Dopo la parziale marcia indietro di Trump, che ha frenato sui tempi dell’attacco contro la Siria, “mai dato tempistiche sull’attacco”, ha scritto il tycoon su twitter, e le dichiarazioni di Macron, “abbiamo la prova che la settimana scorsa sono state utilizzate armi chimiche in Siria da parte del regime”, anche i leader politici italiani si sono espressi su una possibile operazione militare contro Damasco. Tra questi era importante capire come si sarebbe mosso il centrodestra, in particolare il leader del Carroccio, che aveva nei giorni scorsi fatto capire di pensarla in modo molto diverso dagli alleati del Patto Atlantico. In questo senso, le parole di Salvini pronunciate dal Colle in occasione delle consultazioni di ieri, sembrano rientrare nella tradizionale posizione di Roma nei conflitti mediorientali che hanno visti coinvolti gli alleati occidentali.
“Pur ribadendo i nostri obblighi di lealtà nei confronti dell’Alleanza atlantica, siamo fermamente contrari a qualsiasi azione unilaterale”, ha dichiarato il leader leghista, rifacendosi allo spirito di Pratica di Mare come strada da perseguire per allentare le tensioni con Mosca.
Tuttavia, al di là dei posizionamenti più o meni tattici dei politici di casa nostra, un eventuale attacco, vedremo se più o meno limitato, contro Damasco, inevitabilmente porrà Roma di fronte a scelte difficili, come ogni conflitto che si svolge nel quadrante del Mediterraneo.
In particolare, sarà fondamentale capire la posizione italiana riguarda le basi di Aviano e Sigonella, dove stazionano forza Usa e spesso utilizzate per operazioni Nato.
L’Italia potrebbe adottare la stessa posizione presa in occasione della guerra all’Iraq nel 2003, quando concesse agli alleati l’uso delle basi di Aviano e Sigonella, ma non per “attacchi diretti all’Iraq”, così da conservare lo stato di Paese “non belligerante”.
Su questo e su altro abbiamo dialogato con l’Ammiraglio Ferdinando Sanfelice di Monteforte, esperto militare e professore di Studi strategici.
Ammiraglio, ieri Salvini ha ribadito la contrarietà all’intervento militare in Siria ma ha detto che resterà fedele agli alleati Nato. Cosa vuol dire questo da un punto di vista strategico/militare? Per esempio con riferimento alle basi di Aviano e Sigonella.
Vuol dire che ci comporteremo come ci siamo comportati fino a adesso. La Nato non si è comportata collettivamente, per adesso non fa che preparazione. Il centrodestra ha ribadito la strategia partecipativa dell’Italia che è in atto dal 1949 e non ha alternative.
In situazioni non articolo 5 o articolo 42 del Trattato di Lisbona sulla difesa collettiva, la nazione decide di partecipare, quindi di mostrare la solidarietà nei modi che ritiene politicamente possibili.
Da 50 anni l’Italia si è sempre posta come il ramo mediatore, il punto di contatto tra mondi diversi. Spesso dimentichiamo che la pace in Vietnam è stata resa possibile dall’Italia. È una grande tradizione la nostra. L’Italia è stata sempre capace di rimanere fedele alle alleanze e al tempo stesso quello di non chiudere le porte verso la controparte. Questa è la posizione che ci ha dato più prestigio nel corso dei decenni.
Come sarà direttamente coinvolto il Mediterraneo in caso di conflitto? La presenza di navi Usa è già ingente, di nuove ne sono partite verso la Siria e sono vicine alla base russa di Tartus…
Il Mediterraneo è già coinvolto dal 2011. Gli americani vanno e vengono oramai dall’epoca della guerra in Bosnia. Quando la crisi si riduce se ne vanno e ritirano le forze dal Mediterraneo quando si ripresenta gli americani le riportano. Non è più una presenza fissa come è stata per 40 anni, però in ogni crisi si ripresenta.
Oltre alle basi italiane un’altra base Nato spesso citata quando si alza la tensione in Medioriente è la base aerea di Incirlik, in Turchia. Sarebbe molto complesso immaginare possa avere un ruolo questa volta. Già nel 2003 all’epoca della guerra in Iraq gli Usa dovettero incassare il diniego di Ankara, oggi una risposta negativa sembra ancora più probabile…
La Turchia gli americani la usano solo per forze terrestre e aree, e non sempre. In passato come ha detto la Turchia spesso non ha concesso le sue basi. In ogni caso, appare improbabile che questa volta i turchi le concedano. Ankara è a due millimetri da fuoco e ragionerà di conseguenza, evitando di rimanere coinvolta in un eventuale conflitto.
Quali saranno dunque i punti nevralgici nel Mediterraneo? Cosa dovremo tenere d’occhio?
Guardi, c’è stato Papa Francesco che ha detto che è in corso la terza guerra mondiale a pezzetti. Quello che non ha voluto dire perché era giusto non lo dicesse è che la galassia islamica sta implodendo, sunniti e sciiti sono arrivati alla decisione di combattersi senza limiti e questo coinvolge il Mediterraneo.
I due punti chiave per il controllo del “mondo di mezzo”, senza parlare solo di Medio Oriente, sono uno la Siria e uno lo Yemen, e non da ieri. Noi parliamo tanto di Siria e poco di Yemen, mentre lo Yemen ha le chiavi del Mediterraneo. La Nuova via della Seta passa anche da lì infatti. E non a caso anche lì c’è una guerra tra sunniti e sciiti. I media fanno le acrobazie per chiamarli Huti ma sempre sciiti restano. Tuttavia, mentre la galassia sciita compatta, quella sunnita vede diversi attori che la pensano diversamente tra di loro.
E l’Occidente cosa c’entra con questo conflitto interno al mondo islamico?
L’Occidente fa quello che può e cerca di starne fuori.
In Siria lei si aspetta un attacco limitato come quello americano dello scorso anno dopo l’attacco chimico di Khan Shaykhun?
Mi aspetto un attacco limitato. Ma c’è un fatto di fondo che neanche i russi potranno negare, che se si lascia la strategia di tolleranza zero nei confronti delle armi chimiche, le armi chimiche torneranno di moda. Il nodo è proprio questo. Perché hanno cercato di screditare l’intera faccenda quando Saddam trasferì le armi chimiche in Siria, ma ora accettare l’uso di armi chimiche vorrebbe dire prendersi una responsabilità non da poco.
Anche nella politica estera americana la continuità è molto maggiore di quanto non sembri. La posizione dell’attuale Presidente repubblicano nei confronti di Assad non fa che riecheggiare quello che il Presidente democratico Wilson disse nel 1919.
L’autodeterminazione dei popoli quindi…
Esatto, gli americani vorrebbero imporla. Lo fanno con realismo e senza spingere troppo, Però a questo punto il nodo delle armi chimiche è un nodo da sciogliere.
Macron ha detto di avere le prove dell’utilizzo delle armi chimiche da parte del regime e di essere pronto a un attacco.
Eh sì Macron si agita…
Non le sembra si agiti un po’ troppo da solo senza tentare di coinvolgere gli alleati europei?
I francesi sono sempre stati tentati dall’agire da soli. La Siria poi è un Paese storicamente a cui la Francia tiene. Parigi si agita, ma come sempre succede quando sei debole parli tanto e fai poco. Quando sei forte parli poco e fai tanto.