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Russiagate, il gioco si fa duro e il duro Rudy Giuliani entra in campo

Durante un’intervista al Washington Post, l’ex sindaco di New York e stakeholder repubblicano, Rudy Giuliani, ha dichiarato di essere stato assunto nel team legale che sta curando la posizione del presidente Donald Trump nell’ambito dell’inchiesta Russiagate – quella che scava sulle ingerenze russe durante le presidenziali del 2016 e che cerca di capire se ci sono eventuali collusioni di queste con il comitato elettorale Trump-2016 e verificare se poi il presidente ha agito per intralciare la giustizia.

Da quest’ultimo aspetto, allora: in questi giorni sono arrivate al Congresso le carte dei memo che l’ex direttore dell’Fbi, James Comey, aveva raccolto durante le sue conversazioni dirette con Trump. Quel documento di quindici pagine – che riporta i verbali redatti da Comey secondo un’usanza tipica degli agenti dell’intelligence – potrebbe aiutare a far luce proprio su uno dei punti critici della posizione del presidente: si è messo di traverso per rallentare le indagini? Il licenziamento di Comey, voluto da Trump, è stato un atto di intralcio alla giustizia?

Le risposte a queste domande delicatissime sono in mano all’indagine condotta dallo special consuel Robert Mueller, incaricato dal dipartimento di Giustizia di guidare il Russiagate, e potrebbero effettivamente essere l’argomento cruciale; val la pena ricordare, solo a titolo di riferimento, che l’impeachmet contro Richard Nixon non fu collegato al Watergate, ma ai suoi tentativi – palesati – di intralciarne il corso delle indagini.

La vicenda Comey è probabilmente il più grosso dei problemi per Trump (che in questi giorni su Twitter è passato molte volte sulla questione, attaccando l’ex direttore e l’inchiesta in generale, trattandola con l’ovvio peso propagandistico con cui farla passare tra il suo elettorato).

Secondo quanto uscito sui memo di Comey, per esempio, pare che il presidente avesse espresso con l’ex direttore perplessità sulle capacità di giudizio dell’allora consigliere per la Sicurezza nazionale, Michael Flynn, poi licenziato per aver mentito all’Fbi proprio nell’ambito dell’inchiesta Russiagate (e dunque: il presidente era consapevole che Flynn non era affidabile ma lo ha lo stesso tenuto al suo posto e per lungo tempo difeso? Perché? Queste tra altre domande per Mueller).

Il compito di Giuliani, dunque non sarà facile. Il presidente non è attualmente sotto inchiesta direttamente, ma l’ex sindaco della “tolleranza zero”, insieme agli altri due avvocati di grido alla guida del team, Jay Sekulow e Ty Cobb, dovranno cercare di renderne più incisiva l’azione.

Lavoro impegnativo anche perché Trump (e quei tweet aggressivi lo dimostrano) è un cliente difficile da controllare e portare nel solco di una compostezza più utile alla linea di discolpa – lo sa bene John Dowd, l’ex capo del legal team del presidente, che ha da poco rinunciato al suo incarico perché non riusciva a incastrarsi con i meccanismi trumpiani.

Dopo l’addio di Dowd ci sono state settimane di turbolenze nel team legale di Trump, e gli staffer del presidente hanno faticato – scrive il WaPo – a trovare altri professionisti da inserire nel gruppo. Trump viene descritto dagli insider come “sempre più frustrato” per l’indagine di Mueller, e dunque è possibile che possa reagire in modo scomposto a eventuali evoluzioni (uscire apertamente chiedendo il licenziamento di Mueller sarebbe la più scomposta di queste reazioni) – un potenziale deterrente per un professionista che vuole avvicinarsi al team.

Sekulow, il volto mediatico del gruppo legale, ha anche annunciato che oltre a Giuliani pure i coniugi Serene e Marty Raskin, ex procuratori federali che gestiscono uno studio legale con sede in Florida, hanno accettato un incarico nel team. “Lo sto facendo perché spero che potremo negoziare la fine di questo per il bene del paese e perché nutro grande stima per il presidente e per Bob Mueller”, ha detto Giuliani.

Rudy, come lo chiamano gli amici, 73 anni, ha familiarità con i fronti legali che Trump sta navigando. È un ex procuratore generale associato e un ex procuratore per il Southern District di New York, che è l’ufficio che supervisiona un’indagine dell’avvocato personale di Trump, Michael Cohen.

 

 

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