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Fibra e digitale, la missione (possibile) di Open Fiber. Aspettando Tim

Da una parte la politica, che cerca la quadra sul nuovo governo. Dall’altra lo scontro titanico tra Vivendi ed Elliot per il controllo di Tim (qui lo speciale di Formiche.net con tutti i dettagli). In mezzo, un Paese alla disperata ricerca di una digitalizzazione quanto mai complicata, che passa necessariemente per lo sviluppo della banda larga. L’innovazione insomma non può aspettare. Un messaggio emerso con forza dal convegno Italia a tutta fibra, organizzato questa mattina da Askanews in collaborazione con Open Fiber, la società pubblica incarcata di portare la fibra in tutto il Paese.

E proprio a Open Fiber, partecipata pariteticamente da Enel e Cdp, spetta il ruolo di motore della digitalizzazione in Italia, nonostante i tanti ostacoli. Se infatti da una parte c’è la rete in rame di Tim, il cui destino è ancora tutto da scrivere (se nell’assemblea del 24 aprile la spunterà Elliott si andrà incontro allo spin off), dall’altra c’è la fibra di Open Fiber, una tecnologia nei fatti diversa da quella in mano all’ex Telecom.

Francesco Nonno, capo della regolamentazione di Open Fiber, è partito da quello che per la società di Enel e Cdp è il primo vero traguardo del 2018. E cioè “il finanziamento da 3,5 miliardi che abbiamo ricevuto da un pool di banche primarie per cablare l’Italia. Questo dimostra una cosa, che il nostro piano non ha difficoltà ad essere realizzato, checché qualcuno dica il contrario. La nostra è una grande operazione in corso, con degli obiettivi ambiziosi e importanti, credo proprio che ci saranno delle soddisfazioni”.

“Il piano di Open Fiber prevede la copertura”, ha ricordato Nonno, “di 19 milioni di unità immobiliari su tutto il territorio nazionale e un piano d’investimenti da 6,5 miliardi di euro. Siamo un operatore relativamente nuovo nel panorama nazionale ma stiamo camminando a passi veloci. E per questo ci candidiamo a costruire una rete tutta in fibra”.

Open Fiber però avrà bisogno di partner industriali forti per portare a termine il proprio progetto. E qui entrano direttamente in gioco i grandi operatori tlc attivi sul territorio, come Wind-Tre, Vodafone e naturalmente Tim. Il primo era rappresentato da Stefano Takacs, capo del network engineering di Wind. “La tecnologia e la digitalizzazione del Paese sono nel nostro dna, non è un caso che abbiamo deciso di investire 6 miliardi in un periodo di cinque anni”. Proprio ieri Wind in collaborazione con Open Fiber, ha annunciato di aver portato la fibra in alcuni importanti comuni lombardi, come Opera, Rozzano e Buccinasco.

C’è poi chi vede nella strategia messa in campo da Open Fiber (la quale, in caso di spin off della rete Tim avrà quasi certamente un ruolo nella nuova società) il grimaldello per progettare, per esempio, abitazioni intelligenti e sostenibili. Uno come Stefano Pileri, ceo di Italtel, storica società tlc italiana oggi parte del gruppo Exprivia. Ma soprattutto, altro partner strategico di Open Fiber, visto che la spa guidata da Pileri è stata cooptata come progettista ufficiale unico per le reti da reti in fibra da realizzare nei cluster C e D, dove Open Fiber ha vinto le gare indette da Infratel.

“Il piano per velocizzare la cosiddetta trasformazione digitale della nostra economia è una grande opportunità per trovare soluzioni allo snellimento delle procedure amministrative. Non solo. La progressiva cablatura dei territori avrà impatti anche sull’edilizia abitativa perché renderà possibile un progressivo sviluppo di building intelligenti, ovvero abitazioni efficienti anche da un punto di vista energetico”, ha spiegato Pileri.

Le somme sono state tirate da Maurizio Dècina, presidente di Infratel, la società del ministero dello Sviluppo che ha assegnato le gare per cablare le diverse zone d’Italia. “Se le cose andranno come penso, entro il 2020 avremo l’85% del Paese cablato con una velocità di 100 megabit”. Dècina però non ha nascoto le difficoltà dell’operazione, rimarcando la necessità di un cambiamento culturale nel Paese. “Vogliamo parlare di digitalizzazione del Paese, come accade in molte nazioni del nord Europa? Va bene allora partiamo anche da un punto: oggi è necessario cambiare la testa della Pa, delle amministrazioni locali, questo è il vero cambio di passo”.

Soddisfatto anche Luca Lanzalone, presidente di Acea, che con Open Fiber ha sottoscritto lo scorso gennaio un accordo per cablare a Roma 1,2 milioni di case. “Si tratta di un accordo win to win, che consente un grosso beneficio per la città di Roma, che consente una implementazione dei servizi di Acea e consente e porterà anche un significativo beneficio a tutti gli utenti della città di Roma. L’utilizzo della infrastruttura che già ha Acea, per la distribuzione dell’energia a Roma, permetterà la realizzazione di questa nuova infrastruttura a fibra ottica in tempi significativamente minori, con costi minori, con una minor invasività del territorio urbano e con una maggior celerità, e quindi una possibilità per gli utenti e i cittadini di accedere a questo nuovo servizio.

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