo speciale di Formiche.net). Perché chi la spunterà, il fondo Usa o la media company francese, avrà l’onere e l’onore di portare avanti lo spin off della rete per dare vita a quell’attesa creazione di una società incaricata di gestirla, con la probabile partecipazione dello Stato italiano, nelle vesti di Open Fiber.
“Quella che interessa a noi, come Autorità di controllo sulle comunicazioni, non è tanto la natura della proprietà della rete, pubblica o privata che sia, o public company, quanto la bontà del progetto. Tim ci ha presentato un progetto per la separazione della rete e l’Agcom sta svolgendo la sua analisi di mercato, che si concluderà verosimilmente per agosto. Questo credo che porterà a delle novità, anche per la stessa Tim”, spiega il commissario.
Questa mattina il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda ha ribadito in un tweet il suo no a una società della rete interamente pubblica. “Lo Stato non sta prendendo il controllo di Tim, riteniamo che una rete unica separata e neutrale corrisponda all’interesse generale. Pensiamo che un modello public company sia preferibile ad un controllo che ha mostrato limiti”.
“Il vero obiettivo, non bisogna dimenticarlo, è che al netto della compagine societaria ci sia un alto standard di qualità del servizio al consumatore, con una visione di lungo periodo negli investimenti per il miglioramento dell’infrastruttura. Chiunque prenderà il controllo di Tim dovrà avere come obiettivo essenziale l’investimento sulla rete e sui servizi al cittadino”.
Certo, Nicita non nasconde la sensazione di incertezza che aleggia intorno a Tim e alla futura società della rete, soprattutto in merito al peso che avrà lo Stato. “Non bisogna nascondere che nella letteratura economica in cui la presenza pubblica è stata portatrice di qualità e altri in cui invece ha portato inefficienza. Ma a noi fondamentalmente interessa il destino dei consumatori”.
Più in generale Nicita parla di un problema di fondo dell’Italia nel completamento delle infrastrutture per la banda larga. Un ritardo che costa al Paese punti di Pil. “Abbiamo sia un problema sia dal lato dell’offerta, con la necessità di rafforzare gli investimenti nella tecnologia in nuova fibra e in fibra-rame. Poi se possibile c’è un problema ancora più grande dal lato della domanda, dove occorre la necessità di sviluppare servizi integrati nelle aziende e nella Pa che possano attarre e usufruire della tecnologia messa a disposizione dai vari operatori”.