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L’Italia e il sogno delle rinnovabili, una guida illustrata per il governo che verrà. La due giorni del Gse

rinnovabili

Gestire la transizione energetica al 2030 con l’uscita dell’Italia dal carbone al 2025 e un incremento delle fonti rinnovabili al 28% dei consumi energetici, non sarà una passeggiata. E l’Italia, si sa, quando si tratta di cambiare pelle e marcia, fa sempre più fatica degli altri Paesi. Il meccanismo che porterà il mondo verso una quasi completa sostituzione delle fonti energetiche però, si è messo in moto e non può essere fermato, anche se gli ostacoli non mancano.

Lo sapevano bene i relatori intervenuti questa mattina a Roma alla tavola rotonda conclusiva della IX edizione della Conferenza di Diritto dell’energia, promossa dal Gestore dei Servizi Energetici (Gse) e dall’Università Roma Tre, in collaborazione con Utilitalia, la Federazione che riunisce le aziende operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas. Tutto parte da un assunto e cioè che le rinnovabili, come ha anche confermato lo stesso Gse nel suo ultimo rapporto (qui lo speciale di Formiche.net) non sono più una scelta, ma una necessità. E non è un caso se la Sen, la strategia energetica nazionale, sia stata incardinata proprio sulla transizione dall’energia fossile a quella verde. Ma come passare dalle parole ai fatti?

Il senso della due giorni del Gse all’Auditorium di Via Veneto, lo ha fornito il presidente del Gse Francesco Sperandini, che ha tirato un po’ le somme del dibattito. “La Sen è oggi un atto politico forte, acquisisce scenari globali e li traduce in cornici chiare per gli operatori ed è frutto di una concertazione totale, dove concertazione non significa necessariamente condivisione”. Per il numero uno del Gse insomma, la transizione energetica comporterà una sorta di selezione naturale delle infrastrutture, alcune delle quali andranno in una chiara direzione sostenibile, altre meno.

“I sistemi energetici hanno obiettivi antagonisti ad esempio la sicurezza non si sposa sempre con la sostenibilità, né con la competitività. Per questo non è possibile accontentare tutti e d’altro canto la perfezione non è di questo mondo. Ogni opera è imperfetta e come tale le sue imperfezioni prestano il fianco a critiche, ma le critiche sono sterili se incapaci di proporre alternative con saldi netti, benefici-costi migliori. Per questo la Sen a mio avviso oggi resta la migliore soluzione per il sistema”, ha chiarito Sperandini.

Il presidente del Gse ha poi fatto un esercizio di realismo, ricordando come il ricambio energetico sia un movimento globale “e l’Italia spesso subisce gli scenari globali. E quando si è piccoli serve strategia, la visione, l’obiettivo. Solo così si può vincere la battaglia. Questo dobbiamo chiederci, qual’è la strada da percorrere per sfruttare i cambiamenti globali?”. Dunque, “partiamo dalla Sen che è per l’appunto la nostra strategia”.

Ai lavori del Gse ha partecipato anche Stefano Saglia, ex sottosegretario allo Sviluppo nel governo Berlusconi IV e oggi membro del cda di Terna, ha imperniato il suo ragionamento sulla necessità di adattare la rete elettrica e del gas alla transizione in atto. Terna, nell’ultimo piano industriale (qui lo speciale di Formiche.net) ha puntato molto sulla necessità di garantire una rete nazionale interconnessa con le fonti rinnovabili. “La transizione c’è ed è in atto, questo è un dato appurato. Per questo è necessario che le reti, quella elettrica e penso a Terna e del gas e dico Snam, si organizzino. Il gas, lo ricordo, è una delle fonti più pulite del pianeta ma anche una delle più costose”.

Saglia ha poi allontanato lo spettro di uno scontro titanico, quasi mitologico, tra idrocarburi e rinnovabili. “Non credo che si debba parlare di contrapposizione tra tifosi dell’energia fossile e quelli dell’energia pulita, io credo alla parola compromesso, alla parola armonia. Penso sia necessario oggi trovare una sintesi nella transizione, perché è l’unico modo per garantire alle fonti che verranno di esprimere al meglio il potenziale”.

Non è mancata una voce a Cinque Stelle nella due giorni del Gse. Quella di Gianni Girotto, senatore pentastellato e curatore del programma energetico del Movimento (qui un suo intervento su Formiche.net). Girotto ha affrontato diversi temi, primo dei quali la Sen. “Ha degli obiettivi troppo poco ambiziosi ma non per questo facili da raggiungere. Prendendo gli obiettivi fissati nella Sen noi dovremo decuplicare il fotovoltaico installato ogni anno, non mi pare un’impresa facile”.

Altro tema, la tassazione delle energie fossili, vecchio cavallo di battaglia grillino. “Oggi la cosiddetta carbon tax manca ancora nel nostro ordinamento, ma invece ci vorebbe per garantire una migliore spinta alla nuova energia e un incentivo all’abbandono di quella vecchia”. Ancora, Girotto ha tirato in ballo la Cassa Depositi e Prestiti, immaginandola “come una grande banca per lo sviluppo del Paese, anche per lo sviluppo delle rinnovabili. Parliamo di un ente dalle grandi disponibilità, penso che un ruolo centrale nell’energi verde lo debba avere la Cassa, anzi ne sono più che convinto”.

Un’ultima riflessione di Girotto è arrivata sulla mobilità alternativa. “In Italia abbiamo un problema culturale, non incentiviamo il bike sharing per esempio, anche per evidenti problemi fisici delle città italiane. Però quello che manca è un vero cambio culturale, come invece è avvenuto in altri Paesi, come la Danimarca”. Non è mancata una stoccata al gruppo Fca. “Parliamo sempre di mobilità elettrica, ma abbiamo il nostro primo costruttore nazionale che sulla mobilità sostenibile non è che stia facendo un granchè”. La verità è che “sulla mobilità elettrica l’Italia è ferma al palo”.

 


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