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Le mosse di Theresa May sull’intervento in Siria e l’alleanza con gli Usa

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Fino a ieri i tabloid britannici erano piuttosto certi del fatto che Londra non avrebbe dato il “la” a nessuna campagna militare congiunta con gli Stati Uniti di Trump in Siria fino a quando non ci fossero prove concrete dell’attacco chimico di Assad. In un primo momento May, infatti, aveva spalleggiato il presidente americano nella risposta internazionale all’attacco. Ma erano bastate le frasi incendiarie dello stesso per la parziale marcia indietro e l’esigenza della conferma dell’attacco chimico. Poi questa notte le carte sul tavolo sono cambiate d’improvviso, ancora. La notte scorsa il primo ministro inglese avrebbe deciso di intervenire in Siria e di farlo senza consultare il Parlamento. Forse. Ha convocato intanto per oggi una riunione di gabinetto urgente per approvare la risposta della Gran Bretagna all’escalation della crisi in Siria.

A May basterebbe l’approvazione dei suoi ministri. Una decisione, quella di evitare il confronto con il Parlamento, che le potenze occidentali si trovano spesso ad affrontare quando hanno a che fare con la guerra. E la cosa per Londra si fa ancora più plausibile: sono diverse ferite da fare dimenticare. La decisione di Tony Blair di portare il paese in guerra in Iraq nel 2003 è stata la prima volta in cui una mossa del genere è stata sottoposta a un voto in commissione. Nel 2011 David Cameron non chiese alcun voto prima degli attacchi aerei del Regno Unito in Libia, ma nel 2013, poi, alla vigilia dell’attacco al regime di Bashar al Assad – lo voleva Barack Obama -, quando gli aerei da guerra erano già pronti, aprì il confronto con i parlamentari e il Parlamento bocciò la sua proposta. Per l’attuale primo ministro inglese, invece, passare dai Comuni sarebbe una mossa sconsigliabile, e lo sanno bene tutti: May non ha la forza politica per sostenere uno scontro di una tale portata. Allo stesso tempo, però, risulta davvero difficile non presentarsi di fronte al Parlamento su una questione così grave.

È pur vero, però, che qualora nelle prossime ore il sostegno di Londra a Trump per l’intervento in Siria dovesse essere confermato, la proverbiale titubanza e incertezza di May verrebbero definitivamente spazzate via. Al momento sono ancora ignote le modalità con cui avverrebbe l’attacco. Eppure dai movimenti dei mezzi militari del Regno pare che tutto potrebbe partire da Cipro. Secondo quanto riportato dal Times gli aerei della Royal Air Force (Raf) sono a Cipro e sono pronti. Si tratta dei jet nella base aerea di Akrotiri che l’Inghilterra ha usato per le operazioni contro lo Stato islamico. E nelle ultime ore sembra proprio che la presenza militare britannica sia aumentata sensibilmente da quelle parti. Per il Telegraph sarebbe già stato ordinato l’invio di sottomarini britannici verso la costa siriana.

Alcuni ministri sarebbero già pronti ad offrire a May il loro sostegno. Johnny Maercer, deputato di MP di Plymouth, ha dichiarato che, “ il punto di vista del Parlamento è estremamente importante, ma non dovrebbe mai inibire la capacità del governo di agire”. Per Corbyn “il parlamento dovrebbe sempre avere voce in capitolo sull’azione militare” e ha già messo in guardia contro il rischio che i raid aerei non siano altro che una “guerra calda” tra gli Stati Uniti e la Russia. Vince Cable, il leader di Lib Dem, è convinto del fatto che “il governo deve presentare qualsiasi azione al Parlamento”.

Ma a differenza di Corbyn, Cable si dice pronto a sostenere il primo ministro se finisse col convincersi della coerenza del piano della May e della leale collaborazione con i partner internazionali. Per Andrew Percy se “le prove della colpevolezza di Assad fossero chiare, il Regno Unito non dovrebbe stare in disparte e stare con Stati Uniti e Francia”. Ma del fatto che sotto l’attacco chimico a Douma ci sia davvero la firma di Assad, non esiste conferma. Anzi. Intanto gli ultimissimi sondaggi indicano che solo un quinto degli elettori ritiene che la Gran Bretagna debba lanciare missili su obiettivi militari siriani.

Insomma, risultano diversi dubbi circa la reale opportunità di seguire gli Usa che vogliono mostrare i muscoli in un contesto geopolitico ricco di punti interrogativi.



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