L’inquinamento in città, quello che viene definito da molti come la malattia del secolo, ha cambiato volto. A confermarlo enti di ricerca e associazioni ambientaliste, come Legambiente ad esempio. Nel suo ultimo report Mal’Aria del gennaio scorso, l’associazione restituisce un quadro sulla qualità dell’aria a dir poco sconfortante: sono molte le città italiane, anche di piccole e medie dimensioni, che superano le soglie limite di inquinamento atmosferico. Basti pensare che Torino guida la classifica record delle aree urbane avvelenate da polveri sottili con 112 giorni di inquinamento al di sopra dei limiti consentiti; nella top ten troviamo anche Milano con 95 giorni di smog. Lo stesso rapporto, però, pone l’accento su un aspetto che viene sottovalutato o dimenticato nel dibattito politico istituzionale e cioè che il contributo fornito dalla combustione non industriale, e quindi dal riscaldamento, alle emissioni di particolato è maggiore rispetto a quello determinato dal traffico veicolare: a livello nazionale il 60% di PM10 è prodotto dal riscaldamento domestico e industriale contro il 12% di quello da traffico.
Il problema inquinamento ha subìto una metamorfosi. Prima erano i fumi delle industrie e delle automobili a causare in maniera più incisiva una riduzione drastica della qualità dell’aria, adesso è la combustione nel settore del riscaldamento. In questo settore le politiche sono state meno incisive e meno univoche nel porre l’aspetto ambientale al centro delle scelte di sviluppo. Come per i mercati dell’energia elettrica e dei trasporti, bisognerebbe favorirne la svolta green agendo però su più fronti: continuare a sostenere la riconversione sostenibile della mobilità e al contempo spingere per la riqualificazione ed efficientamento di edifici pubblici e privati, con sistemi di riscaldamento e raffrescamento a zero emissioni che facciano ricorso a fonti rinnovabili in sostituzione di combustibili tradizionali (gas, metano, legna o pellet).
Una riduzione strutturale del ricorso a combustibili fossili anche nel settore del riscaldamento abitativo e industriale è la strada da percorrere per garantire un’ingente riduzione delle emissioni nocive nell’aria. A chiederlo sono anche le istituzioni europee promuovendo il passaggio verso un modello di economia intelligente grazie a investimenti in ricerca e innovazione sostenibile, finalizzati sia all’aumento di energie rinnovabili nel consumo finale e sia all’efficienza energetica. E la stessa imprenditoria italiana sta correndo ai ripari. Sul mercato nazionale, infatti, si stanno affacciando nuove realtà che fanno della sostenibilità e dell’innovazione gli elementi fondanti del loro business.
Per citarne una, TEON la start up italiana che dal 2015 con un brevetto rivoluzionario dà la possibilità al consumatore di fare scelte abitative responsabili. La soluzione innovativa di smart heating TEON nasce dall’esperienza di un progetto pluriennale di ricerca applicata e permette di riscaldare gli ambienti a zero emissioni utilizzando il calore presente nell’acqua di falda o nell’aria con l’aiuto di refrigeranti naturali, senza spreco di energia elettrica e senza bruciare nulla. Una rivoluzione nel modo di pensare il riscaldamento e il raffreddamento.
La combustione è fuori moda, nociva e costa tanto e troppo, sia in termini ambientali sia economici. Bisogna farsene una ragione e lavorare di concerto, pubblico e privato, affinché si possa tra qualche anno iniziare a respirare aria più pulita anche in città.
Anche di questo parleremo al Festival dell’Energia, in programma a Roma (Palazzo Fiano) il 7 giugno e a Milano (Triennale) l’8 e il 9 giugno.
(Alessandro Beulcke, Presidente Festival dell’Energia)