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Ecco perché il vertice su Embraco soddisfa solo a metà i sindacati

Tre è meglio di due. Se poi ci fosse anche un po’ di chiarezza sui piani industriali si potrebbe stare ancora più tranquilli. Nel giorno in cui il ministro dello Sviluppo economico uscente, Carlo Calenda, ha riunito i sindacati al Mise per aggiornarli sul rilancio dello stabilimento Embraco di Riva di Chieri, l’azienda brasiliana dei compressori per frigoriferi del gruppo Whrilpool, che ha deciso di spostare le linee produttive in Slovacchia a causa del minor costo del lavoro (qui il focus di Formiche.net), la soddisfazione post incontro è di quelle a metà. Colpa di un mix di buone notizie e qualche incognite.

Partendo dalle prime, le aziende potenzialmente interessate a rilevare gli stabilimenti Embraco sono tre e non due. Questo significa aumentare le chance di re-industrializzazione, ovvero salvaguardare il sito attraverso una sua riconversione per la realizzazione di altri prodotti. Il tutto garantendo ai lavoratori che non hanno optato per l’esodo volontario, frutto dell’accordo sindacale del mese scorso, un posto di lavoro. In pratica, l’azienda che sceglierà di subentrare all’Embraco, dovrò riconvertire l’attuale forza lavoro (al netto di chi sceglierà l’esodo) alla fabbricazione di un nuovo prodotto industriale.

Dopo Embraco potrebbe infatti arrivare una società a proprietà cinese e israeliana, che produce macchinari per la pulizia di pannelli fotovoltaici, oppure una italiana, precisamente torinese, la Astelav, che si occupa di rigenerazione di elettrodomestici. Una terza, ed è la novità di oggi, sarebbe una grande multinazionale giapponese già attiva in Italia attraverso alcuni stabilimenti. Adesso la tabella di marcia prevede un nuovo incontro il 23 aprile, data in cui il ministero dello Sviluppo, che nell’individuare le tre pretendenti ha lavorato gomito a gomito con Invitalia, il braccio operativo che gestirà il fondo anti-delocalizzazione (dotazione iniziale 200 milioni), dovrà scoprire le carte fornendo i nomi dei potenziali acquirenti e i relativi piani industriali per il rilancio dell’area piemontese.

Vito Benevento, responsabile Uilm per Embraco, ha seguito la crisi dell’azienda fin dalla prima ora e anche oggi era presente al tavolo con Calenda. A Formiche.net rivela le sue sensazioni a caldo, dopo il vertice in mattinata. “A dire la verità ci aspettavamo qualcosa in più dall’incontro con il ministro. Certo, non posso dire che la presenza di una terza azienda non sia una buona notizia per noi. Ma avremmo voluto sapere qualche dettaglio in più dal ministro, sul nome delle aziende e sulle loro idee per il rilancio dello stabilimento”. Benevento fa esercizio di realismo quando ammette che sì, “i tempi per la re-industrializzazione non saranno brevi, anche perché prima, il 20 di questo mese, c’è da approvare in definitiva il fondo anti delocalizzazione. Calenda ci ha riconvocato per il 23, per quella data vogliamo delle risposte. Perché ad oggi non conosciamo i loro piani”.

I sindacati non temono un cambio della guardia al Mise, qualora si dovesse trovare la quadra sul nuovo governo. “Una volta che il fondo sarà attivato, il ministro che verrà dovrà accompagnare un’operazione comunque già messa in moto, non siamo spaventati più di tanto. Quello che ha iniziato Calenda lo finirà un altro”. Lo stesso Calenda ancora in attesa di sapere se l’Ue prenderà posizione contro la Slovacchia, accusata di aver utilizzato risorse pubbliche per abbassare il costo del lavoro al fine di attrarre aziende. Una causa perorata dallo stesso Calenda a Bruxelles, che ha partorito l’avvio di un’indagine conoscitiva. “La Vestager (Margareth, commissario alla concorrenza, ndr) ha detto che sta indagando – ha detto – e sto aspettando che mi dia una risposta. Non ci siamo dati dei tempi ma spero che entro aprile ci sia una risposta”.

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